In ricordo di Giuseppe Garrone - 7 Febbraio 2011 - Marisa Orecchia, a nome di Federvita Piemonte, ricorda Giuseppe Garrone
Se dovessi definire Giuseppe Garrone con una sola frase direi che ha sempre cercato la verità e l’ha sempre proclamata tutta intera, senza sconti, senza cedimenti, senza compromessi.
Non stava zitto Giuseppe, neppure se era consapevole che quanto avrebbe detto gli sarebbe costata incomprensione, quando non ostilità e inimicizia. Aveva la ferma convinzione che nella battaglia a difesa della vita nascente la parola avesse da esser limpida, inequivocabile, fuori dalle insulsaggini del politicamente corretto, dalle omissioni tattiche del “cerchiamo quello che ci unisce” dalle sottili manipolazioni massmediatiche cui spesso è così comodo cedere per timore di allontanare , di sconcertare l’interlocutore.
E la sua parola è sempre risuonata così, nei convegni, nelle riunioni ad ogni livello, nelle relazioni che era chiamato a fare in giro per l’Italia, nelle scuole ai ragazzi, dai microfoni di Radio Maria.
Una parola chiara, persuasiva nei colloqui con le mamme inclini ad abortire, ma ferma e colma della tenerezza infinita di chi sapeva vedere, al di là delle storie di vita dura e faticosa, che bisognava prendere in mano per aiutare, sostenere, raddrizzare, il volto di quel bambino.
E la parola di Giuseppe non poteva non dare vita a SOS Vita, la parola al telefono che salva. Gli diede avvio nel 1992, nel giorno in cui si fa memoria dei SS. Innocenti ( di tali segni è costellata la vita di Giuseppe), con subitanea decisione seguita a fulminea intuizione, superando difficoltà tecniche (un numero verde su un radiomobile, primo caso in Italia) e remore di quanti gli dicevano che sì, l’idea era buona, ma bisognava pensarci bene, aspettare, c’erano i corsi di preparazione da fare, era necessario attrezzarsi per far fronte. Cominciò a strappare bambini all’aborto volontario con lunghe telefonate che giungevano da tutta l’Italia, ad ogni ora del giorno e della notte. Ancora oggi, a quasi vent’anni di distanza, ho davanti agli occhi le parole di Giuseppe riportate sull’agenda che, ben prima delle schede oggi in uso, serviva per tener conto delle mamme che telefonavano per chiedere aiuto, dei bambini salvati, delle donne disperate per aver ceduto all’aborto, rincuorate, consolate, riconciliate.
Ha sostenuto tutti ,la parola di Giuseppe, anche noi volontari dei MpV e dei CAV, quando, incerti, scoraggiati, affaticati per questo nostro continuo andar contro corrente, lo abbiamo chiamato perché ci ricordasse che la parola buona e la preghiera non cadono mai nel nulla.
Ma non solo profeta, Giuseppe. Anche testimone. Con la sua vita, tutta spesa per la vita nascente. Con le opere. Partiva a qualunque ora del giorno, se c’era da salvare un bambino con la sua mamma.
Ha rilanciato il cassonetto per la vita, quando molti, perplessi, pensavano che era “roba da medioevo”.
Ha profuso il suo impegno per la fondazione di Progetto Gemma , ha sollecitato instancabile una pastorale per le donne che hanno abortito e lui stesso si è dedicato alla loro rinascita spirituale.
Non ha lasciato nulla di intentato nella lotta quotidiana per la tutela della vita dei concepiti.
Ho scritto, subito dopo la sua morte, nel dolore del primo momento, che senza Giuseppe eravamo tutti un po’ più poveri e un po’ più soli. Non è vero: per quella realtà in cui speriamo e crediamo che è la Comunione dei Santi, Giuseppe è ancora con noi. Più vicino di prima.
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