MEDICINA/ Come impiantare una valvola cardiaca senza aprire il cuore - Silvia
Maiolo - giovedì 21 giugno 2012, http://www.ilsussidiario.net
Sembra impossibile ma è vero: la
stenosi aortica, che in Italia colpisce oltre il 5% della popolazione sopra gli
80 anni, può essere curata installando una protesi col semplice ausilio di un
catetere.
La stenosi aortica è una patologia
cronica a carico della valvola cardiaca aortica, ossia di quella valvola che
regola il flusso di sangue ossigenato che dal ventricolo sinistro del cuore
viene pompato in tutto il corpo. La malattia è dovuta all’accumulo di depositi
di calcio sulla valvola: col passare del tempo l’apertura della valvola si
restringe e il sangue viene pompato con difficoltà sempre maggiore. Con
l’aggravarsi della patologia (stenosi grave e sintomatica) iniziano poi a
manifestarsi i primi svenimenti e dolori al torace, cui segue un’insufficienza
cardiaca e, nel giro di un paio d’anni, il decesso.
Al giorno d’oggi il trattamento
d’elezione per la sua cura è la sostituzione della valvola per via chirurgica a
cuore aperto, effettuando l’arresto dell’attività cardiaca e attivando la
circolazione extracorporea. Ma che fare se il paziente non è operabile a causa
dell’età avanzata o per la presenza di gravi patologie concomitanti? Al momento
la soluzione sembra essere una soltanto: l’Impianto Transcatetere della Valvola
Aortica (TAVI).
Nei giorni scorsi a Milano è
stata illustrata con chiarezza questa tecnica innovativa messa a punto dal
professor Alain Cribier (dell’Hopitaux de Rouen), uno dei padri della
cardiologia interventistica. All’incontro hanno inoltre preso parte tre fra i
cinque membri del “Gruppo di Lavoro per l’Appropriatezza della TAVI”: un team
di cardiochirurghi e cardiologi interventisti italiani che lavora in sinergia
per promuovere la diffusione della TAVI, diffondendone la conoscenza,
favorendone l’applicazione clinica secondo le più appropriate indicazioni di
intervento e operative ma anche promuovendo studi e ricerche volti ad
avvalorarne la sostenibilità. Ma come funziona esattamente la procedura TAVI?
La protesi è costituita da valvole in tessuto pericardico bovino sostenute da
uno stent (un cilindretto di maglia metallica) compresso e montato su un
catetere con sistema di rilascio.
La protesi può essere introdotta
e impiantata mediante due approcci diversi, raggiungendo la valvola aortica
danneggiata attraverso l’arteria femorale (metodo transfemorale) o, laddove
questo non fosse possibile, per via chirurgica effettuando un piccolo taglio
intercostale e raggiungendo la valvola attraverso l’apice del ventricolo
sinistro (metodo transapicale). Una volta in situ, lo stent si dilata fino a
raggiungere un diametro pari a quello del lume, spingendo i lembi della valvola
danneggiata contro le pareti dell’aorta e sostituendone la funzione.
A dieci anni dal suo primo
intervento TAVI, Alain Cribier ricorda con emozione il momento in cui impiantò
per la prima volta una valvola aortica per via percutanea in un uomo a cui
restava poco da vivere. «Aveva il cuore quasi fermo, una contrattilità cardiaca
bassissima, arterie quasi totalmente chiuse e diverse altre patologie - ricorda
- ma riuscimmo a salvarlo».
Cribier ha dedicato gran parte
della sua vita alla cura delle valvulopatie cardiache, concentrandosi sulla
fascia di età “over 75”. Negli anni Ottanta ha messo a punto la valvuloplastica
(dilatazione del lume tramite un catetere a palloncino), una tecnica innovativa
che si pose come alternativa alla terapia farmacologia nei pazienti più gravi.
Nonostante i risultati incoraggianti, il trattamento mostrava tuttavia benefici
temporanei e limitati.
Proseguendo le sue ricerche,
Cribier è infine arrivato a ideare la TAVI, che fin da subito è stata purtroppo
oggetto di aspre critiche da gran parte della comunità scientifica. Solo nel
2007, quando ha ricevuto il marchio CE in Europa, la tecnica venne
definitivamente approvata. Da allora la sua efficacia e sicurezza sono state
ampiamente dimostrate e oggi sono oltre 50.000 le persone portatrici di una
valvola aortica transcatetere.
I professori Gennaro Santoro,
Pierluigi Stefàno e Paolo Rubino non hanno dubbi: «Il vantaggio fisico e
psicologico per il paziente è evidente: minima invasività, durata
dell’intervento ridotta, rapida dismissione, possibilità di rapido ritorno alle
normali attività quotidiane. La TAVI ha donato una preziosa chance ai pazienti
non candidabili all’intervento chirurgico».
La metodologia è attualmente
oggetto di numerosi studi di confronto con la chirurgia tradizionale. Di
particolare interesse è lo studio “PARTNER”: lo studio non solo ha dimostrato
come la sopravvivenza nei pazienti ad alto rischio sia equivalente con entrambe
le procedure ma ha anche confermato la superiorità della TAVI nei pazienti non
operabili (in oltre il 20% dei casi si ha una riduzione assoluta della
mortalità).
Purtroppo a livello italiano la
situazione non è delle più rosee. Anzitutto solo poche migliaia di italiani
affetti da stenosi aortica grave vengono curati con appropriatezza, a fronte di
un numero di potenziali candidati all’intervento che si aggira sui 15-20.000.
«Inoltre - aggiungono i tre professori - c’è una mancanza di equità nell’accesso
alla TAVI tra cittadini delle varie Regioni: diversamente da quanto accade nei
principali Paesi Europei, non esiste una tariffa di rimborso, un DRG, e solo
alcune Regioni hanno messo in atto un’adeguata pianificazione, definendo anche
una tariffa per la prestazione».
«La TAVI ha rivoluzionato il modo
di curare la stenosi aortica – concludono - La nostra speranza è che la
procedura prenda piede sempre più, fino a diventare il nuovo standard
terapeutico per tutti i malati non operabili».
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