martedì 17 maggio 2011

Punti fermi di Giacomo Samek Lodovici - Ma la vita inerme non si tocca - Una legge che consente di sopprimere un essere umano resta iniqua ed esige che ci si impegni per limitarne gli effetti negativi. Con aiuti alla maternità e una nuova cultura dell’accoglienza - Avvenire, 12 maggio 2011

Decine di studi di biologia certificano ormai che, fin dalla fecondazione, il concepito è autonomo e comincia uno sviluppo continuo, che gli consentirà dopo anni di esercitare le azioni peculiari dell’uomo. La madre non ne guida lo sviluppo, bensì lo nutre e lo protegge, e continua a farlo per molto tempo anche dopo la nascita senza che questa forma di dipendenza autorizzi a uccidere un bambino. In altri termini, l’autonomia del concepito non va intesa come indipendenza o autosufficienza assoluta, bensì come capacità di autocostruirsi. Quanto alla continuità dello sviluppo, è stato ripetutamente dimostrato che i presunti «stacchi» sono in realtà guidati dal concepito stesso e programmati fin dall’inizio.
Alcuni dicono che il concepito è persona solo quando esercita attualmente l’autocoscienza. Se questo fosse vero sarebbe lecito uccidere anche loro quando non sono autocoscienti, per esempio quando dormono o sono sotto anestesia… Ora, dato che dopo alcuni anni il concepito compirà gli atti di una persona, e dato che non c’è alcun vero stacco nel suo sviluppo (né prenatale, né postnatale), vuol dire che il concepito è persona anche se non può ancora compiere certe attività. Dunque l’aborto è l’uccisione di uno di noi, di un essere umano innocente. Chi non ne è consapevole può meritare varie attenuanti se vi ricorre o se lo promuove.
Ci sono attenuanti per le donne che abortiscono in circostanze molto difficili (a volte pressate da uomini cinici): lo Stato dovrebbe aiutarle in tutti i modi. Ma ciò non toglie che l’aborto sia sempre un atto orribile. Per questo motivo la legge 194 è da considerare come nel 1981, cioè gravemente ingiusta e inaccettabile in quanto consente l’uccisione di una vita umana. Quando fu varata venne giustificata soprattutto per evitare la morte delle donne negli aborti clandestini. Ma i dati sui decessi erano gonfiati, e il fine (importantissimo) di salvaguardare la vita delle donne non può giustificare un mezzo gravemente sbagliato qual è l’uccisione di un essere umano.
Del resto, in caso di divergenze sul concepito lo Stato deve seguire il principio di precauzione: finché sussiste il minimo dubbio circa lo status del concepito, non si deve correre il rischio di consentire l’uccisione di un uomo. Se un cacciatore vede muoversi qualcosa dietro un cespuglio non deve sparare fino a che non sa con certezza che dietro non c’è una persona. Bisogna dunque continuare a denunciare l’iniquità di una legge che consente di sopprimere un uomo – sebbene riconoscendo le attenuanti morali quando una decisione tanto grave viene assunta in situazioni drammatiche –, ma occorre anche essere realisti, senza immaginare operazioni politiche impraticabili e controproducenti.
Seguitando dunque ad aver chiare le idee su quanto grave sia un aborto, è necessario tentare di rendere progressivamente gli effetti della legge meno nefasti (la liceità di questa strategia risalta nel paragrafo 73 della Evangelium vitae), promuovendo disposizioni di incoraggiamento alla maternità (aiuti economici, leggi sul lavoro delle donne...) e altre norme a favore della vita, a livello nazionale e locale.
Allo stesso tempo, è fondamentale promuovere un’azione culturale prolife, perché una legge è molto più facilmente modificabile se questo richiedono le convinzioni mediamente diffuse nella cultura di un popolo. Inoltre, è sempre più evidente e condivisa la convinzione che occorra cercare di attenuare l’impatto della 194 salvando dall’aborto il maggior numero possibile di vite umane, come fanno, per esempio, i Centri di aiuto alla vita. E una vigorosa azione culturale in questo senso non soltanto può dissuadere molte donne dall’aborto ma accresce il numero dei difensori della vita nascente e dunque la possibilità di salvare gli innocenti ancora insidiati nel grembo materno.

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