Partiamo da alcuni fatti drammatici avvenuti in questi giorni in Europa per riportare all’attenzione di tutti quanto la vita umana sia messa in discussione dalla banalità dell’aborto chimico e da una cultura contraria alla vita che non si cura nemmeno della salute della donna.
Una ragazza portoghese di sedici anni è morta dopo un aborto con la Ru486, per shock settico da Clostridium Sordellii, in Francia all’ospedale Saint-Vincent-de-Paul di Lille un’ostetrica stagista ha sbagliato stanza, entrando in quella della paziente accanto e ha dato a quest’ultima, felicemente incinta di quattro mesi, il farmaco, delle compresse che avrebbero dovuto favorire l’espulsione del feto, per l’interruzione di gravidanza.
Potremmo supporre che in Italia non accadano certe cose, ma non è così purtroppo. In Italia sono state vendute 370 mila confezioni di pillola del giorno dopo, ed essa viene usata per il 55% da minorenni. Ci sono ospedali e pronto soccorso in cui i medici devono ormai essere precettati nei turni della domenica mattina perché troppi sono i casi di ragazzine che ad essi ricorrono dopo la notte del sabato sera, con emorragie o intimorite dalle conseguenze dell’uso di queste bombe chimiche che si vuol far passare come innocue. Qualcuno obbietterà che è solo un contraccettivo di emergenza ma non è così, il bugiardino del Norlevo e Levonelle, nomi commerciali della pillola del giorno dopo, parlano chiaro: “bloccando l’ovulazione o impedendo l’impianto dell’ovulo eventualmente fecondato” ci informa che l’azione del preparato è duplice: contraccettiva e abortiva. Lo stesso vale per il Levonelle che illustra l’efficacia della pillola “prevenendo l’ovulazione e la fecondazione e modificando la mucosa dell’utero rendendola inadatta all’impianto dell’ovulo fecondato” che altro non è che l’embrione, cioè una vita umana.
In merito alla RU486 purtroppo anche in Italia potrebbe accadere un fatto così tragico, essendone stata permessa la commercializzazione da poco più di un anno. Il medical director della Nordic Pharma, l'azienda distributrice del farmaco in Italia ha confermato che ''In questo primo anno le scatole vendute sono state 6066 mentre le procedure di aborto farmacologico che stimiamo siano state effettuate sono 6654”. A livello regionale il primato per il numero di confezioni acquistate spetta al Piemonte, con 1624 scatole, seguito da Toscana (773) e Liguria (735). Ma in alcune Regioni per fortuna la sua diffusione è stata limitata anche da regole e procedure che hanno cercato di impedirne un uso dissennato e domestico: “Basti pensare che in Lombardia, dove gli aborti in un anno sono stati più di 5000, secondo i dati Istat, le confezioni acquistate di RU486 sono state 604, e nel Lazio, dove le interruzioni volontarie di gravidanza sono state oltre 3mila, solo 142 le scatole comprate''. (ANSA). Questo ovviamente non riduce i rischi per le donne, infatti in percentuale la mortalità dovuta ad un aborto chimico è notevolmente superiore come anche la probabilità di alcuni gravi effetti collaterali come sanguinamenti prolungati ed emorragie. In fondo lo si sapeva già prima della liberalizzazione nell’Aprile del 2010, infatti nel dicembre del 2005, in un editoriale del New England journal of medicine, una delle più prestigiose riviste mediche internazionali, abbiamo letto che la mortalità dell'aborto con la Ru486 è dieci volte maggiore di quella dell'aborto chirurgico. Le morti per aborto con Ru486 e prostaglandine sono più di 30 nel mondo. La pericolosità dell’RU486 è stata confermata recentemente da uno studio pubblicato in Australia, paese in cui l’uso della pillola è stato introdotto cinque anni fa. Da Sydney arriva infatti un dossier che prende in analisi quasi 7000 aborti eseguiti nel 2009 e nel 2010, pubblicato sulla rivista dei medici generici, Australian Family Physician. Quattro delle 947 donne che hanno avuto aborti chimici hanno sofferto emorragie gravi, con un tasso di una su 200 notevolmente superiore al tasso relativo ad aborti chirurgici (tasso di una su 3000). Tutto conferma insomma la pericolosità per la donna di questi farmaci. E la morte della giovanissima