Le particelle che curano i tumori più difficili - Al via al Cnao di
Pavia i test con gli ioni carbonio contro i tumori – 28/11/2012 - http://www.lastampa.it/
È il bisturi più preciso e
potente al mondo ed è puntato contro il cancro. Non immaginatevi un coltello
qualunque tra le cianfrusaglie affilate sui banchi operatori. In realtà è un
invisibile fascio di ioni carbonio, sparati, alla velocità della luce, da un
flusso creato niente meno che da un acceleratore di particelle.
Già, proprio come il Large Hadron
Collider di Ginevra, la più grande macchina acceleratrice mai costruita
dall’uomo, che ha sbirciato la cosiddetta «particella di Dio», ovvero il Bosone
di Higgs. L’utilizzo di radiazioni prodotte da acceleratori per aggredire i
tumori è una pratica consolidata, ma mai l’«arma» era stata caricata a ioni
carbonio, che la sperimentazione ha dimostrato essere i «proiettili» più
potenti contro le neoplasie, dando risultati importanti contro malattie a
tutt’oggi ancora resistenti ad altre cure.
Il «bisturi quantistico» - come è
stato battezzato dai fisici dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn),
che ne ha curato la tecnologia - è stato installato al Centro nazionale di
adroterapia oncologica, il Cnao di Pavia, costruito tra il 2005 e il 2010. Il
suo nuovo acceleratore a ioni carbonio è un record per il nostro Paese: è la
prima macchina del genere in Italia, dopo quelle di «Chiba», a Hyogo e a Gunma
in Giappone, e a Heidelberg in Germania. Il costo per la costruzione, per il
personale e per gli enti che hanno collaborato è pari a 125 milioni di euro. A
questi vanno aggiunti 40 milioni per la sperimentazione clinica richiesta dal
ministero della Salute, necessaria per poter ottenere la marcatura «CE» del
dispositivo.
Il via ai test era stato dato dal
Comitato etico e dal ministero della Salute già l’anno scorso, quando furono
trattati con successo 42 pazienti con protoni. Da questo mese, invece, è stato
finalmente avviato il programma di sperimentazione clinica con fasci di ioni
carbonio che ha aumentato notevolmente l’efficacia dei trattamenti e ridotto
anche la loro durata.
Nel corso del 2013, poi, si
completeranno i protocolli sperimentali con protoni e ioni carbonio e la
struttura andrà gradualmente a pieno regime a partire dal 2014. L’attività
ambulatoriale erogherà prestazioni per cinque giorni alla settimana, per 13 ore
al giorno, a circa 2 mila pazienti all’anno, in 20 mila sedute, eseguite nelle
tre sale di trattamento, con quattro linee di fascio. A queste si aggiungerà
anche una sala sperimentale, dedicata alla ricerca clinica e radiobiologica.
Ma che cosa c’entrano gli
acceleratori di particelle con i tumori? Questi gioielli della tecnologia -
com’è noto - sono impiegati per produrre intensissime collisioni tra i mattoni
fondamentali della materia, proprio come i protoni, ricreando in laboratorio le
estreme condizioni fisiche a cui si rivelano particelle come quella di Higgs.
Tuttavia, gli acceleratori non servono soltanto ad alzare il sipario sui
segreti dell’origine e della composizione dell’Universo.
«La tecnica – spiegano dal Cnao
–, che si serve di finissimi fasci di particelle generati da un modello di
acceleratore chiamato sincrotrone, è in grado di bombardare e bruciare
l’interno del tumore in maniera estremamente selettiva ed efficiente,
salvaguardando tessuti e organi sani molto vicini, anche a quelli vitali, e
consentendo allo stesso tempo un tasso di sopravvivenza estremamente alto».
Si tratta di un significativo
«up-grade» rispetto alle tecniche convenzionali: «Gli ioni carbonio sono 12
volte più pesanti dei protoni – spiega Sandro Rossi, segretario generale e
direttore tecnico della Fondazione Cnao - e quindi rilasciano una quantità
maggiore di energia nei tessuti, in un regime di campi elettromagnetici molto
superiore». Sfruttando gli ioni carbonio, la terapia adronica fa quindi un
salto di qualità e punta a diventare un vanto della ricerca biomedica «made in
Italy».
Un successo che si misura anche
in termini economici. L’importo di 165 milioni di euro per tutto l’apparato
«chiavi in mano», infatti, è risultato del 50% inferiore rispetto al costo
degli analoghi apparecchi impiantati nel resto del mondo. «Questo è stato
possibile - spiegano dal Cnao - grazie alla sinergia tra la Fondazione pavese e
gli altri enti». Al risultato hanno contribuito, infatti, realtà diverse, sia
economiche sia scientifiche del Paese: come l’Irccs della Lombardia, l’Ospedale
Maggiore di Milano, il Policlinico San Matteo di Pavia, i milanesi Istituto
nazionale dei tumori, Istituto europeo di oncologia e Istituto neurologico
Besta, oltre alla Fondazione per la terapia con radiazioni adroniche di Novara,
e amministrazioni ed enti privati di altre aree.
Giuseppe Battistoni, ricercatore
dell’Infn che studia proprio le applicazioni degli acceleratori alla cura dei
tumori, sottolinea il ruolo di punta, in questo settore, dell’industria
italiana. «Come nel caso di Lhc – spiega – anche questa volta sono stati
impiegati magneti prodotti dall’azienda Ansaldo e la lista delle altre ditte
nostrane impiegate nel progetto è molto lunga, da quelle che hanno curato
l’elettronica dei controlli fino quelle che si sono occupate degli
alimentatori». L’opera è quindi figlia di una vasta scommessa
scientifico-imprenditoriale.
«È proprio nella filiera
dell’alta tencnologia - continua Battistoni - che l’Italia deve tenere il
passo, pur essendo ancora pochi i segnali di interesse da parte delle
istituzioni su un concetto così prezioso in termini di ricadute e di
prestigio». Ciò che sta succedendo con gli acceleratori - chiosa il presidente
dell’Infn Ferdinando Ferroni - dovrebbe allora trasformarsi in un segnale molto
importante.
«Questo risultato per il futuro
della cura delle patologie tumorali - spiega - dimostra ancora una volta come
le tecnologie sviluppate per la ricerca di base, che hanno un ruolo cruciale
nello studio delle particelle e del cosmo, vengono poi sempre trasferite alla
società. E i benefici sono estremamente vasti e più che evidenti».
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