INTERVISTA AL FISICO UGO AMALDI - Scienza e fede, particelle elementari,
15 novembre 2012, http://www.avvenire.it
«Amore per la scienza e amore per
la fede». È questa in sintesi la motivazione del Premio internazionale Cultura
cattolica, che domani sarà consegnato a Ugo Amaldi, fisico presso il Cern di
Ginevra (la cerimonia, con inizio alle ore 20,30, avrà luogo al Museo civico di
Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza). Un amore apertamente manifestato
in molti scritti, incontri pubblici e nei tanti dibattiti organizzati negli
ultimi anni sul rapporto fra fede e scienza.
Professor Amaldi, ma la scienza
cosa ha da insegnare alla fede?
«Le scienze studiano i fenomeni
naturali e nei fatti non hanno nulla da dire alla fede. Però gli scienziati
credenti e quelli che si pongono la domanda sulla fede sentono la necessità di
integrare in maniera coerente la fede e la visione fisica del mondo. Così
facendo devono affrontare questioni che si collocano alla frontiera fra alcune
affermazioni del cristianesimo e ciò che loro sanno del mondo naturale.
Difficoltà che talvolta possono essere illuminanti anche per coloro che non sono
scienziati».
Ha un esempio immediato?
«Il primo che mi viene in mente è
relativo al problema della morte e della sofferenza che per la fede sono
conseguenze del peccato. Ma uno scienziato vede la morte come necessità, perché
senza di essa non vi sarebbe evoluzione e di conseguenza non si sarebbe evoluto
l’homo sapiens con la sua intelligenza. Due cose che apparentemente non possono
andare d’accordo. D’altra parte non si può non restare meravigliati dalla
complessità e dalla logica sottese alla maggior parte dei fenomeni naturali e
questo è per uno scienziato credente un’apertura al trascendente».
Perché nel dibattito fra scienza
e fede non entra quasi mai la figura di Cristo?
«Effettivamente, e purtroppo, in
questi dibattiti Gesù non compare quasi mai. Si preferisce parlare del Dio
Creatore, del Dio che mantiene l’universo in essere e non si connette mai la
figura del Cristo con le conoscenze degli scienziati, né queste vengono mai
connesse con lo Spirito Santo che, in quanto scienza e sapienza sarebbe
perfettamente a tema. Ma tornando alla sua domanda, il motivo penso risieda nel
fatto che il rapporto personale che il credente ha con Cristo è completamente
diverso dal rapporto impersonale che lo scienziato ha con i fenomeni naturali
che studia. Viaggiano su piani diversi. Invece il Dio Creatore è strettamente
connesso con la natura che è l’oggetto di studio dello scienziato».
I sempre più frequenti dibattiti
fra scienza e fede hanno maturato una nuova sensibilità nel mondo scientifico?
«La mia esperienza dice che
questo dibattito è considerato interessante solo da coloro che a priori si
pongono, anche se non credenti, il problema della fede. Gli agnostici, gli atei
continuano a considerare con fastidio questa relazione fra scienza e fede, la
vedono come inutile».
Nel suo ultimo libro, «Sempre più
veloci» (in uscita da Zanichelli), lei spiega i motivi per i quali i fisici
accelerano le particelle...
«I motivi sono essenzialmente
tre: per studiare sempre più nei dettagli il mondo subatomico; per produrre,
nelle collisioni fra particelle, nuove particelle che non esistono nel mondo
intorno a noi, ma esistevano nel primo miliardesimo di secondo dopo il Big
Bang. per poi studiare le relazioni che le legano alle particelle che formano
la materia. Il terzo motivo è forse il più affascinante ed è dettato dal
desiderio di ricostruire l’evoluzione dell’universo a partire da quel
miliardesimo di secondo, in modo da giustificare la formazione delle stelle e
delle galassie, che è accaduta milioni di anni dopo».
Il 4 luglio scorso il Cern ha
annunciato una scoperta sensazionale...
«È stata dimostrata l’esistenza
di un campo, un mezzo immateriale che riempie tutto lo spazio, che interagisce
con le particelle che lo attraversano rallentandone alcune più di altre e
quindi fornendole di massa maggiore o minore. L’esistenza di questo campo è
stata provata osservando le sue oscillazioni localizzate, che vengono create
nella collisione di particelle che noi chiamiamo particelle di Higgs. Pertanto
queste particelle, il cosiddetto Bosone di Higgs, per i fisici sono un mezzo,
non il fine della loro ricerca. Un mezzo che consente di affermare che lo
spazio è tutto riempito da un campo che chiamiamo il Campo di Higgs, cioè quel
qualcosa che dà la massa alle particelle».
Ciò che fornisce massa anche al
mio e al suo corpo?
«Se gli elettroni che ruotano
intorno ai nuclei atomici del mio corpo hanno una massa e non cessano mai di
ruotare è perché esiste il Campo di Higgs. Se venisse cancellato il mio corpo
si disintegrerebbe».
Nel 1992 lei ha istituito la
Fondazione Tera per la terapia con le radiazioni adroniche. In cosa consiste?
«Ogni anno 120 mila italiani sono
irradiati con fasci di raggi X, cioè fanno radioterapia, che, insieme a
chirurgia e chemioterapia, è e resta fondamentale per la cura dei tumori.
Tuttavia, fasci di protoni e ioni carbonio hanno la proprietà di essere più
precisi dei raggi X e quindi di risparmiare i tessuti e gli organi sani molto
vicini al tumore: cosa che accade in circa il 10% dei casi. La Fondazione ha completato
nel 2003 a Pavia la progettazione di un acceleratore di protoni e ioni
carbonio. Costruito dalla Fondazione Cnao e dall’Infn ha trattato il primo
paziente nel settembre del 2011 e si prevede di trattarne più di mille ogni
anno. È ancora presto per avere statistiche sull’efficacia di questa terapia,
ma si tratta di un campo in cui i giapponesi sono all’avanguardia e al di fuori
del Sol Levante esiste nel mondo un solo altro centro come quello di Pavia, a
Heidelberg in Germania».
Roberto I. Zanini
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