Provetta & morale, che sorpresa è? di Michele Aramini – Avvenire, 24 marzo 2011
La Penitenzieria apostolica, nell’ambito del consueto servizio di aggiornamento, ha offerto in questi giorni una riflessione sui mali morali connessi alle nuove possibilità tecnologiche o a nuove e più profonde sensibilità etiche. Nel linguaggio teologico questi mali morali, la cui negatività è facilmente percepibile dalla ragione di ogni persona, si chiamano peccati. Ha colpito l’attenzione di qualche giornalista il fatto che anche la «Fivet», cioè la tecnica della generazione umana attraverso la fecondazione artificiale, farebbe parte di questi 'nuovi peccati', quasi che si trattasse di una innovazione del momento. Se altri peccati quali l’inquinamento e l’ingiustizia hanno trovato consenso presso stampa e opinione pubblica, non così è accaduto per la Fivet.
In realtà la valutazione moralmente negativa del magistero della Chiesa sulla Fivet è stata chiara e argomentata fin da quando queste tecniche sono state messe in campo e ancor prima che divenissero routinarie. Al primo fondamentale documento Donum vitae
del 1987, è succeduta l’enciclica Evangelium vitae del 1995 e, più recentemente, l’istruzione Dignitas personae del 2008, che su tutta la materia della Fivet, delle cellule staminali, dell’aborto e su tanti altri aspetti della vita nascente ha ribadito e precisato la dottrina morale cattolica, riaffermando in particolare la negatività morale della Fivet. La valutazione di peccato in relazione alla Fivet è perciò la coerente sintesi di un insegnamento costante, e non ci dovrebbe essere alcuna sorpresa per coloro che sono informati.
Ma a parte le motivazioni di ignoranza che si basano anche sullo slogan nato nei tempi del referendum, secondo il quale «la fecondazione è cattolica perché omologa », esiste anche la sorpresa di quanti si interrogano seriamente sul valore della vita e fanno fatica ad accostare l’eventuale nascita di un bambino, evento che è associato automaticamente al campo del bene, all’idea che ciò possa essere un peccato.
Questa sorpresa è seria e merita una risposta attenta, che però si trova ampiamente argomentata nei documenti che abbiamo citato. Ricapitolo brevemente le motivazioni per cui anche il caso semplice è moralmente problematico. Il punto di partenza è che la generazione di una vita è uno degli atti moralmente più alti che la persona umana possa compiere. Ma proprio per questo la generazione deve tener conto del valore intangibile di ogni vita umana e dei diritti del figlio nascituro. Contro questi valori vanno le procedure richieste sempre o spesso dalla Fivet, quali il congelamento degli embrioni, che è uccisivo di alcuni di loro, la selezione embrionale, che è un aborto selettivo, la selezione genetica o per genere, l’abbandono degli embrioni che non servono più... Quando ci si avventura nella Fivet i genitori danno origine a una procedura che comporta il sacrificio di numerosi embrioni, e spesso sono chiamati a fare scelte tragiche tra chi far vivere e chi far morire tra le vite generate, a meno che non lascino come spesso capita tutto nelle mani dei medici. Ma se rinunciano alla decisione, non per questo sono meno responsabili sul piano morale.
In secondo luogo, la Fivet cambia l’identità stessa degli attori della generazione, i genitori scivolano verso la cattiva figura di fabbricatori e il figlio scivola verso la cattiva figura di oggetto. E questo scivolamento è oggettivo e indipendente dalle buone intenzioni. Se si hanno veramente delle buone intenzioni si debbono fare delle buone azioni. Che dire allora dell’ampia diffusione della Fivet? È noto che la gran parte di coloro che accedono alle tecniche di fecondazione artificiale hanno una conoscenza piuttosto vaga dei risvolti morali della questione. Per questo motivo posso rimanere sorpresi che la Fivet sia peccato. Emerge la questione decisiva: c’è bisogno di un forte impegno per creare una buona cultura della generazione, che permetta a credenti e non credenti di valutare criticamente il modo di nascere artificiale.
Il magistero della Chiesa è chiaro sin dai primi documenti su vita e fecondazione artificiale: nessun «nuovo peccato», quindi, ma un insegnamento noto e radicato
Nessun commento:
Posta un commento