Sono le oscillazioni cerebrali durante la fase Rem del sonno a determinare se e cosa si ricorderà al risveglio. Il cervello, quando dormiamo, è in grado di "trattenere" le fantasie piacevoli, scartando quelle sgradevoli
È tutta una questione di elettricità, altro che segni del destino. Quante volte ci alziamo al mattino «storti» per aver fatto un brutto sonno? E quante di buon umore per aver rievocato una vecchia fiamma o una persona cara scomparsa che ci regala dei numeri da giocare al Lotto, non si sa mai?
Se la risposta è tante volte, allora avete una modulazione elettrica della corteccia cerebrale molto attiva. Ma se la risposta è che ricordate i sogni poche volte, non demoralizzatevi, rientrate nella norma. Luigi Ferini Strambi, direttore del Centro di medicina del sonno del San Raffaele di Milano spiega che «tra i 50 e i 70 anni si ricordano mediamente 4-5 sogni al mese». E, secondo l'esperto, è meglio così. «A volte è preferibile non ricordarli, perché spesso sono brutti e sarebbero ricordi negativi». Dunque, meglio che alla mente emergano solo sensazioni piacevoli, per cominciare la giornata in modo positivo.
Ma attenzione, non c'è nulla di fatalistico nel ricordare quello che la nostra psiche mette a fuoco di notte. I sogni notturni, infatti, si ricordano solo in presenza di precise oscillazioni elettriche del cervello, le stesse che permettono di immagazzinare i ricordi veri. Lo ha scoperto uno studio pubblicato dal Journal of Neuroscience messo a punto dal dipartimento di Psicologia della Sapienza e dell'Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca in collaborazione con i ricercatori delle università dell'Aquila e Bologna. Lo studio ha dimostrato che le persone ricordano il sogno appena prima del risveglio solo se la corteccia cerebrale presenta oscillazioni elettriche lente (onde theta), durante la fase Rem del sonno. Gli esperti hanno dimostrato che si tratta dello stesso meccanismo che si riscontra anche in stato di veglia per la cosiddetta memoria episodica, fenomeno già noto agli studiosi: «Quando si chiede a una persona di ricordare fatti e situazioni - spiega Luigi De Gennaro, coordinatore della ricerca - la presenza di specifiche oscillazioni elettriche nelle aree frontali rende possibile il ricordo. Se questo non accade, la memoria dell'evento apparentemente sarà perduta per sempre». C'è dell'altro. Il ricordo di un sogno dipende anche dal momento in cui ci si sveglia. «Durante il sonno abbiamo una frequenza di fasi Rem non rem - spiega Ferini Strambi - La fase Rem è quella collegata all'attività onirica ed è presente soprattutto nella parte finale della notte, quindi verso il mattino». Dunque, se ci svegliamo subito dopo la fase Rem, ci ricordiamo il sogno, se invece prima di svegliarci facciamo 10 minuti di sonno non rem, allora cancelliamo la capacità di ricordare il sogno. E chi si sveglia all'alba o in piena notte è favorito rispetto a chi si alza tardi al mattino.
«Questa ricerca - precisa Ferini Strambi - dimostra che per ricordare il sogno, al di là della fase in cui ci si risveglia, è importante che nella corteccia cerebrale ci siano delle oscillazioni lente dell'attività elettroencefalografica che trattiene la memoria del sogno». Ma non tutti siamo uguali in fatto di sogni. Le oscillazioni lente cerebrali possono variare come quantità a seconda del soggetto: chi ne ha molte ha più memoria e ricorda più sogni. Anche gli smemorati però sognano tutte le notti e questo meccanismo psicofisico è importantissimo perché, spiega Ferini Strambi «è una sorta di filtro che pulisce le nostre emozioni».
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