martedì 3 maggio 2011

La Corte di Giustizia europea alla prova della biotecnologia – Brevetti & Embrioni umani una decisione che può fare storia di Ilaria Nava* Giornalista - Newsletter di Scienza & Vita n°46 del 29 Aprile 2011

E’atteso per fine maggio il provvedimento della Corte di Giustizia europea, chiamata a decidere sulla nozione di “utilizzazione di embrioni umani per fini industriali o commerciali” di cui parla la direttiva 98/44 relativa alla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, che fissa dei criteri su ciò che è brevettabile e ciò che non lo è. La causa ha avuto origine in Germania, dove Oliver Brustle è titolare dal 1997 di un brevetto relativo a cellule progenitrici neurali e a procedimenti per la produzione delle stesse a partire da cellule embrionali. L’associazione Greenpeace ha presentato ricorso al tribunale federale tedesco per ottenere l’annullamento del brevetto  di Brustle in quanto le cellule ricavate sarebbero escluse dalla legge tedesca sui brevetti, che vieta tale concessione per le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali. Il tribunale federale in materia di brevetti ha parzialmente accolto la domanda di Greenpeace, mentre il giudice del rinvio a cui Brustle ha presentato ricorso ha giudicato l’esito della controversia dipendente  dall’interpretazione di alcune disposizioni della direttiva 44, deferendo quindi la questione alla Corte di Giustizia europea.
Le questioni sul tappeto a cui i giudici del Lussemburgo dovranno rispondere sono quindi le seguenti:
- Come debba essere intesa la nozione di «embrioni umani», di cui all’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva 98/44;
- Se siano compresi tutti gli stadi di sviluppo della vita umana a partire dalla fecondazione dell’ovulo o se debbano essere rispettate ulteriori condizioni, come, ad esempio, il raggiungimento di un determinato stadio di sviluppo;
- Se siano compresi in tale nozione anche gli ovuli umani non fecondati in cui sia stato trapiantato un nucleo proveniente da una cellula umana matura e ovuli umani non fecondati, stimolati attraverso la partenogenesi a separarsi e svilupparsi;
- Se siano comprese anche cellule staminali ricavate da embrioni umani nello stadio di blastocisti;
- Come si debba intendere la nozione di “utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali, se in tale nozione sia compreso anche un’utilizzazione finalizzata alla ricerca scientifica;
- Se sia vietato un brevetto anche qualora l’utilizzo di embrioni non rientri nella rivendicazione del brevetto ma sia solo la premessa necessaria per il suo utilizzo perché il prodotto da brevettare comporta la previa distruzione di embrioni umani Secondo l’avvocato generale presso la Corte, Yves Bot, “quanto più la tecnica consentisse di curare casi, tanto più la produzione di cellule dovrebbe essere rilevante e comporterebbe dunque il ricorso ad un numero proporzionale di  embrioni che sarebbero peraltro creati soltanto per essere distrutti qualche giorno più tardi”. Nelle conclusioni depositate presso la Corte, Bot si chiede se una definizione che portasse ad autorizzare  questa pratica sarebbe conforme alla nozione di ordine pubblico e ad una concezione dell’etica condivisibile dall’insieme degli Stati membri dell’Unione. Bot propone quindi che la nozione di embrione umano si applichi a partire dallo stadio della fecondazione e all’insieme del processo di sviluppo e di costituzione del corpo mano che ne deriva. Inoltre, che si applichi anche gli ovuli non fecondati, in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura o che siano stati stimolati a separarsi e a svilupparsi attraverso la partenogenesi, nella misura in cui l’utilizzo di siffatte tecniche porti ad ottenere cellule totipotenti.
Secondo l’avvocato generale quindi, un’invenzione deve essere esclusa dalla brevettabilità, conformemente alla direttiva europea 44, se l’attuazione del procedimento tecnico presentato per il brevetto richiede, preventivamente, sia la distruzione di embrioni umani sia la loro utilizzazione come materiale di partenza, anche se la descrizione del procedimento non contiene alcun riferimento all’utilizzo di embrioni umani. L’eccezione al divieto di brevettabilità delle utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali concerne le sole invenzioni aventi un fine terapeutico o diagnostico che si applicano e che sono utili all’embrione umano. Se la Corte decidesse secondo le conclusioni dell’avvocato generale si avrebbe una definizione comunitaria di embrione rispettosa della vita umana fin dall’inizio. 

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