La dignità della donna e la famiglia: l’eredità da riscoprire di Karol Wojtyla, da Liberal di Luisa Santolini, da Liberal 4 maggio 2011
Quando Giovanni Paolo II ci lasciò, per settimane intere tutti i media parlarono di lui e del suo straordinario pontificato. Ma in quei dibattiti e in quelle pubblicazioni colpì il fatto che questo grande Papa era rimpianto e ricordato come il Papa della pace, dei giovani, della sofferenza, della evangelizzazione, del dialogo tra i popoli e le religioni e di molto altro ancora; mai, o quasi mai, come il Papa della vita, della famiglia e della donna. Invece aveva scritto la Mulieris Dignitatem e la Familiaris Consortio, e a distanza di anni è giusto ricordare quei documenti che hanno segnato una svolta non solo nella storia della Chiesa, ma dell’umanità. La Mulieris Dignitatem è stato definita “il Vangelo della donna”e a rileggere quelle pagine non è esagerato definirle profetiche. Il messaggio centrale e qualificante di tutta la Lettera apostolica del Papa è proprio la reciprocità uomo-donna, una reciprocità autentica, che esclude preminenza, separazione, contrapposizione.
Una reciprocità che si fa accoglienza, non solo della mamma nei confronti del bambino che ancora deve conoscere, ma nei confronti di qualsiasi essere nella gratuità e nel servizio, una reciprocità che si fa comunione non solo in famiglia ma con tutti gli altri nelle relazioni interpersonali.
Quando uscì questo Documento si ironizzò molto sulla insistenza del Papa sui ruoli della donna quale vergine, sposa e madre, senza capire che il Papa parlava dei ruoli evocando una ricchezza sconfinata dai molteplici volti: non il confinamento della donna nel chiuso della casa o del convento, quasi fosse una maledizione o una punizione, ma lo schiudersi per lei delle grandi vie, delle categorie universali ed eterne che riconducono a Maria, Madre di Dio e della Storia. In questi anni drammatici e affascinanti stiamo assistendo ad una accelerazione della storia che prefigura trasformazioni non solo di ordine politico o tecnologico, ma di ordine antropologico che possono scuotere alle fondamenta la nostra comprensione dell’uomo e della sua verità. La questione antropologica, che Benedetto XVI richiama di continuo, è all’ordine del giorno e dunque è venuto il momento della riflessione che risalga alle sorgenti dell’essere umano e a quanto disse Giovanni Paolo II nel lontano 20 febbraio 1980: «Il primo uomo e la prima donna erano uniti nella coscienza del dono; essi avevano una coscienza reciproca del significato sponsale dei loro corpi nei quali si esprime la libertà del dono e si manifesta tutta la ricchezza interiore della persona in quanto soggetto». Nella Mulieris Dignitatem chiarisce il significato dell’essere donna affermando: «Le risorse personali della femminilità non sono certamente minori delle risorse della mascolinità, ma sono solamente diverse». Dunque una complementarietà nella diversità, una reciprocità, un dono reciproco e totale, una originaria unità dei due che è legata alla creazione dell’uomo come maschio o femmina ad immagine e somiglianza di Dio, nella convinzione che «non si può avere una adeguata ermeneutica dell’uomo, ossia di ciò che è umano, senza un adeguato ricorso a ciò che è femminile». (MD, 22) Con queste parole (e non solo) Giovanni Paolo II ha spazzato via millenni di equivoci e di stereotipi che risalgono addirittura ad Aristotele, quando scriveva che la natura della donna la chiama all’obbedienza e alla sottomissione a uomini che - per natura - decidono, insegnano e governano Ebbene, con la Mulieris Dignitatem e poi nel 1995 (Anno internazionale delle donne), il Papa ha deciso di parlare alle donne, di comunicare con “la loro intelligenza e il loro cuore”senza toni consolatori, senza ipocrisia e senza accontentare il politicamente corretto, ma allo sesso tempo cercando di svegliare il mondo intero per sensibilizzarlo ai loro problemi. Cominciando per primo. Ha valorizzato l’Anno internazionale della donna molto più di altri Capi di Stato ed è stato l’unico a chiedere scusa per le ferite inflitte alla storia della emancipazione delle donne anche dalla stessa Chiesa. Ed ha assunto un impegno preciso, che sarà possibile concretizzare solo con il concorso di tutti, allo scopo di evitare che i riflettori accesi sulla donna si spengano nella dimenticanza o nella retorica o per la velocità con cui la società
