Scienziati con il vizio della truffa
Eugenia Tognotti - http://www.lastampa.it/
Dio solo sa se – con questa overdose «di ladronecci, d’inganni, e di rubamenti» - non avremmo fatto volentieri a meno della notizia che frode, sete di denaro, arrivismo sono male piante che allignano anche nel campo della ricerca scientifica, in dispregio delle norme etiche. E, invece, ecco arrivare, col clamore che meritano, gli sconfortanti risultati di uno studio pubblicato dalla rivista Proceedings of the National Academy of Science.
Secondo la rivista la frode (dati fittizi o manipolati) è la causa prima (43 per cento) dei 2047 ritiri - da parte degli editori - di articoli pubblicati in riviste mediche e biologiche a partire dal 1973. Seguono altre «cattive condotte» – come vengono pudicamente definite – tra cui il plagio (24 per cento).
Insomma disonestà e scorrettezza - e non umanissimi e perdonabili errori materiali compiuti in buona fede - sono all’origine di circa due terzi delle «ritractions». Che sono aumentate ad un ritmo allarmante, afferma uno degli autori dello studio, il microbiologo e immunologo, Arturo Casadevall dell’Albert Einstein College di Medicina a New York. Per dire, negli ultimi 37 anni sono cresciute di 10 volte. Il picco è stato raggiunto nel 2007 con 96 studi su ogni milione revocati per frode. Si tratta di una tendenza inquietante su cui hanno influito molti fattori. A cominciare dalla natura sempre più competitiva della scienza, per continuare con la pressione esercitata sulla biomedicina, per dire, dai grandi interessi economici, e con la prospettiva, per i singoli scienziati, di accaparrarsi brevetti e finanziamenti, attirando l’attenzione su risultati di ricerca «fragorosi». Più importante e prestigiosa è la rivista in cui si pubblicano le ricerche, più è facile ottenere fondi, e cadere in tentazione. L’equazione è semplice: più denaro più ragioni per truffare, più fama, più potenziale per il profitto. Insomma, ha osservato un bioeticista della New York University, Arthur Caplan, quello che accade nella scienza non è «troppo dissimile dalla truffa e dalla frode che abbiamo visto nel settore bancario».
Il fatto è che i Fiorito della scienza possono produrre enormi danni. Basta fare riferimento ad uno degli studi più celebri e discussi, ritirato da una delle più autorevoli riviste mediche al mondo, Lancet. Si trattava di un articolo scritto, nel 1998, dal medico inglese Dr Andrew Wakefield - fervente oppositore delle vaccinazioni - che sosteneva un possibile collegamento tra il vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia e autismo, confutato dal mondo scientifico. Come risultato, le vaccinazioni diminuirono drasticamente in Gran Bretagna, mentre crescevano i casi di morbillo. Inoltre, molti genitori si convinsero che le vaccinazioni erano pericolose.
Lo studio del Dr. Wakefield - che aveva sottoposto dei bambini ai test invasivi come colonscopia e punture lombari - era gravato, appurò poi una Commissione tecnico-scientifica - da gravi conflitti scientifici e finanziari: una parte dei costi della ricerca, ad esempio, era stata sostenuta dagli avvocati dei genitori di bambini autistici che intendevano citare in giudizio e chiedere i danni ai produttori di vaccini. Inoltre l’autore dell’articolo aveva brevettato nel 1997 un vaccino contro il morbillo che avrebbe potuto trovare un florido mercato se il vaccino trivalente fosse stato screditato. Secondo la Commissione, l’autore si era comportato in modo disonesto, aveva infranto le norme di base dell’etica e aveva mostrato un «cinico disprezzo» per la sofferenza dei bambini coinvolti nella sua ricerca. Che le frodi nella scienza aumentino, è una cattiva notizia. Ma che a dirlo pubblicamente e ad attirare l’attenzione sulle «mele marce» siano gli stessi scienziati è una buona notizia. Magari prendesse esempio la classe politica nostrana.
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