sabato 28 maggio 2011

«Time» e la Chimica dell' Ottimismo se la Felicità diventa una Scienza di Paolo Di Stefano, Corriere della Sera, 27 maggio 2011

Lo scrittore francese Georges Bernanos (che per di più era un fervente cattolico) diceva che l' ottimismo «è una falsa speranza a uso dei vili e degli imbecilli». Ora una copertina di Time ne fa un oggetto della scienza: «La scienza dell' ottimismo, un tempo disprezzata come una provincia sospetta di retorica, sta aprendo una nuova finestra sul funzionamento della coscienza umana». In realtà, il nostro cervello non sarebbe solo modellato proustianamente sul tempo passato e sulla memoria, ma sulle aspettative per l' avvenire. Dunque se riusciamo ad attivare quella piccola area cerebrale che stimola il pensiero positivo verso il futuro, allora siamo a cavallo: la scienza ci salverà da ogni sorta di depressione, malinconia, prostrazione e raggiungeremo un livello di speranza che ci permetterà di tirare avanti senza cadere nei buchi neri che ci riserva quotidianamente la vita. «Studi recenti - dice l' articolo di Tali Sharot - dimostrano che un malato di cancro pessimista ha più probabilità di morire entro otto mesi rispetto a uno ottimista». Gli scienziati ci avevano già rassicurati, qualche anno fa, sulla non coincidenza tra denaro e benessere psichico: i soldi non danno la felicità, del resto, lo dicevano già le nostre nonne. Gli americani e i giapponesi non vivono più contenti degli africani: anzi, il consumo non produce altro che insoddisfazione. Il quoziente intellettivo, l' educazione, la cultura non procurano effetti diversi. L' età? Tantomeno. Quanti sono i ventenni infelici? Non certo meno dei settantenni. Il lavoro sicuro? La fama? Neppure per sogno. E allora? Allora forse, come suggerisce uno scienziato forse più ragionevole anche se altrettanto prestigioso, Jonathan Haidt, sarebbe meglio abbassare l' asticella e accontentarsi di un equo benessere: che non può abitare solo nel cervello, ma nelle relazioni con gli altri, con il mondo, oltre che con le proprie attività e aspirazioni. Un equilibrio che certamente la nostra società (quella del capitalismo cinico, con i suoi dislivelli scandalosi, e della pubblicità che promette senza mantenere) non favorisce. E poi, se avesse ragione il grande scrittore Kurt Vonnegut nel sostenere (lo ricordava Goffredo Fofi in una recente intervista) che i maggiori ottimisti del Novecento sono stati Hitler e Stalin? 

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