È nata down, il medico le paga i danni - Enza Cusmai - Ven, 05/10/2012
- http://www.ilgiornale.it
Marta ha sedici anni e tra poco
diventerà milionaria. La Cassazione le ha dato una mano con una rivoluzionaria
sentenza che le garantirà un futuro economico roseo. Perché? I giudici hanno
deciso che le spetta un maxi risarcimento per essere nata down. Attenzione, ci
sono migliaia di bambini che nascono affetti dalla sindrome a cui non spetta
neppure un euro.Ma il caso di Marta è particolare. La sua nascita non è stata
frutto di una scelta ponderata di genitori che scelgono di accettare quello che
arriva dal fato. No, la sua nascita è dovuta all'insipienza di un medico che non
ha ascoltato la madre di Marta quando aveva espressamente chiesto di fare un
esame specifico per sapere se il feto fosse più o meno sano. In pratica, i
coniugi di Treviso, Manuela e Marcellino Osmieri hanno scoperto solo alla
nascita che la bambina era down. E quindi non hanno mai avuto la possibilità di
scegliere se accettare un figlio disabile o interrompere la gravidanza a scopo
terapeutico.Per questo motivo i giudici supremi hanno bacchettato medico e
ospedale accogliendo il ricorso presentato dal legale dei genitori, Enrico
Cornelio. Che parla di «rivoluzione copernicana» in materia di risarcimento
danni per mancata diagnosi precoce di malformazioni fetali. «Finora la
Cassazione riconosceva solo il diritto al risarcimento ai genitori - spiega il
legale - ritenendo che per il bimbo, nascere malformato, fosse preferibile a
essere abortito». Ora la Corte ha cambiato idea e anzi, ha riconosciuto il
risarcimento anche al bambino, o meglio, alla persona che, all'atto
dell'indagine medica ed errore diagnostico, era un feto. Ma può il medico
essere responsabile per una malformazione non provocata direttamente da lui?
«Certo che può - spiega Cornelio - perché i coniugi avevano chiesto
espressamente di conoscere le condizioni di salute del feto per fare una scelta
di vita. E così non è stato. A loro è stata tolta questa opzione». Da qui la
conclusione: «Ogni donna incinta ha diritto di sapere quale sia la gravidanza
che sta portando in grembo». Anche Manuela, madre di Marta e di altre due
figli, operaia in cassa integrazione, sente di avere ottenuto giustizia. «Io
sono felice, ci sentiamo tutti meglio in famiglia - spiega -. C'era stata
un'ingiustizia e ora la Cassazione l'ha cancellata». La donna ricorda il
calvario passato sedici anni fa. «Quando ero incinta mi rivolsi al mio
ginecologo per una diagnosi: volevo sapere per poter fare una scelta e in
questi anni ho sempre pensato che qualcuno avesse scelto per me».Ora Marta ha
sedici anni, Manuela la adora e la accompagna ogni mattina alla scuola
alberghiera. «È al secondo anno - racconta - e vuole fare la barista. Ama fare
le colazioni alla gente, le piace conversare e stare in mezzo agli altri». Una
ragazza adorabile che avrebbe potuto non esistere se la sua mamma avesse
abortito. «Io non so se avrei abortito - precisa Manuela - ma la cosa grave è
che nessuno mi ha messo nelle condizioni di poter fare una scelta autonoma».
Infatti, né il ginecologo né l'ospedale di Castelfranco veneto non hanno
effettuato alcun esame diagnostico entro il terzo mese di gravidanza. Tanto
tempo è passato. Due gradi di giudizio avevano dato torto a Manuela e alla sua
famiglia. Non solo. I giudici avevano richiesto ai coniugi risarcimenti
milionari. «Le sentenze riformate erano talebane - sbotta il legale di parte -.
Ai genitori era stata chiesta la cifra astronomica di circa 300 mila euro a
favore del medico, dell'ospedale e delle assicurazioni. Una richiesta inaudita
e severissima che si può spiegare solo perché in questa area del Veneto le
radici cattoliche sono profondissime e così pure la contrarietà all'aborto
terapeutico».La Cassazione, però, ha annullato tutto. E ha ribaltato le carte.
Innanzitutto ha fissato un'invalidità del 75% per Marta che, a occhio e croce,
significa un bel milione di euro di risarcimento. I giudici non dimenticano poi
i genitori per il danno morale e materiale sofferto. E qui la somma oscilla dai
200 ai 400mila euro. Una botta economica incredibile per ospedale, medico e
compagnie assicurative. Ma la sentenza apre la strada a tutte le famiglie con
bambini down che non abbiano più di 10 anni. «Tutti possono chiedere agli
ospedali di rispondere della mancata diagnosi - spiega l'avvocato Cornelio -.
Non solo in quanto genitori che sono gravati da costi economici e umani
inimmaginabili, ma anche per l'invalidità permanente del bambino».
Nessun commento:
Posta un commento