21 giugno 2012, LA SENTENZA DELLA CONSULTA - 194: resta la legge
insieme al dramma degli aborti di Emanuela Vinai, http://www.avvenire.it/
La sentenza c’è, il problema
rimane. La Corte Costituzionale ha dichiarato ieri manifestamente inammissibile
la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Spoleto
sull’articolo 4 della legge 22 maggio 1978 n.194. Il pronunciamento della
Consulta non è stato preceduto da udienza pubblica: i giudici si sono
direttamente riuniti in Camera di Consiglio per discutere, anche perché nessuna
parte si era costituita e in questo caso il regolamento della Corte prevede che
si possa andare subito a pronunciamento. A sollevare incidente di
costituzionalità, il 3 gennaio, era stato un giudice tutelare di Spoleto che,
decidendo sull’interruzione di gravidanza di una minorenne, aveva sollevato
incidente di costituzionalità partendo da un recente pronunciamento della Corte
di Giustizia europea in materia di brevettabilità dell’embrione che lo
definisce come «soggetto da tutelarsi in maniera assoluta». Su questa base il
giudice riteneva che l’articolo 4 della legge 194 confliggesse con i principi
generali della Costituzione italiana e in particolare con quelli della tutela
dei diritti inviolabili dell’uomo (articolo 2) e del diritto fondamentale alla
salute dell’individuo (32 primo comma).
La Consulta, senza intervenire né
nel merito della vicenda né sulla 194, ha però rigettato l’istanza presentata,
analogamente a quanto deciso poche settimane fa in un simile ricorso presentato
dal Tribunale di Siracusa. «La decisione assunta dalla Consulta è di natura
processuale, e non di merito – spiega il presidente emerito della Corte
Costituzionale, Cesare Mirabelli – e riguarda in via preliminare quale sia, in
casi di questo tipo, il ruolo del giudice tutelare». Specificando che in
precedenti occasioni su questioni analoghe l’orientamento della Corte era stato
il medesimo, il giurista ricorda che comunque «il giudice ha posto un quesito,
e poteva farlo. Ha agito facendo leva su un orientamento della Corte europea
che su un’altra materia, la brevettabilità degli embrioni, ha ritenuto che
l’embrione sia un soggetto da tutelare». Anche Alberto Gambino, ordinario di
Diritto privato all’Università Europea di Roma, evidenzia la natura non
comparabile della sentenza europea. «La Consulta non è entrata nel merito, si è
limitata a dire che le norme evocate dal giudice di Spoleto non erano
applicabili», spiega Gambino. Si parla di ambiti e interessi diversi: «Non
poteva entrarvi perché la sentenza europea riguardava i brevetti e
salvaguardava l’essere umano rispetto alla brevettabilità economica. Qui si
confrontano invece due diritti personali, quello della madre e quello del feto
e, nella legge 194, questo bilanciamento è già stato tentato a suo tempo dal
legislatore».
«Come in almeno altri 25 casi
precedenti, anche questa volta la Corte ha accuratamente evitato di entrare nel
merito»: è il commento di Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita.
«È dal 1980 che la Corte Costituzionale riesce a non dirci, con espedienti
procedurali vari, se l’aborto come disciplinato nei primi tre mesi di
gravidanza è conforme alla Costituzione oppure no – sottolinea –, così
questioni che avrebbero potuto mettere in crisi la legge 194 sono rimaste in
questi trent’anni senza risposta».
Per Lucio Romano, presidente
nazionale dell’Associazione Scienza & Vita, il dibattito resta aperto: «La
prevedibile pronuncia di inammissibilità non limita l’impegno a tutelare la
vita del concepito e a riconoscere il costituzionale diritto all’obiezione di
coscienza che si tenta già di svilire in maniera strumentale e ideologica». Per
Romano è «auspicabile e non utopistico che laici e cattolici affrontino un
dibattito nel comune riconoscimento di valori fondativi per la democrazia quale
quello irrinunciabile di ogni vita umana». Concorda Gambino: «Nessun timore di
riaprire il dibattito per il miglioramento di un testo che continua ad avere
delle ambiguità, i tempi sono sempre maturi per un dibattito alto
sull’applicazione della legge». L’importante è affrontarlo in chiave
legislativa, e non giudiziaria.
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