Medici
obbligati alla diagnosi pre-impianto di Francesca Milano - 16
novembre 2012
Le
strutture sanitarie pubbliche devono offrire la diagnosi genetica
pre-impianto alle coppie che la richiedono oppure assicurarla in
forma indiretta attraverso altre strutture sanitarie.
Con
questa decisione, contenuta nell'ordinanza del 9 novembre 2012
relativa alla causa 5925, il Tribunale di Cagliari accoglie il
ricorso di una coppia (lei, 33enne, affetta da talassemia major, lui,
33enne, portatore sano della malattia) che si era vista negare
l'esame che consente di sapere se l'embrione è affetto dalla stessa
patologia dei genitori. In casi come questo, la percentuale di
rischio che il figlio nasca con quella malattia è del 50 per cento.
«Non
vi è dubbio – scrive il giudice nell'ordinanza – che la diagnosi
genetica pre-impianto debba considerarsi pienamente ammissibile, al
fine di assicurare la compatibilità della legge 40 del 2004 con i
princìpi del nostro ordinamento giuridico».
In
Italia ci sono 357 centri di procreazione medicalmente assistita
(Pma), di cui 76 pubblici: secondo l'associazione Luca Coscioni – i
cui avvocati hanno seguito gratuitamente la coppia di Cagliari nel
ricorso – nessuna struttura pubblica in Italia offre la diagnosi
pre-impianto. Questo costringe le famiglie a rivolgersi a centri
privati, dove le spese si aggirano tra i 6mila e i 10mila euro.
Alla
coppia di Cagliari erano stati chiesti 9mila euro, ma le cifre
possono salire vertiginosamente, fino ai 30mila euro che una coppia
di Torino, affetta da traslocazione cromosomicabilanciata, è stata
costretta a pagare per la diagnosi pre-impianto. I coniugi torinesi
hanno depositato un ricorso al Tribunale per chiedere il rimborso
delle spese sostenute.
Spese
che – secondo l'ordinanza del Tribunale di Cagliari – non sono
più necessarie, visto che l'esame deve essere assicurato dalle
strutture pubbliche in forma diretta o indiretta.
«Dev'essere
ribadito – si legge nell'ordinanza – come nell'impianto della
legge la salute della donna prevalga sull'interesse alla integrità
dell'embrione. Pertanto, l'ammissibilità del trasferimento in utero
solo degli embrioni sani o portatori sani della patologia non è
eventualmente funzionale a un ipotetico "diritto al figlio sano"
ovvero a pratiche eugenetiche, le quali sono decisamente differenti
rispetto alla fattispecie in esame, in cui sono, invece, rilevanti la
sussistenza di un grave pericolo per la salute psico-fisica della
donna, anche in relazione a importanti anomalie del concepito».
Dopo
l'ordinanza, l'Asl di Cagliari fa sapere di essere«assolutamente
pronta e favorevole a sostenere le spese della coppia per effettuare
l'esame richiesto». Tuttavia ha aggiunto che «l'Azienda non può a
livello normativo garantire l'assistenza diretta presso le proprie
strutture – come in nessun'altra struttura pubblica in Italia –
ma garantirà l'assistenza indiretta sostenendo gli oneri necessari
per l'effettuazione degli esami presso un centro specializzato in
Italia».
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