Bimbo in coma,
risarcito con uno stipendio - Il Burlo di Trieste pagherà 1.500 euro al mese a
un friulano per un’operazione sbagliata. L’avvocato: caso unico, di Maura Delle
Case, 25 giugno 2012, http://messaggeroveneto.gelocal.it
UDINE.
Aveva solo un anno e mezzo il piccolo Alessio (un nome di fantasia) quando in
coda al 2007 finiva in sala operatoria a causa di un ascesso retrofaringeo, un
accumulo di pus nella zona posteriore della gola che gli impediva di deglutire
e respirare bene e che dunque doveva essere rimosso. Qualcosa però, in
quell’intervento potenzialmente banale, è andato storto e l’operazione, che
doveva restituire ad Alessio una vita normale, si è invece trasformata in una
tragedia.
Dalla
sala operatoria dell’ospedale Burlo Garofolo di Trieste, il piccolo è uscito in
stato vegetativo permanente e da allora – oggi ha sei anni – non può né
muoversi né parlare. Per la giustizia si è trattato di un errore medico.
Così
ha stabilito il tribunale civile di Trieste con una sentenza (come riferisce il
Corriere della sera di ieri), depositata il 29 maggio e notificata alle parti
all’inizio del mese di giugno, che è destinata a fare giurisprudenza (e
discutere) perché il giudice del foro giuliano, Riccardo Merluzzi, ha
condannato il Burlo Garofolo di Trieste a versare al piccolo Alessio, a titolo
di danno patrimoniale, 1.500 euro al mese sotto forma di rendita vitalizia. Ciò
a decorrere dal venticinquesimo anno d’età, vale a dire da quando, in media, i
giovani italiani sono in grado di mantenersi autonomamente.
Quando
taglierà il traguardo del quarto di secolo, il giovane friulano (la famiglia
risiede in provincia di Udine) non potrà invece provvedere a se stesso per
colpa dell’errore medico, certezza, questa, che ha indotto il giudice a
proiettare il risarcimento nel futuro, garantendo al piccolo una somma di 1.500
euro al mese, che vuol essere nella sostanza sostitutiva dello stipendio e poi
della pensione.
Il
tribunale ha pure riconosciuto un cospicuo danno non patrimoniale alla famiglia
(dovendo questa farsi carico dell’onere di garantire continua assistenza al
figlio), quantificato in 2,5 milioni di euro, che verranno liquidati in una
soluzione unica salvo per i 250 mila euro già anticipati.
Tornando
all’inedita sentenza, questa arriva al termine di un’accurata attività
d’indagine mirata a ricostruire l’accaduto e a verificare l’esistenza o meno di
un errore da parte dei medici. Errore che, secondo l’esperto di medicina legale
e rianimazione cui si è affidato il giudice del foro di Trieste, c’è stato e
sarebbe da imputarsi alla «condotta colposa dell’anestesista» il quale «ha
proceduto alla precoce rimozione del tubo tracheale al termine delle manovre
chirurgiche senza valutare appieno la complessità e i rischi della situazione».
Il
sangue, a causa dell’errore, non sarebbe arrivato al cervello del piccolo,
causandogli danni permanenti. Danni che ad Alessio non consentono più di
parlare, camminare e vedere. Danni che hanno spinto il giudice a dar forma a
una sentenza che costituisce un importante precedente in casi come questo.
Alessio
è in pectore il primo italiano in stato vegetativo al quale sia stato
riconosciuto uno “stipendio” a vita. Per la sua famiglia, che si è battuta per
avere giustizia, la sentenza ha anzitutto un alto valore simbolico, come ha
chiarito il legale Matteo Mion: «Hanno lottato per avere la verità e questo è
più importante del denaro», ha dichiarato l’avvocato dei genitori di Alessio
definendo la decisione del giudice «illuminata».
«Non
tanto – ha aggiunto – per l’entità del risarcimento, ma per la decisione sulla
rendita, anche se viene a lenire una situazione che purtroppo resta tragica. È
la prima volta – ha concluso Mion – che un giudice decide di liquidare un
vitalizio per l’impossibilità futura di lavorare».
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