La morte non porta a
credere in Dio, smentito il “Catechismo laico” - Uno studio fa crollare un
cavallo di battaglia della propaganda laicista, 22 giugno, 2012, http://www.uccronline.it
Solitamente
le componenti fondamentaliste dell’ateismo militante ritengono che l’educazione
religiosa dei bambini e dei ragazzi sia un plagio, un lavaggio del cervello,
addirittura un virus che gli adulti trasmettono ai loro pargoli e dal quale
essi non potranno più liberarsi. Non si riesce a capire tuttavia come sia
possibile allora che il 99% degli anti-teisti emerga da famiglie cristiane,
dopo aver seguito il catechismo per anni e addirittura dopo aver frequentato il
seminario, come avvenuto per l’imbarazzante Piergiorgio Odifreddi, il più noto
tra questi fondamentalisti.
Occorre
ricordare inoltre che, mentre viene diffusa questa tesi, il sito italiano di
riferimento dei laicisti integralisti (cioè quello dell’UAAR), ha creato il suo
«Anticatechismo per ragazzi: il Piccolo Ateo», con il quale si invitano i
bambini -attraverso una voce narrante che vorrebbe risultare simpatica- a
«difendervi dai preti, dai famigliari e dalle persone che invece vogliono per
forza farvi credere che esiste Dio». Una vera e propria propaganda
dell’ateismo, dai classici e prevedibili contenuti pescati nel vasto repertorio
laicista, molto simile a quanto veniva insegnato durante le ore di “ateismo”
che Joseph Stalin impose alla sua popolazione.
Ipocrisia
a parte (ma siamo abituati), è interessante notare che nel (banalissimo)
“Catechismo per il piccolo ateo” venga affrontato uno dei tanti cavalli di
battaglia: «La paura della morte ci fa illudere che c’è Dio». I bambini dei
figli degli atei vengono indottrinati (se per gli atei il catechismo plagia i
bambini, lo stesso evidentemente fa “l’anti-catechismo”) con frasi come queste:
«Ci sembra impossibile che questa vita così intensa e piena di stimoli, debba
finire improvvisamente e in un modo così crudele e sciocco. E allora ci siamo
inventati dei sistemi per far sembrare la morte meno brutta di com’è. Sono
tutti sistemi illusori, ovviamente, perché nessuno di essi sconfigge davvero la
morte. Però almeno uno ci consola assai e ci fa sperare che la vita può
continuare anche dopo la morte: questo sistema lo abbiamo chiamato “dio”».
A
questi poveri bimbi andrebbe invece fatto notare che anche la morte può essere
“sorella” dell’uomo, come ci ha insegnato San Francesco nel “Cantico dei
Cantici”, ovvero una grande risorsa perché è lo stimolo più efficace per
pensare alla vita, ad interessarsi di essa, al suo senso ultimo. L’approdo a Dio
diventa così l’ultimo passo razionale per chi cerca lealmente ed intensamente
la ragione ultima e adeguata del suo vivere. Come ricorda Sant’Agostino, tutto
quanto viene prima di Dio, infatti, non basta mai alla sete di significato e di
infinito presente misteriosamente in ogni creatura umana. Quindi, certamente la
morte avvicina a Dio perché ci costringe ad affrontare seriamente la ragione
del vivere, e non tanto per cercare una consolazione. Ma non è nemmeno detto
che sia così in modo automatico, dipende sempre dalla libertà dell’uomo.
Infatti,
“L’anti catechismo” viene confutato anche da diverse ricerca psicologiche. Nel
marzo scorso informavamo, ad esempio, di uno studio scientifico dell’University
of Malaya, il quale ha rilevato come le persone religiose (islamiche, in
particolare) temono maggiormente la morte rispetto a quelle non religiose.
Dunque, “inventarsi dio”, come dicono i sacerdoti laicisti, non risulta essere
per nulla utile o efficace. Nel prossimo numero della rivista Personality and Social
Psychology Bulletin, invece, ricercatori americani renderanno pubblici i
risultati di uno studio attraverso il quale dicono di avere smontato «il mito
che gli atei si rivolgano a Dio nei momenti di difficoltà». Infatti, secondo lo
studio, pensare alla morte non rende più propensi a credere in Dio, suggerendo
che il vecchio detto “non ci sono atei in trincea” non regge.
L’UAAR
ovviamente non ha riportato la notizia, anche perché avrebbe dovuto dire ai
suoi maître à penser di modificare “L’ateo-catechismo per bambini”. Raffaele
Carcano avrà il coraggio di dire ai figli dei soci UAAR che, oltre ad essere
stati plagiati da piccoli, sono state a loro inculcate a forza informazioni
scientificamente false?
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