lunedì 8 ottobre 2012


Una fascia da samurai per «vedere» con la pelle - Un microchip consente ai non vedenti di ricevere immagini utilizzando i sensori del tatto -   8 ottobre 2012 - http://www.corriere.it/

Ina donna con le braccia alzate (a sinistra) a destra come si vede indossando la fascia
Ina donna con le braccia alzate (a sinistra) a destra come si vede indossando la fascia
Raoul Fuentes Miyari è un giovane pianista cubano che vive a Madrid. Non vede dalla nascita. Così come tanti artisti del suono, più o meno famosi. Una rock star giapponese, una soprano dagli occhi a mandorla, una giovanissima pianista australiana. Sensibilità diversa, da non vedenti abituati ad orientarsi con gli altri quattro sensi. Sempre accompagnati da qualcuno, umano o a quattro zampe, che eviti loro spiacevoli incidenti da affollamento di impulsi.
Ebbene, da qualche tempo possono anche muoversi senza angelo custode. Fanno parte di un progetto che permette loro di «toccare» le immagini. O se si vuole, come dice Raoul al Corriere della Sera , «sentirle sulla pelle». Quella della fronte. Il progetto sviluppato nell'università di Tokio è partito dieci anni fa. Ed ora Yonezo Kanno, ingegnere, ex Ibm, e i maghi dei microchip, Hideaki Sawanobori e Hiroyuki Kajimoto, hanno dato vita al «terzo occhio» frontale, Auxdeco , e alla Eyeplusplus Inc , l'azienda che lo produce.
Una fascia, tipo quella dei samurai, che si pone sulla fronte. Al suo interno, a contatto con la pelle, 512 microchip. Una web camera, sulla fascia, raccoglie le immagini che i microchip poi traducono in impulsi puntiformi. Impulsi che arrivano al cervello non utilizzando la via nervosa della vista, ma quella del tatto. I polpastrelli delle dita hanno più sensori tattili (uno ogni 0.2 millimetri) di tutte le altre zone del corpo, ma subito dopo c'è la pelle della fronte (uno ogni 2-3 millimetri). E come le dita «leggono» i punti della scrittura braille, così la fronte «legge» le immagini trasformate in puntini. Per ora in bianco e nero. Il tutto è alimentato da una batteria di mezzo chilo che si porta a tracolla.
Non c'è nulla di invasivo, come i chip impiantati nel cervello per gli sperimentali occhi bionici americani o inglesi. Nessun intervento chirurgico. Le immagini date dai tg nipponici sono sorprendenti. Non vedenti dalla nascita camminano da soli, «vedono» strisce pedonali e ostacoli (solo i colori del semaforo sono un problema ma distinguono la diversa intensità del colore che si accende), «sentono» i contorni di persone ed oggetti, «guardano» ciò che mangiano e bevono.Quadri ambientali in bianco e nero, che migliorano nei particolari con il tempo: quando il cervello comincia a memorizzare ciò che non ha mai visto. Più rapido l'addestramento in chi ha perso l'uso della vista dopo averne potuto godere. In questo caso la memoria aiuta a codificare prima il tatto in immagini.
Auxdeco è sbarcato in Italia ad Isernia, con testimonial ed inventori. Marco Condidorio, presidente regionale dell'Unione ciechi, lo sperimenta: esce dall'auditorium da solo tra la calca dei curiosi. Applausi e lacrime. Ed Isernia per due giorni è patria del «terzo occhio». Come mai Isernia? Perché è lì, nel cuore del Molise che ha sede Ams, la società che importerà Auxdeco come Eyeplusplus Europe . L'avvocato di diritto internazionale Mauro Gagliardi e il professor Bruno Falasca sono i «padroni di casa». Da novembre la fascia della vista sarà in vendita anche in Europa: già 50 mila le ordinazioni. In Giappone costa 12 mila dollari. Pronta la nuova versione con 1.024 (il doppio degli attuali) microchip.

Unico problema: non si può tenere sulla fronte per più di 2 ore di seguito, va cambiata una pellicola di gel che serve da facilitatore della conduzione di impulsi. Poi si riposiziona e si torna a vedere.

Mario Pappagallo

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