cambia ed i mass media consumano la cronaca. Infine il Papa ha rivelato il genio della femminilità illuminato dalla Parola di Dio e ha parlato di dignità affermando «la donna, nel nome della liberazione dal dominio dell’uomo, non può tendere ad appropriarsi delle caratteristiche maschili, contro la sua propria originalità femminile. Esiste il fondato timore che su questa via la donna non si realizzerà, ma potrebbe invece deformare e perdere ciò che costituisce la sua essenziale ricchezza» (MD, 10). Ecco, tra i tanti meriti di questo Papa c’è anche quello di avere indicato alla umanità la via per quanto riguarda il grande tema della donna, la via cioè del superamento sia della subordinazione che della conflittualità, per arrivare alla comunione interpersonale. Volendo fare un bilancio di quanto è successo in questo ultimi anni non c’è di che rallegrarsi, anche se le donne in molti campi hanno fatto grandi passi avanti; tuttavia la tipologia delle donne è variegata e spesso non ci fa onore. La donna libera, colta, preparata, realizzata e consapevole del suo ruolo certamente esiste, ma è sempre presente il rischio della donna accessorio in ambito politico, sociale e lavorativo.
La donna ancora paga un pesante tributo al mondo del lavoro e non ci sono condizioni adeguate per lo sviluppo della libertà interiore che per la donna è la libertà di essere se stessa nella pienezza del suo specifico, come era negli auspici del Papa. Non è questa la sede per analizzare in profondità la condizione della donna oggi, ma possiamo affermare che la grande eredità di Giovanni paolo II è ancora in buona parte irrealizzata. Il neo femminismo più consapevole riconosce gli errori fatti dalle stesse donne nei decenni scorsi e conosce le scommesse perse, per cui si pone come alternativo al femminismo mitico della prima fase e sa bene che non si tratta più di suscitare la lotta di tutte le donne contro tutti gli uomini, ma di sensibilizzare tutte le donne insieme con tutti gli uomini contro tutto l’inumano, attraverso una cultura nuova fatta di rispetto, di promozione, di solidarietà e di sussidiarietà. Sulla scorta delle parole di Giovanni Paolo II occorre ripensare il problema antropologico del rapporto uomo donna, tornando alla verità della Genesi e pensando una donna nuova per questi tempi nuovi che vivono un travaglio spesso drammatico.
Se esiste una questione femminile esiste anche una questione familiare e non si può pensare alla donna se non si tiene presente la sua situazione nella famiglia: non si può richiamare la reciprocità uomo donna se non la si inquadra nel matrimonio e nell’apertura alla vita che è tipica della fami glia. Il Papa lo sapeva bene e tutto il suo
pontificato è stato speso per richiamare il
disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia. È impossibile ricordare gli infiniti discorsi del papa su questo tema e la bibliografia che ad essi è seguita, pagine straordinarie piene di poesia e ricche di esortazioni ai Vescovi, alle famiglie, alla società, alla politica: la Familiaris Consortio è la summa di questa opera immensa a favore della famiglia: «Famiglia diventa ciò che sei», «Famiglia credi in ciò che sei». Ai Vescovi raccomanda «la famiglia deve essere l’oggetto prioritario delle vostre cure»; alla società e più specificatamente allo Stato ricorda che «devono riconoscere che la famiglia è una società che gode di un diritto proprio e primordiale e quindi nelle loro relazioni con la famiglia sono gravemente obbligati ad attenersi al principio di sussidiarietà». Si pone così «a tutta la Chiesa il compito di una riflessione e di un impegno assai profondi, perché la nuova cultura emergente sia intimamente evangelizzata, siano riconosciuti i veri valori, siano difesi i diritti dell’uomo e della donna e sia promossa la giustizia nelle strutture stesse della società» (FC, 8).
