L'emergenza dell'anima nel rapporto mente-cervello, Alberto Carrara, venerdì
13 maggio 2011venerdì 13 maggio 2011, http://acarrara.blogspot.it
Martedì 10 maggio 2011, dalle
15:30 alle 17:00, presso l’aula magna dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
ho impartito una lezione dal titolo: L’emergenza dell’anima nel rapporto
mente-cervello. Invitato dal Magnifico Rettore, Padre Pedro Barrajón, LC,
questa conferenza si situa quale capitolo del corso prescritto del Master in
Scienza e Fede intitolato: L’antropologia cristiana di fronte alla scienza.
(http://www.uprait.org/index.phpoption=com_content&view=article&id=360&Itemid=153&lang=es
)
Di seguito fornisco un breve
abstract, lo schema della lezione e l’introduzione (per comodità sono state
omesse le note bibliografiche).
ABSTRACT
Questo capitolo vuole presentare
l’emergenza del tema dell’anima nel panorama scientifico contemporaneo
attraverso il dibattito sorto intorno al rapporto tra mente e cervello. In un
primo momento, dopo aver contestualizzato la tematica, verrà presentato il
percorso diacronico del paradigma anima-corpo, mente-cervello nel pensiero
occidentale. Ci si soffermerà poi, in un
secondo momento, sul concetto di “anima” nel pensiero filosofico
occidentale-cristiano per poi notare l’estrema differenza con i due paradigmi
mente-cervello che imperano nella cultura scientifica contemporanea: il modello
monistico-materialistico delle neuroscienze cognitive e il modello
dualistico-materialistico di gran parte della psicologia contemporanea.
Finalmente il capitolo si chiude con una considerazione sulla riemergenza della
tematica dell’anima nel dibattito culturale attuale e si cercherà di abbozzare
alcune delle prospettive future che si riaprono su tale fronte.
Schema:
I.
INTRODUZIONE ALLA TEMATICA
II. PERCORSO DIACRONICO DEL
PARADIGMA ANIMA-CORPO, MENTE-CERVELLO NEL PENSIERO OCCIDENTALE
- da Ippocrate alla contemporanea
intelligenza artificiale, al funzionalismo, al materialismo eliminativistico,
al dualismo emergentista e alla tendenza odierna del monismo neurobiologico
III. MENTE-CERVELLO NELLA
CULTURA SCIENTIFICO-FILOSOFICA CONTEMPORANEA: DUE PARADIGMI
- modello
monistico-materialistico delle neuroscienze cognitive (Michael S. Gazzaniga)
- modello
dualistico-materialistico della psicologia contemporanea (Legrenzi-Umiltà)
IV.
L’ANIMA NEL PENSIERO FILOSOFICO OCCIDENTALE-CRISTIANO
V. L’(RI)EMERGENZA
DELL’ANIMA NEL DIBATTITO ATTUALE
VI.
LE PROSPETTIVE FUTURE
I.
INTRODUZIONE ALLA TEMATICA
Questo capitolo vuole presentare
l’emergenza del tema dell’anima nel panorama scientifico contemporaneo attraverso
il dibattito sorto intorno al rapporto tra mente e cervello.
In un primo momento, dopo aver
contestualizzato la tematica, tenterò di presentare brevemente, per quanto
possibile, l’intricato percorso diacronico del paradigma anima-corpo,
mente-cervello nel pensiero occidentale.
Mi soffermerò poi, in un secondo
momento, sul concetto di “anima” nel pensiero filosofico occidentale-cristiano
per poi annotarne l’estrema differenza con i due paradigmi mente-cervello che
imperano nella cultura scientifica contemporanea: il modello
monistico-materialistico delle neuroscienze cognitive e il modello
dualistico-materialistico di gran parte della psicologia contemporanea.
Finalmente il capitolo si
chiuderà con una considerazione sulla ri-emergenza della tematica dell’anima
nel dibattito culturale attuale nella quale cercherò di abbozzare alcune delle
prospettive future che si riaprono su tale fronte.
