Un’emozione… che sta in piedi - http://invisibili.corriere.it/
L’emozione non ha voce, cantava Celentano… e il mio grido si è spento in gola giusto nel momento in cui mi sono alzato in piedi per la prima volta dopo dieci anni in sedia a rotelle. Un urlo liberatorio di gioia, di tensione, di ricordi che di colpo tornano alla mente, un grido soffocato appunto per una lunghissima decade. Un urlo silenzioso. Tre bip e l’esoscheletro , mi ha sollevato leggero, come se fosse la cosa più naturale per un uomo. Normale per gli altri ma non per me, paraplegico a causa di un incidente motociclistico. Quell’azione semplice e banale che ognuno compie migliaia di volte a me era preclusa. Chiudete gli occhi e immaginatevi il mio viso. Il mio volto si è fatto bambino e ha assunto quell’espressione fanciullesca dei bimbi che scoprono per la prima volta la forza del mare, quell’espressione che mescola gioia, stupore, paura di qualcosa di più grande di loro…
Puf e quasi per magia mi sono trovato in stazione eretta, in un equilibrio barcollante, a guardarmi intorno e tornare a vedere tutti un po’ dall’alto (al mio metro e 85 vanno aggiunti circa sette centimetri dovuti al macchinario, alle scarpe e alla retrazione del piede equino). Una magia tecnologica, due gambe bioniche e un piccolo computer che le guida. Nessun miracolo, ma l’ingegno dell’uomo. Da qualche tempo infatti, ho iniziato il progetto pilota che tra accelerazioni e rapide frenate (qui potete leggere il diario della mia avventura ) mi ha portato all’appuntamento con la stazione eretta.
La prima volta non si scorda mai… ma ero troppo stupito e impaurito per potere godere di quei dieci minuti (che mi sono sembrati un attimo). Il mio corpo impegnato a riassettarsi sulla posizione verticale. Il mio cervello invaso da mille pensieri contradditori: gioia e malinconia, paura e voglia immensa di spingermi oltre… e poi quella sensazione di sentirsi un birillo traballante sostenuto da un robot e dalla mani sicure delle fisioterapiste. Una marionetta, un pupo siciliano sorretto da mille fili invisibili che danno vita a membra spente. E dietro a ciascun filo, le dita amorevoli di mia moglie, dei miei genitori, di mio fratello e dei mille amici.
Ed ecco il passato che riaffiora prepotente, carico di un fiume di ricordi che vorrebbero cancellare la gioia di questo momento. Non lo posso negare al ritorno dalla prima seduta (ne devono seguire almeno altre 20) mi sono sciolto in un pianto liberatorio… nelle lacrime le immagini del mio passato. Di quei primi 26 anni trascorsi da bipede… di quelle sensazioni, a contatto di pelle, che avevo nascosto nei reconditi dell’anima. Troppo faticose, troppo dolci-amare… emozioni che sono solo ricordi e non torneranno comunque più. E che lasciano ora spazio per le nuove… chissà magari quelle che genererà il muovere il primo passo.
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