Gli occhi si curano con le staminali di Marco Crescenzi - Il Secolo XIX del 30/05/2011
Negli ultimi anni abbiamo sentito parlare spesso delle cellule staminali e della possibilità di sviluppare avveniristiche terapie grazie ad esse Molte volte si è discusso polemicamente, perché alcuni tipi di queste specialissime cellule possono essere derivate solo da embrioni umani. I ricercatori, d'altra parte, hanno sempre insistito sulla necessità di condurre ricerche sulle cellule staminali, sostenendo che rappresentano l'unica possibilità conosciuta di realizzare tecniche terapeutiche altrimenti impensabili. A onor del vero, è sembrato che per molti anni questo campo si nutrisse più di meravigliose prospettive che di promesse mantenute, ma una recente notizia contribuisce fortemente a modificare questa percezione.
Ricercatori giapponesi hanno dimostrato che è possibile coltivare cellule staminali embrionali di topo, in condizioni semplici da ottenere, che le sono portano a costituire una perfetta retina, la parte più nobile dell'occhio, quella che riceve la luce e ne trasmette i segnali al cervello.
La scoperta è avvenuta per caso e ha lasciato tutti senza parole, i suoi autori per primi.
Non si pensava infatti possibile che una struttura delicata come la retina potesse formarsi spontaneamente in laboratorio al di fuori di un embrione in via di sviluppo. È facile immaginare con quale meraviglia, invece, gli sperimentatori si sono accorti che i gruppetti di cellule staminali identiche fra loro con cui lavoravano erano in grado di dare origine a tutte le diverse cellule che compongono la retina. Non solo: si disponevano spontaneamente a formare i diversi strati cellulari di cui la retina è composta e l'intricata rete di connessioni che li congiunge fra loro. Una reazione incredibile esattamente come se le stesse cellule avessero formato una struttura complessa come un dito o un orecchio.
Al di là dei suoi aspetti esclusivamente scientifici, pure estremamente importanti, il potenziale terapeutico di questa scoperta è notevolissimo. La maggior parte delle cecità non curabili, infatti, è dovuta a grave danno, degenerazione o distruzione della retina.
Poiché la parte più delicata ed importante di quest'ultima è composta da neuroni, cioè cellule che non si dividono, non esiste la possibilità di rimpiazzare le cellule retiniche perse. In linea di principio, dunque, il recente risultato dovrebbe consentire di effettuare trapianti di retine già perfettamente formate, ricostituendo così la capacità visiva di persone cieche o che si avviano a diventarlo. Ogni problema è risolto, dunque? Certamente no. In primo luogo, le cellule utilizzate dai ricercatori giapponesi sono di topo. Bisognerà vedere se lo stesso risultato è ottenibile a partire da cellule staminali umane. Sebbene sia lecito essere ottimisti circa la possibilità di trasferire questa tecnica all'uomo, l'esperienza ci insegna che la ricerca si scontra spesso con ostacoli imprevisti, che possono tenerla in scacco per anni. C'è poi la difficoltà sull'origine delle cellule: ottenere quelle staminali embrionali richiede di solito la distruzione di uno o più embrioni, cosa che molte persone considerano inaccettabile.
Questo ostacolo è però ora aggirabile: grazie ad un'altra eccezionale scoperta giapponese, da pochi anni è infatti possibile ottenere in laboratorio cellule staminali con le stesse caratteristiche di quelle embrionali, a partire da cellule dell'adulto, per esempio della pelle. Questo elimina ogni dilemma etico, ma rimane ancora un problema: le cellule staminali, di qualunque origine, hanno una certa tendenza a formare tumori proprio a causa delle loro speciali caratteristiche. I ricercatori dovranno dimostrare con molta chiarezza che è possibile produrre retine che non contengano più alcuna cellula staminale, ma soltanto cellule che si trovano normalmente nell'occhio.
Questa dimostrazione è difficile da ottenere con il rigore richiesto dalle applicazioni alla terapia umana. Ci vorrà quindi del tempo, non è possibile precisare quanto, prima che le scoperte di oggi si tramutino nelle grandi terapie di domani. I risultati degli scienziati giapponesi aprono comunque le porte a possibilità sinora insperate, non solo nel campo della terapia dell'occhio, ma in ogni settore della medicina in cui sia necessario ricostruire strutture complesse.
Indicano anche che il potenziale delle cellule staminali non è solo un frutto della fantasia dei ricercatori ma che, dati tempi e investimenti sufficienti, può davvero condurci a scoperte entusiasmanti e a terapie rivoluzionarie.
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