Tumori, la guerra ai “10 sigilli” - 7 novembre 2012 - http://www.lastampa.it/
Si scoprono nuove caratteristiche del cancro. Sono anche opportunità per batterlo
UNIVERSITà DI MILANO
Più si studia e più si rivela complesso. Il cancro, oggi, è ancora un nemico da vincere. Tuttavia, grazie ai progressi della ricerca, insieme con la comprensione della malattia crescono anche le opportunità di cura.
Lo stato attuale delle conoscenze indica che, per il miglioramento della diagnosi e della cura, occorre progettare un attacco su più fronti, prendendo di mira le 10 proprietà tipiche di ogni forma di tumore: sono i cosiddetti «sigilli» (gli «hallmarks») del cancro, ovvero le caratteristiche che lo contraddistinguono.
Queste caratteristiche sono state riassunte da Douglas Hanahan e Robert Weinberg, in una pubblicazione - divenuta una pietra miliare - sulla rivista scientifica «Cell». Nel 2000 erano sei: la capacità di crescere all’infinito; l’autonomia di sviluppo grazie a fattori di crescita propri; l’insensibilità ai segnali dell’organismo che bloccano la proliferazione cellulare; l’abilità di sfuggire ai segnali di morte, indispensabili per l’equilibrio del nostro organismo; l’elevata attività angiogenetica, che consente di rifornirsi di nuovi vasi sanguigni che ne favoriscono la crescita; la capacità di creare metastasi, ossia di dar vita a cellule maligne che lasciano il tumore d’origine per migrare lontano, colonizzare altri organi, riprodursi e formare nuovi tumori.
Negli anni si sono aggiunti altri «hallmarks», nuovamente codificati, nel 2011, dagli stessi Weinberg e Hanahan in una review su «Cell». Fra questi, la capacità del tumore di sfuggire alle difese immunitarie e di creare attorno a sé un microambiente infiammatorio.
Su ognuno di questi «sigilli» la ricerca biomedica ha effettuato progressi fondamentali - nel nostro Paese grazie al contributo fondamentale dell’Airc - che hanno già aumentato la curabilità e la sopravvivenza dei malati. E su questi si concentrano le maggiori speranze per il futuro.
Ad esempio, sappiamo da tempo che un tumore non è costituito solo da cellule tumorali, ma anche da un microambiente di cellule normali dell’ospite. Fra queste, molte appartengono al sistema immunitario: in particolare i macrofagi, che, invece di svolgere il proprio ruolo di difesa aggredendo e distruggendo il tumore, al contrario ne sostengono la crescita e lo aiutano a diffondersi indisturbato. Un’area di ricerca, questa, in cui il contributo di Humanitas è stato ed è particolarmente significativo. Un po’ come poliziotti corrotti, i macrofagi favoriscono la formazione di vasi sanguigni (è il processo dell’angiogenesi), che costituiscono le vie di rifornimento dei tumori, portando loro il nutrimento; aumentano la crescita delle cellule malate e, paradossalmente, inibiscono la funzione di altre cellule di difesa (i linfociti T, i coordinatori delle informazioni del sistema immunitario); infine, favoriscono la formazione delle metastasi, da una parte promuovendo l’uscita delle cellule tumorali dalla sede originaria e dall’altra preparando delle vere e proprie nicchie deputate ad accoglierle negli organi e nei tessuti lontani.
La comprensione di tutte queste diverse sfaccettature della nicchia ecologica che il cancro crea intorno a sé ha portato a cambiamenti importanti dal punto di vista sia diagnostico sia terapeutico. Dati recenti suggeriscono che in alcuni tumori (ad esempio della mammella e il linfoma di Hodgkin) osservare e definire le peculiarità della nicchia ecologica può aiutare a caratterizzare meglio il tumore e, quindi, a personalizzare la terapia. Inoltre, colpire non più solo le cellule tumorali ma anche il micro-ambiente che sta loro intorno si sta trasformando una strategia di cura alternativa - e complementare - sempre più concreta. I farmaci anti-angiogenetici, ad esempio, mirati a bloccare le vie di rifornimento del cancro, si sono dimostrati efficaci nella cura del tumore del colon-retto.
Per il futuro le speranze si concentrano soprattutto sulla capacità di fermare i poliziotti corrotti o riportarli sulla retta via, se necessario risvegliandoli: nei tumori, infatti, il sistema immunitario è come addormentato e non aggredisce il cancro come dovrebbe. Da questa consapevolezza stanno derivando nuovi approcci terapeutici, mirati a togliere i freni alle nostre difese naturali, attualmente in fase di sperimentazione clinica contro melanoma, cancro del pancreas, della vescica e dell’ovaio.
Contro il melanoma, un anticorpo (anti-Ctla4, ipilimumab) approvato per uso clinico negli Stati Uniti, funziona proprio in questo modo. E sono appena strati riportati, in un contesto molto autorevole, i risultati della sperimentazione di anticorpi che tolgono un altro freno al sistema immunitario: sono mirati ad inibire l’azione del cosiddetto Pd1. I risultati di questa prima sperimentazione clinica, in tumori diversi dal melanoma al cancro della prostata, sono estremamente incoraggianti e sono andati al di là delle aspettative.
Certo, non bisogna dimenticare - per questo come per tutti gli interventi medici - il bilancio benefici-rischi. In questo caso il rischio è che, togliendo i freni, il sistema immunitario possa poi colpire anche se stesso.
La speranza, però, è che questi siano i primi di una storia di passi avanti: stiamo conoscendo sempre più e meglio la macchina straordinaria e straordinariamente complessa delle nostre difese. Proprio come per un’auto, stiamo imparando ad usarne freni e acceleratore: questi ultimi risultati ci fanno pensare che davvero possiamo imparare a pilotare al meglio questa macchina contro il cancro.
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