«Cellule embrionali non brevettabili». Svolta nell’Ue? - l’“arringa” - L’avvocato della Corte di giustizia incaricato di una causa sull’uso commerciale delle staminali: se si trasformano in esseri umani (o in organi umani) il loro stato giuridico è quello di vite a tutti gli effetti
DA MILANO
A leggere l’opinione resa pubblica ieri dall’avvocato generale della Corte di giustizia europea Yves Bot sugli embrioni, la domanda sorge spontanea: che il tribunale supremo dell’Unione sia pronto finalmente a riconoscere la vita fin dal concepimento? Sarebbe,certo, un segnale importante di cambiamento culturale, ma soprattutto una svolta verso una nuova eticità della ricerca scientifica, nel futuro. Ma prima i fatti.
Tutto comincia con lo “strano” caso del dottor Oliver Brüstle, uno dei più importanti ricercatori tedeschi nel campo delle cellule staminali embrionali. Mister Brüstle registra nel 1997 un brevetto per una sua esclusiva scoperta: è riuscito a isolare cellule progenitrici neurali, ottenuto a partire da cellule staminali embrionali umane, con cui – sostiene – potranno essere curati azienti affetti dal morbo di Parkinson.
Ad accorgersene è Greenpeace, che denuncia il fatto alla Corte federale dei brevetti tedesca. Quest’ultima ritira l’“esclusiva” allo scienziato, che tuttavia non ci sta e impugna la sentenza innanzi all’Alta corte federale di giustizia. Di qui il “salto” alla Corte europea, cui il tribunale tedesco – prima di decidere sul caso – chiede di dare una chiara definizione di “embrione umano” (definizione non presente nella Direttiva n.98/44 sulla brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche). La questione sul banco è tanto semplice quanto fondamentale: e cioè se l’esclusione della brevettabilità della vita umana e degli embrioni (sostenuta in quella direttiva) comprenda tutti gli stadi di sviluppo della vita umana a partire dalla fecondazione dell’ovulo o se debbano essere rispettate ulteriori condizioni, come, ad esempio, il raggiungimento di un determinato stadio di sviluppo dell’embrione stesso. Ieri, a qualche mese dal pronunciamento ufficiale della Corte di giustizia europea sul caso 'Brüstle-Greenpeace' (che ha preso in esame lo scorso gennaio e dovrebbe arrivare a una decisione in estate) a dire la sua è stato l’avvocato generale designato per la causa, una sorta di “pm” in seno al tribunale comunitario. Secondo Yves Bot «le cellule che hanno la capacità di diventare un essere umano devono essere considerate giuridicamente come esseri umani a tutti gli effetti» motivo per cui «è da escludere – conclude Bot – che siano brevettabili».
Ma c’è di più ancora, visto che nella sua “arringa” l’avvocato generale sottolinea come «non importi da quale stadio dell’evoluzione del corpo umano una cellula provenga»: la sola condizione accettabile per la brevettabilità è che il suo prelievo «non comporti la distruzione di tale corpo umano nella fase della sua evoluzione in cui il prelievo è effettuato». In conclusione, Bot reputa che un’invenzione non possa essere brevettabile quando l’attuazione del procedimento richiede, preventivamente, «sia la distruzione di embrioni umani, sia la loro utilizzazione come materiale di partenza». ( V. Dal.)
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