Definiamo e delimitiamo la
problematica che affronteremo. Ci chiediamo due cose: alla luce delle moderne
neuroscienze, l’anima è ancora un problema filosofico degno di interesse? C’è
ancora spazio per lei nella riflessione contemporanea?
Quello dell’anima-corpo,
mente-cervello, potrebbe benissimo essere considerato un tema antico quanto
l’uomo.
Il problema del rapporto tra
anima e corpo, o come lo ridefinisce Max Scheler, aggiungendo alla dimensione
corporale quella vitale e convertendolo nel «rapporto fra l’anima e il
corpo-vivente», costituisce una questione filosofica profonda che per tanti
secoli, dagli albori della filosofia occidentale fin ai suoi sviluppi
contemporanei, non ha mai dato tregua a quel ricercatore della verità che è
l’uomo stesso. Siamo dinnanzi ad «un luogo speciale della filosofia», centrale,
inevitabile, reale a colui che non voglia desistere dallo sforzo di fare
filosofia seria.
Tale rapporto emerge
preponderante nelle diatribe intellettuali dell’antica Grecia. È lo stesso
Eraclito ad affermare il carattere misterioso di quel principio denominato da
Anassagora νοῦς (principio di ordine cosmico) e successivamente da Platone ψυχή
(principio di moto sempiterno) avvertendo, forse per primo nella storia del
pensiero filosofico occidentale, il problema dell’io: «investigai me stesso».
Sintetizzatore emblematico del
rapporto tra anima e corpo è Platone che, nel Fedone, dipinge magistralmente la
profondità di un dilemma che appassiona ed avvince l’uomo di ogni tempo.
Oggigiorno, la questione del rapporto
anima-corpo appare pressoché soppiantata e sostituita dal problema
mente-cervello che nella sua accezione originale, in lingua inglese, viene
denominato: body-mind problem. Tale cambiamento di prospettiva, così fortemente
palpabile attraverso i mezzi di comunicazione sociale, non è che il riflesso
scontato dell’antecedente cambio paradigmatico operato a partire dalla
modernità in ambito filosofico tramite un vero e proprio processo di
naturalizzazione.
Il ruolo caratterizzante
dell’anima quale portatrice delle peculiari e distintive capacità dell’essere
umano: la riflessione su di sé e sul mondo esterno, l’intelligenza e la
coscienza, vengono oggi attribuite al nostro complesso e misterioso organo
corporale: il cervello. Un «lungo processo di naturalizzazione dello spirito»
ha accompagnato il pensiero moderno e appare oggi rafforzato dalle numerose e
sempre più diffuse evidenze sperimentali in ambito neuroscientifico.
Dal XX° secolo con il termine
“neuroscienze” si intende l’insieme eterogeneo di discipline che con metodiche
ed approcci diversificati studiano il sistema nervoso nei suoi differenti
aspetti: morfologici, fisiologici, embriologici, genetici, biochimici,
patologici, psicologici e perfino filosofici.
L’attuale problematicità del tema
anima-corpo, mente-cervello riflette qualcosa di più essenziale: la
problematicità stessa dell’uomo, la questione antropologica.
Nel corso dell’ultima decade si è
assistito ad un sempre maggiore interesse nei confronti dei progressi delle
neuroscienze cognitive, un’intereresse non nuovo, ma sicuramente rinnovato,
anche grazie alla possibilità, offerta dalle moderne e sempre più raffinate
tecniche di neuro-immagine, o più comunemente neuroimmaging, di visualizzare i
processi cerebrali attivi durante le funzioni più complesse dell’essere umano,
dall’esperienza delle emozioni all’apprendimento. Tuttora tali sviluppi
richiedono notevoli approfondimenti interdisciplinari.
Un argomento classico rimasto
nell’ambito prevalentemente ed esclusivamente filosofico per secoli, come il
suddetto problema del rapporto anima-corpo, oggi acquista prospettive nuove
alla luce dei progressi delle conoscenze sul cervello. Tale “rivoluzione
copernicana” appare supportata dai numerosi riferimenti alla letteratura
neuroscientifica che emergono con sempre più frequenza ed abbondanza nelle
pubblicazioni filosofiche contemporanee.
