IL CASO/ L' "eroica follia" di Chiara e Gloria: essere madri
vivendo il proprio destino - Monica Mondo, lunedì 18 giugno 2012, http://www.ilsussidiario.net
Di Chiara e Gloria ho presente i
voti, così belli, solari intensi. Così diversi. Magro, lineamenti perfetti,
incorniciato da lunghi capelli castani, quel di Chiara. Più paffuto, sotto il
bruno caschetto sbarazzino, roseo, quello di Gloria. Due ragazze di 28 anni,
due mamme. Le cui storie arrivano come frescura in questi giorni afosi di
giugno, pesanti di crisi, di tragedie, di piccole fatiche quotidiane, perché è
finito un anno pesante, le vacanze chissà, i figli, e insomma, è un tempo in
cui tirare le fila. Invece fili della
loro vita Gloria e Chiara non li hanno
tirati da sé. Gloria è affetta da quando è nata da tetraparesi spastica, una
patologia seguita a un parto travagliato. Essere diventata mamma è un miracolo,
oltre che un raro successo della scienza, il frutto di un amore profondo tra
lei e suo marito, di un’équipe d’eccellenza, quella dell’ospedale di Abano
Terme, soprattutto eccellente in umanità; e della volontà infinita di questa
donnina che accetta serenamente la sua condizione, e per questo la travalica, e
vince; perchè, spiega, non è sola, ha un famiglia solidi che la sostiene, e ora
avrà la sua bambina, che sa bene quanti limiti ha la sua mamma. (chi di noi ne
ha tanta coscienza?). E certo si darà da fare per aiutarla. Pensiamo alle
reazioni normali, alle chiacchiere di strada: che incoscienti, quei due,
mettere al mondo un figlio che vedrà sempre e solo la madre in carrozzina, era
proprio il caso, ce la farà a seguirlo. Mentre Gloria e il papà pensano di dare
alla piccola un fratellino. Guardate il video dell’intervista, cercate sotto
Gloria Bellingegni, ritagliatevi questi dieci minuti. E’ questione di
prospettiva, di posizione umana. Una ristretta, riduttiva, asfittica. Una
spalancata alla vita, alle sue infinite possibilità.
Chiara invece non c’è più. Se né
andata mercoledì scorso, e nella sua parrocchia di Santa Francesca Romana c’era
tanta, tantissima gente, e tutti se ne sono tornati a casa con la commozione in
cuore e una piantina da far crescere a casa, come la speranza che ha sorretto e
portato in cielo questa donna minuta, tenace come una quercia di secoli. Chiara
è stata mamma tre volte: Maria, la primogenita, è vissuta solo tre ore. Davide,
il secondo, poco di più: il tempo di essere abbracciato, battezzato,
accompagnato ad entrare tra gli angeli.
Così, quando è rimasta incinta di Francesco, e ha saputo che un tumore
maligno le rodeva il corpo, Chiara ha fatto come prima, come sempre: ha detto
sì alla vita, e non si è fatta curare, finchè non ha portato a termine la
gravidanza. Come Gianna Beretta Molla.
E come Gianna le cure tardive non
l’hanno salvata, o forse morendo ha dato a noi una possibilità di salvezza,
perché se n’è andata cosciente, serena, di più, felice, e sono parole sue:
“…forse la guarigione in fondo non la voglio, un marito felice e un bambino
sereno senza la mamma rappresentano una testimonianza più grande rispetto ad
una donna che ha superato una malattia. Una testimonianza che potrebbe salvare
tante persone...". Impossibile, ragionando col senso comune. Tornano, anche
se più sommesse, davanti a una bara, davanti al volto luminoso che rimbalza da
facebook, dai passa parola in rete che lo ripropongono ad ogni minuto, perché
il bene contagia, non può tacere. Chiacchiere solite, eppure così ragionevoli:
ma perché mai, che bisogno c’era, e adesso, quel bambino senza madre, che
eroismo sciocco, non si può essere normali… Chiara e suo marito hanno mostrato
una ragione più grande, e la normalità della santità. Anche qui, un’altra
prospettiva. O io faccio da me la mia vita, e quella dei miei figli, o la mia
consistenza è in un Altro. Che della vita è custode, e la fa durare in eterno.
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