Autismo. Numero di casi raddoppia ogni 6 anni - 05 ottobre 2012 - http://www.quotidianosanita.it
Accendere i riflettori sulla
salute dei minori e sul bisogno di risorse per prendersi carico dei loro
problemi a partire dall’autismo. Questo il senso del Convegno organizzato da
Paola Binetti, Udc, su un disturbo complesso di cui si ignorano le cause e che
per curarlo non esistono medicine.
05 OTT - Ci sono più bambini con
autismo di quelli colpiti da diabete, aids, cancro, paralisi cerebrale, fibrosi
cistica, distrofia muscolare e sindrome di down messi insieme. Si stima che il
numero di soggetti coinvolti da questa sindrome raddoppi ogni 6 anni e che tra
5 anni potrebbe colpire 1 bambino su 50, ovvero un maschietto ogni 31. Paola
Binetti, Udc, ha promosso il convegno “Autismo oggi. Lo stato dell’arte”, per
riaccendere l’attenzione su un disturbo in continua espansione e che
compromette la capacità di una persona di interagire e di comunicare con gli
altri, interferendo con gli aspetti più significativi dell’essere umano. Il
Convegno si è svolto ieri presso la Sala delle Colonne di Palazzo Marini a
Roma.
“Si tratta di un disturbo
pervasivo dello sviluppo che richiede approcci diversificati – ha spiegato
Paola Binetti – riguardando appunto situazioni e soggetti molto differenti
l’uno dall’altra: si passa da autistici ad alto funzionamento a quelli a basso
funzionamento con difficoltà di autonomia”.
Le comunità scientifica e
politica “devono essere sensibili a queste problematiche – ha sottolineato la
deputata – è importante legittimare gli approcci proposti con rigore e serietà,
garantendo ad operatori responsabili la possibilità di accedere alle differenti
terapie”.
Per la Binetti le recenti Linee
Guida presentate dall’Iss lo scorso gennaio “ci sembrano sbilanciate, non
essendo capaci di garantire i diversi modelli di trattamento. Sono convinta
della necessità di integrare i modelli terapeutici seri nelle varie fasi del
percorso evolutivo del soggetto autistico”.
La comunità scientifica “valorizzi
ciò che c’è di buono negli approcci proposti perché occorre una risposta
multipla e integrata – ha concluso Binetti – la politica deve fare la sua
parte, garantendo la pluralità dei modelli terapeutici definiti in un contesto
responsabile e trovando risorse economiche per aiutare le famiglie nel rispetto
della loro volontà”.
“Di fronte a un dramma come quello
dell’autismo – ha affermato Enrico Garaci, presidente dell’Iss – e alle ancora
poche conoscenze in merito alla patogenesi ma anche a trattamenti risolutivi la
cosa più difficile è districarsi nella giungla di tutto ciò che viene offerto o
che può costituire un supporto”.
“In questo difficile compito - ha
proseguito - ci siamo incamminati come Istituto nel realizzare il coordinamento
delle ‘Linea guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico in
età evolutiva’. Le Linee Guida appaiono al momento come qualcosa di
potenzialmente perfettibile, e sicuramente soggette a costanti adattamenti alla
rapidissima evoluzione della letteratura specialistica, ma forniscono una base
di discussione e confronto. La pubblicazione delle LG sui trattamenti ha
rappresentato un punto di arrivo importante, ma le stesse LG auspicano
l’implementazione di altri studi clinici controllati, così che entro la data
prevista per la loro revisione nel 2015,
sia possibile validare con metodi
scientifici e basati sull’evidenza eventuali nuovi approcci terapeutici in
grado di migliorare la qualità della
vita dei tanti autistici e delle loro famiglie”.
Per Garaci le LG sono un “punto
di partenza che dovranno includere sempre più esperienze terapeutiche
soprattutto nei casi come l’autismo in cui le conoscenze navigano in mari molto
tempestosi. Ciò che però è necessario – ha concluso il presidente dell’Iss – è
comunque avere una bussola e, fatta salva la complessità nella valutazione dei
risultati della terapia, l’esplorazione di un’ipotesi di cura deve mostrare di
avere un indirizzo e di giungere a una qualche destinazione e per fare questo
deve compiere un percorso di sperimentazione e di produzione di risultati,
anche a tutela delle persone ammalate che rischierebbero di vedere le illusioni
elencate tra le terapie”.