donna in Portogallo purtroppo ne è solo una tragica conferma. Bisogna ricordare che la stessa FDA (Federal Drug Administration) e anche importanti riviste come The Lancet hanno emesso dei “warning for mifepristone and misoprostol” gli elementi che costituiscono la base sia della pillola del giorno dopo che della RU486, anche se in dosi diverse ovviamente. La stessa causa virale della morte della donna portoghese, shock settico da Clostridium Sordellii, è già stata causa delle altre morti accertate per RU486 nel mondo occidentale (nulla si sa sulle morti in Africa o in Cina dove dopo un breve periodo senza spiegazione ne hanno impedito la somministrazione e diffusione). Questo virus è strettamente legato all’aborto. Il corpo della donna o meglio l’utero, avendo le difese immunitarie “abbassate” per poter accogliere la vita del nuovo bambino, è altamente ricettivo, quando quindi si procede all’aborto chirurgico proprio per evitare infezione e shock settico da Clostridium Sordellii si procede al raschiamento delle mucose dell’utero che fino a quel momento avevano accolta la vita. Nell’aborto chimico ciò non avviene e il rischio di infezioni è elevatissimo. Con la pillola RU486 si è quindi verificata la possibilità di contrarre un “nuovo virus” di cui poco si conosce, come poco diffuse sono le informazioni sulla pericolosità e le controindicazioni di questa pillola. Questo farmaco inoltre pone la donna in una condizione psicologica peggiore perché solo su di lei ricadrà la responsabilità dell’aborto, è un ridurre l’aborto ad un “fai da te”, condizione aggravata quando, come succede in alcune strutture, la donna firma per uscire dall’ospedale dopo aver assunto la prima pillola e quindi prima dell’espulsione del feto.
Purtroppo siamo consapevoli che queste cose, già note, come non ne hanno impedito la commercializzazione, così non porteranno una nuova regolamentazione. Auspichiamo però che rilancino una sfida educativa nel vivere la propria sessualità responsabilmente e con un’apertura all’accoglienza della vita e possano rilanciare un impegno e un’azione politica che non si arrenda e agisca per difendere la vita e prevenire ogni tipo di abuso. Questi farmaci indeboliscono prima il tessuto culturale e le coscienze del nostro popolo e di conseguenza anche la tutela della salute dei soggetti più deboli, le donne, e la vita di quelli più indifesi, i bambini. Le sfide sono continue come dimostra la prossima probabile autorizzazione alla vendita in Italia della pillola Elleone o “dei 5 giorni dopo” che nonostante venga presentata come anticoncezionale d’emergenza è sicuramente abortiva perché dopo 5 giorni non si ferma la fecondazione ma si ferma l’annidamento dell’embrione nell’utero procurandone la sua espulsione. Tutte queste pillole spingono a considerare i rapporti sessuali soprattutto tra i giovanissimi come più “sicuri” e creano una banalizzazione e una deresponsabilizzazione della sessualità, sono così destinati ad aumentare la trasmissione di malattie sessualmente trasmissibili e contrariamente allo scopo prefissato non fanno diminuire né le gravidanze indesiderate né gli aborti come bene dimostrano i dati francesi ed inglesi.
Vogliamo per questo concludere con le bellissime parole pronunciate da Benedetto XVI all’incontro del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II il 13 maggio 2011: “Il corpo, ci ricorda la nostra generazione, che attinge, tramite i nostri genitori che ci hanno trasmesso la vita, a Dio Creatore. […] Il vero fascino della sessualità nasce dalla grandezza di questo orizzonte che schiude: la bellezza integrale, l’universo dell’altra persona e del "noi" che nasce nell’unione, la promessa di comunione che vi si nasconde, la fecondità nuova, il cammino che l’amore apre verso Dio, fonte dell’amore. L’unione in una sola carne si fa allora unione di tutta la vita, finché uomo e donna diventano anche un solo spirito. Si apre così un cammino in cui il corpo ci insegna il valore del tempo, della lenta maturazione nell’amore. In questa luce, la virtù della castità riceve nuovo senso”.
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