Appelli in gran parte disattesi, eppure è da qui che si può ripartire per superare le difficoltà e le angosce, i dubbi e le domande ed affrontare il futuro in un modo nuovo e diverso.
La famiglia, oggi più che mai, nella sua inalienabile verità, è la nostra risposta alle sfide che ci attendono anche sul piano internazionale e la famiglia, certamente più di altre istituzioni, potrà aiutare tutta la società a trasformare questo tempo oscuro in un tempo di pace e di riconciliazione, cioè un tempo «della comunione ricostruita dell’unità ritrovata» (FC 21). La Familiaris consortio in questo senso continua ad essere una guida profetica ove parla di una nuova umanità che si sprigiona dalla famiglia ed ove afferma che «la famiglia dei tempi moderni è stata, come e forse più di altre istituzioni, investita dalle ampie, profonde e rapide trasformazioni della società e della cultura», ed essa è la risposta alla radice del male, nella costruzione di un nuovo umanesimo.
Il Concilio Vaticano II aveva proposto l’ambito del matrimonio e della famiglia come il primo a cui porre attenzione nel rapporto tra la Chiesa e il mondo (cfr GS nn. 47-52) e il Papa ha sviluppato una amplissima riflessione nelle catechesi sull’amore umano fin dai primi anni del suo Pontificato, dalla Mulieris dignitatem (cfr nn. 6-8) alla Lettera alle famiglie (nn. 6; 8; 11), dalla Familiaris Consortio alla Carta dei diritti della famiglia. Con queste riflessioni egli ci ha aiutato ad approfondire una fondamentale verità antropologica già indicata dal Concilio Vaticano II quando afferma che «l’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa», non può «ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé» (GS 24). La natura umana è fatta per “essere dono” e questa verità della persona regge e fonda l’amore coniugale e le relazioni familiari. Scrive il Papa nella Lettera alle famiglie: «Amare significa dare e ricevere quanto non si può né comprare né vendere, ma solo liberamente e reciprocamente elargire» (n. 11). Questo approccio ha contribuito alla comprensione del fatto che la persona esiste sempre ed esclusivamente come uomo o come donna e nella polarità umana è iscritta sia la vocazione al dono nella vita coniugale sia la vocazione alla formazione di una comunità di persone intessuta di varie relazioni che derivano dai legami coniugali, genitoriali e generazionali. In questa luce il Papa ha definito la famiglia, usando un’immagine tanto suggestiva quanto vera, come la prima forma dell’ecologia umana perché in essa «l’uomo riceve le prime e determinanti nozioni intorno alla verità e al bene, apprende che cosa vuol dire amare ed essere amati e quindi che cosa vuol dire in concreto essere una persona» (CA n. 39).
L’Italia vanta una grande tradizione dal punto di vista della considerazione riservata alla famiglia, che resta al vertice delle aspettative dei giovani e delle preoccupazioni degli adulti, come risulta da tutte le indagini che hanno preso in esame questo aspetto della vita sociale. Nonostante i rapidi e radicali cambiamenti che hanno inciso profondamente sulla famiglia italiana negli ultimi quarant’anni, essa resta il punto di riferimento e la principale risorsa per la vita del Paese. Abbiamo assistito al passaggio dal modello patriarcale a quello nucleare, alla rapida riduzione del numero dei componenti di ciascun nucleo; alla trasformazione del ruolo e dell’immagine della donna, sempre più inserita nel sistema lavorativo, da cui certamente sono venuti dei miglioramenti per la sua condizione, accompagnati però da ricadute problematiche per la donna stessa e per la vita familiare; alla permanenza prolungata dei figli in famiglia; all’innalzamento dell’età media del matrimonio; a una preoccupante disgregazione dei nuclei familiari segnalata dalle separazioni e dai divorzi, anche se ancora molto lontani dai tassi di altri Paesi europei e nord-americani; alla drastica diminuzione del numero dei figli con pesanti conseguenze per il futuro del Paese.