Ora che le indagini neurobiologiche
stanno ridisegnando i confini ed il senso di ciò che è propriamente “umano”,
resta da chiedersi: qual è la visione dell’uomo che emerge nell’epoca
contemporanea e, inoltre, se tale visione sia giustificata razionalmente dalle
evidenze sperimentali di scienze biologiche e psicologiche sempre più
aggressive, oppure, se molto di ciò che si propone non sia soltanto
un’interpretazione, cioè se non ricada in quell’ambito che gli antichi greci
chiamavano δόξα, cioè pura opinione personale.
Affermazioni gratuite e
pubblicistiche quali: “l’anima è nel cervello”, titolo di un best seller in
Spagna e in Italia del controverso Eduardo Punset, “noi siamo il nostro
cervello”, “l’anima non si vede nemmeno con la TAC”, etc., emergono da una
vasta opera di testi e saggi sempre più spesso intrisi di un aperto e
dichiarato riduzionismo naturalistico e materialistico che suona quale lemma
dogmatico: l’anima è morta, al suo posto oggi c’è il cervello. Nel recente libro di David J. Linden, La
mente accidentale, recensito dalla rivista scientifica Nature nel 2007 e
riproposto nel numero del 16 ottobre 2008, si sottotitolava come l’evoluzione
del cervello ci avesse fornito l’amore, la memoria, i sogni e persino, Dio; e
ancora, un’altro saggio di Sandra e Matthew Blakeslee titolava clamorosamente:
Il corpo ha una mente al suo interno: come il corpo mappato nel tuo cervello ti
aiuta a fare (almeno) tutto in modo migliore.
Forse, allora, ha ragione il
filosofo Sandro Nannini quando afferma:
Fra ripensamenti e tortuosi percorsi,
l’ipotesi materialistica e naturalistica ha guadagnato enorme terreno negli
ultimi due secoli: mai come oggi nella storia dell’umanità è sembrato
plausibile che come si può, dopo Darwin, fare a meno di Dio per spiegare la
vita, così si può fare a meno dell’anima per spiegare l’intelligenza.
Una tale visione antropologica
sta oggigiorno ingenerando uno dei dibattiti culturali più premianti, segno di
una profonda insoddisfazione del cuore umano che non demorde a chiedersi tra le
altre cose: se sia giustificata razionalmente l’esclusione dell’anima quale
principio trascendente e costitutivo della realtà “uomo”, distinto, sin
dall’epoca socratica, quale parte irriducibile e diversa per essenza dalla
dimensione materiale e corporale della persona umana; se sia razionalmente
giustificato, se non l’escludere, bensì il ridurre la nozione di “anima”, con
tutto il bagaglio di riflessione e approfondimento che vanta da oltre due
millenni, alla sola sfera immanente della realtà; se una tale visione
naturalistica non elimini e riduca aspetti fondamentali e costitutivi della
persona umana quale unicum tra i viventi, essere dotato sì di biologia e
corporeità, ma che trascende tale situazione con la sua infinita, almeno
potenzialmente, capacità di pensiero, di proiezione di sé, di slancio di
conquista, di desiderio, d’amore.
Il problema dell’anima appare
allora uno dei più contesi e complicati dilemmi della filosofia.
È la natura attribuita al rapporto anima-corpo
che rivela la concezione che si ha dell’anima stessa, ma tale concezione rivela
l’essere profondo di una civiltà: non è indifferente per una cultura avere una
o un’altra concezione di anima, ma essa influenza profondamente, sia la visione
che l’uomo ha di sé, sia il suo agire sociale. Bene lo diceva Cornelio Fabro
quando concludeva:
Così la storia del problema
dell’anima è alla fine la storia della vita stessa dei singoli popoli e delle
diverse culture: con essa la civiltà si eleva, si chiarifica o si abbassa,
perché ogni individuo ed ogni popolo non si può muovere nel suo ambiente e
partecipare alla vita esteriore che muovendo da una definita concezione
dell’essenza dell’uomo che ha nell’anima il proprio atto.
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