giovedì 24 marzo 2011

diritto & rovescio - Articolo 32, la Costituzione non può essere manipolata di Ilaria Nava, Avvenire, 24 marzo 2011

E’necessaria una legge sul fine vita? Quanto contano le sentenze emesse finora su questo argomento? Possono gli articoli del Codice penale sull’omicidio del consensiente e sul suicidio assistito costituire un valido argine contro l’eutanasia? Secondo Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte costituzionale, «in astratto si potrebbe anche pensare che una legge non sia opportuna, ma solo se, come in altri Paesi, ci fosse una giurisprudenza particolarmente rigorosa nell’applicazione dei principi costituzionali. Ma la realtà italiana è differente, non c’è su questi temi giurisprudenza univoca. Attualmente siamo in una situazione di incerteza giuridica». In effetti, la sentenza Englaro ha contraddetto princìpi fino a quel momento affermati dalla stessa Cassazione, aprendo di fatto la strada alla cosiddetta 'giurisprudenza creativa' anche nell’ambito del fine vita.

Secondo alcuni, per contrastare questa tendenza sarebbero sufficienti gli articoli del Codice penale che vietano il suicidio assistito e l’omicidio del consenziente. «La materia del fine vita – spiega Baldassarre – è più ampia di quella attinente alla norma che vieta il suicidio assistito. Quest’ultima riguarda un soggetto che decide liberamente di togliersi la vita. Invece molti dei problemi che ci troviamo ad affrontare nel fine vita sono legati a situazioni in cui la persona non ha una volontà attuale di decidere alcunché o non può esprimerla. Siamo di fronte a fenomeni che non rientrano nella disciplina sul suicidio assistito. A maggior ragione per il reato di omicidio del consenziente, che presupppone la volontà attuale della persona».


La 'tenuta' costituzionale della legge si fonda anche su una corretta interpretazione dell’articolo 32 della Costutuzione: «Su questo articolo esistono ormai interpretazioni che si sovrappongono al testo. Invece dovremmo prima leggere bene il dettato costituzionale. Secondo una certa intrepretazione il paziente potrebbe disporre delle cure a suo arbitrio secondo la propria assoluta volontà. Ma questo in realtà il testo non lo dice. La legge può prevedere che in certi casi la volontà dell’interessato possa essere superata per motivi di interesse pubblico». Il fatto che le Dat vadano prese in considerazione dal medico senza che siano per lui vincolanti è un aspetto che per il costituzionalista potrebbe essere chiarito in una direzione ancora più garantista: «Il medico è chiamato a fare una valutazione non solo astrattamente sanitaria, ma di interpretazione, insieme al fiduciario, della volontà del paziente. La legge dovrebbe chiarire che in caso di dubbio debba prevalere sempre e comunque il principio preacauzione e che l’indicazione contenuta nella Dat non debba suscitare dubbi sulla validità al momento dell’applicazione e sulla volontà del paziente. Non escludo che potrebbero sorgere controversie sull’interpretazione delle Dat, ma almeno si avranno delle norme chiare di riferimento». Anche il comma su alimentazione e idratazione potrebbe essere chiarito meglio, «specificando che non si tratta di terapie e dando al contempo la definizione di terapia. Se consideriamo tutti gli atti medici delle terapie, allora i soggetti incapaci di intendere e di volere che dipendono completamente dall’assistenza sanitaria, si troverebbero ingiustamente discriminati».

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