Il caso di una vedova olandese di 72 anni dimostra che al termine della vita possono ancora arrivare momenti che vale la pena di godere e interventi che restituiscono la gioia di vivere. «Ricordo – spiega il medico olandese Ben Crul – che venne nel mio ambulatorio all’ospedale di Nijmegen con la figlia al sesto mese di gravidanza. Erano disperate: la mamma perché tormentata da un cancro invasivo che opprimeva le terminazioni nervose procurandole dolori insopportabili, soprattutto alla gamba sinistra. La figlia, in quanto lei stessa si sentiva annientata dal patimento di sua madre.
Il trattamento con la morfina in questi casi fa poco o niente. "Professore – mi disse con grande decisione – voglio morire.
Non ce la faccio più.
Non ha senso continuare così". Il dolore che aveva usurpato il suo corpo aveva anche devastato il suo spirito. Guardai la figlia e il suo pancione in cui cresceva una nuova vita. Lei abbassò gli occhi e sussurrò: "La situazione è insostenibile, sono d’accordo con la mamma. È meglio così. Le voglio tanto bene e per questo non ce la faccio più neanche io a vederla in questo stato di continua sofferenza".
A questo punto domandai alla paziente se le sarebbe piaciuto tenere in braccio il nipotino completamente liberata dal dolore. Mi rispose che non desiderava altro, era pronta a rinunciare all’eutanasia, ma non ci credeva. Pertanto decisi di attuare subito l’intervento sul midollo osseo che uso per questi casi disperati.
Il risultato fu ottimo; il male era quasi sparito e la donna si sentiva bene. Aveva scelto l’eutanasia perché subiva il processo distruttivo del cancro; era molto arrabbiata contro ma inerme e si sentiva oramai sconfitta.
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