Un quadro allarmante a cui si aggiunge un attacco alla famiglia su scala internazionale con la pretesa di far passare per famiglia ciò che famiglia non è e con la pressante richiesta di equiparare altre forme di convivenza al matrimonio al fine di relativizzare l’istituto matrimoniale e di porre come criterio di riferimento i soli diritti individuali, con il rischio di scardinare il fondamento stesso della compagine sociale. Ebbene Giovanni Paolo II ci ha spiegato cosa è la famiglia e ci ha affidato il compito di difendere e promuovere la famiglia che qualcuno ha definito l’Agenzia periferica della Trinità: la famiglia è risorsa perché accoglie la vita; la famiglia è risorsa perché garantisce il ricambio generazionale; la famiglia è risorsa perché eroga servizi alla persona; la famiglia è una risorsa perché è un autentico soggetto economico; la famiglia è una risorsa perché è “un’azienda” che produce capitale umano; la famiglia è una risorsa perché educa i figli; la famiglia è una risorsa perché fa da ammortizzatore sociale; la famiglia è relazione comunitaria di piena reciprocità fra i sessi e fra le generazioni.
La famiglia è bene relazionale in quanto può essere generata e fruita soltanto assieme da coloro che la fanno; essa consiste di relazioni, non di beni individuali, e neppure è una somma di beni individuali. La famiglia è soggetto di diritti-doveri ma in essa i diritti e i doveri debbono essere declinati nella relazione tra i suoi membri. La famiglia è soggetto di funzioni per la società, in quanto ciò che in essa avviene e ciò che essa fa ha riflessi su ogni altra forma di socialità. La famiglia ha una sua cittadinanza in quanto la famiglia è una «persona sociale», titolare di un diritto soggettivo sociale, che va al di là dei diritti soggettivi individuali. Dunque la famiglia è una assoluta e ineludibile necessità La nostra società oscilla tra una idea nostalgica, prescrittiva ed idilliaca della famiglia e la convinzione che la famiglia c’è sempre stata e sopravviverà comunque, qualunque cosa accada; invece il mondo evolve rapidamente, la società complessa richiede risposte articolate che rivedano i canoni ed i criteri con cui si è agito fino ad ora, anche da una parte del mondo cattolico. Ebbene il Papa ci indica la strada, ricordandoci che alla radice dei vincoli vitali e organici che intercorrono tra la famiglia e la società, si pone lo stesso atto creatore di Dio, che «ha costituito il matrimonio quale principio e fondamento dell’umana società» e ha impresso così in ogni famiglia la «missione di essere la prima e vitale cellula della società». (FC,42) «Oltre che alla vita e alla missione della Chiesa, la famiglia è chiamata a partecipare anche alla vita della società e al suo sviluppo; in forza della sua natura, infatti, possiede un compito sociale nativo, originale, insostituibile e inalienabile». Dovremmo essere più convinti della verità di queste parole e pregando sulla tomba di un Papa salito alla gloria degli altari, che abbiamo avuto il privilegio di conoscere, dovremmo essere più degni di Lui e più fedeli al mandato che ci ha lasciato, comprendendo sempre meglio quello che ha voluto dirci. Nello splendido stadio di Maracanà a Rio de Janeiro durante le giornate internazionali della famiglia Giovanni Paolo II ha affermato: «Oggi attorno alla famiglia e alla vita si svolge la lotta fondamentale della dignità dell’uomo». Ancora una volta si parla di dignità dell’uomo e dunque dell’umanità tutta. Questa è la preziosa eredità di Giovanni Paolo ll, che da lassù “affacciato alla finestra” continua a dirci di andare avanti con coraggio “senza avere paura” e di fare tesoro della sua grande lezione sulla donna e sulla famiglia.
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