Sullasituazione di grande
confusione sull’autismo che stiamo vivendo è intervenuto Gabriel Levi, ordinario
di Neuropsichiatria Infantile dell’Università degli Studi di Roma. “Nel 2005 –
ha spiegato – con la Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e
dell’adolescenza (Sinpia) pubblicammo delle linee guida buone ma non ottime,
successivamente sono state realizzate quelle dell'Iss che hanno seguito meglio
l'aspetto scientifico lasciando aperto lo spazio alla ricerca per i servizi. Da
allora si è aperta una grande bagarre sulla natura unicistica di questo
documento, perché è difficile valutare l’efficacia di un intervento terapeutico
se non si hanno prima in testa, con chiarezza, due punti chiave: a chi
esattamente si sta proponendo questo intervento e quali sono i risultati
precisi che ci si attende. Domani al convegno cercherò di focalizzarmi su cosa
possiamo e dobbiamo fare adesso per essere veramente concreti e operativi”.
Quali dunque per Levi le
questioni aperte sull’autismo? “Il divario tra epidemiologia teorica e casi
concreti, i ritardi nella presa in carico, il tipo di approccio terapeutico da
proporre e il passaggio all’età adulta”.
Levi ha dunque concluso: “È evidente che una diagnosi di sviluppo bilanciata
rispetto a tutte queste variabili e verificata stadio di sviluppo dopo stadio
di sviluppo consentirà di ricostruire traiettorie evolutive per tipo, per
sottotipo e per caratteristiche personali. Infine, credo sia molto importanza
seguire l’autismo all’interno di un discorso generale della neuropsichiatria
infantile”.
“Questo convegno è l’occasione
per un confronto tra orientamenti diversi e finalizzati alla conoscenza del
bambino. In una patologia complessa come l’autismo un’ottica unilaterale
rischierebbe di lasciare fuori elementi importanti”. Così Magda Di Renzo,
psicoterapeuta dell’età evolutiva e responsabile del servizio Terapie
dell’istituto di Ortofonologia di Roma. “Credo alla complessità che necessita
dello sforzo di tutti- ha aggiunto- lo
dobbiamo alle famiglie. Si tratta di un disturbo che parte già con una
frammentazione, e una contrapposizione sul piano culturale indebolisce ancora
di più la patologia. C’è bisogno di confronto – ha concluso Di Renzo la
psicoterapeuta – altrimenti non si riuscirà a sviluppare un intervento
globale”.
“La libertà della cura passa attraverso la
prova scientifica”. La pensa così Stefano Vicari, neuropsichiatra infantile
dell’ospedale pediatrico del Bambin Gesù di Roma, in merito al dibattito sui
‘Modelli diversi di trattamento terapeutico per rispondere a bisogni complessi
dei soggetti autistici’ affrontato al convegno sull’autismo. Le Linee Guida
(LG) “vengono riaggiornate periodicamente quindi bisogna puntare l’attenzione
sulla necessità di raccogliere le evidenze scientifiche da sottoporre alla
comunità internazionale per gli approcci non inclusi nel documento, come quello
psicoanalitico”. Al Bambin Gesù ha proseguito Vicari “effettuiamo un percorso
diagnostico basato su strumenti internazionali come l’Ados. Eseguiamo diagnosi
caso per caso basate sull’evidenza, ma facciamo anche indagini di tipo genetico
e biologico”.
Il problema per Vicari è che “non
sono state ancora applicate le LG e
quindi i trattamenti rimborsati non sono quelli riconosciuti come
scientificamente validi”.
“Come far raggiungere al soggetto
autistico il livello più alto possibile di autonomia, questo è il problema di
base che deve porsi la bioetica della cura”. Così Marianna Gensabella,
componente del Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB).
Secondo la bioeticista, per
migliorare la condizione di vita dei soggetti autistici o coinvolti nello
spettro dell’autismo esistono “diversi interventi, ma bisogna fare chiarezza su
quali siano quelli efficaci. La sindrome autistica è varia ed è difficile
trovare l’intervento giusto diventa quindi cruciale informare i genitori”.
La diagnosi “è l’elemento che sta
a cavallo tra i due tipi di bioetica. L’importanza di fare, avere e ottenere
una diagnosi esatta e precoce è cruciale. Purtroppo- ha aggiunto Gensabella-
questa precocità è difficile da raggiungere a causa di una carente formazione
dei pediatri e informazione nei genitori e negli educatori”.
Le aree da migliorare sembrano
tante. “In Italia – ha chiarito la Gensabella – per quando riguarda
l’assistenza medica, ci troviamo in una situazione a macchia di leopardo con
regioni completamente scoperte e questo non consente a tutti di avere gli
stessi diritti in termini di accesso alle cure. Occorre una medicina che operi
su tutto il territorio nazionale anche attraverso una rete di associazioni che
funzioni”.
Ultimo punto affrontato è “il
buco nero dell’età adulta, della cura della persona con autismo dopo
l’adolescenza. Le possibilità di inserimento nel lavoro sono marginali, non
hanno più rapporto con la scuola, né con il centro di neuropsichiatria
infantile e non hanno nemmeno più una diagnosi. In genere- ha concluso- questi
soggetti sono soli con i loro genitori e vengono emarginati”.
illusioni elencate tra le
terapie”.
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