PERCHÈ NON SIAMO IL NOSTRO CERVELLO (III) - Dopo aver analizzato, la
settimana scorsa, la Prefazione del libro di Alva Nöe Perchè non siamo il
nostro cervello. Una teoria radicale della coscienza (Raffaello Cortina, Milano
2010) [1], oggi vi espongo la sintesi del primo capitolo: UN’IPOTESI
SORPRENDENTE. - Alberto Carrara, http://acarrara.blogspot.it
La struttura del capitolo si
articola in diversi titoletti che lo suddividono in paragrafi, scorrevoli alla
lettura.
Nell’ordine sono:
· La coscienza è come il denaro
· Siamo il nostro cervello?
· Un’ipotesi davvero sorprendente
· Questioni terminologiche e una
riformulazione della tesi
· L’uomo con due cervelli
· La coscienza in una capsula di Petri?
· Prendere il problema sul serio
· Guardare nella testa
· La nuova frenologia?
· Conclusione: non siamo il nostro
cervello.
Andiamo subito al nocciolo del
capitolo e sentiamo cosa vuol dirci l’autore:
«La ricerca empirica sulla
coscienza e la natura umana dà per scontato che il problema, per la scienza,
consista nel comprendere come la coscienza sorga nel cervello. Che la coscienza
sorga nel cervello è cosa fuori discussione. Nel frattempo procediamo a tentoni
nello sforzo di comprendere ciò che siamo» [2].
Ecco la problematica: si parte da
un’assunzione, da un presupposto non provato empiricamente, tutta la ricerca lo
assume come “dogma” e gli sforzi sono numerosi ed ingenti in ambito
neuroscientifico per districare i misteri della mente e della coscienza
individuale.
L’autore, Alva Nöe, lungo il
capitolo si domanda se la capacità di spiegare la coscienza e la mente che oggi
abbiamo non sia dovuta, in gran parte, «alle assunzioni che diamo per scontate»
[3].
Interessanti affermazioni
riguardano:
· Il parallellismo coscienza-denaro:
«Forse la coscienza è come il denaro. La mia coscienza... dipende non solo da
ciò che succede nel mio cervello, ma anche dalla mia storia e dalla mia attuale
posizione nel mondo nonché dalla mia interazione con esso» [4], questa evidenza
mi ricorda tanto uno dei miei filosofi favoriti, Max Scheler che espone questo
dato esistenziale nella sua opera La posizione dell’uomo nel cosmo
· Bisogna sfatare la concezione
“gastrica” della coscienza che certi neuroscienziati propongono, sostituendo un
mistero con un altro: l’idea che la coscienza accada nel cervello come la
digestione nello stomaco non regge, non è esplicativa della realtà dei fatti
[5]
· Viene riproposta l’IPOTESI dell’autore:
«il soggetto dell’esperienza non è una parte del nostro corpo. Noi non siamo il
nostro cervello. Il nostro cervello, piuttosto, è una parte di ciò che noi
siamo» [6]
· Nel capitolo primo si ritrovano anche
una serie di definizioni che l’autore anticipa per chiarire la terminologia che
adotta:
§
COSCIENZA = ESPERIENZA (p. 8)
§
STATI DI COSCIENZA (p. 9)
§
COSCIENZA D’ACCESSO (p. 9)
§
COSCIENZA FENOMENICA (p. 9)
§
SINDROME A CHIAVISTELLO (p. 16-17)
§
STATI VEGETATIVI (p.19).
Interessante ciò che l’autore
sottolinea al concludere ed anticipare lo sviluppo dei seguenti capitoli:
«Nel resto del libro cercherò di
mostrare che il cervello non è il luogo in cui risiede la coscienza, perché la
coscienza non è qualcosa che ha luogo dentro di noi. La coscienza non è
qualcosa che accade al nostro interno; è qualcosa che facciamo, attivamente, in
un’interazione dinamica con il mondo che ci circonda. Il cervello... è certo
decisivo per comprendere come funzioniamo... se vogliamo capire come il
cervello contribuisca alla coscienza dobbiamo guardare al lavoro che esso fa in
relazione con le altre parti del corpo e con l’ambiente nel quale ci troviamo»
[7].
Si rievoca l’apertura
contemporanea al concetto di “mente estesa” da reintegrare nella complessità e
multistratificazione della persona umana.
La tesi di questo libro è
sostanzialmente quella di “aprire gli orizzonti” per una comprensione della
coscienza umana che consideri il cervello un elemento importante, ma non
esclusivo (p. 10).
[1] Cf. Alva Nöe, Perchè non
siamo il nostro cervello. Una teoria radicale della coscienza, Cortina, Milano
2010.
[2] Ibid., 25.
[3] Ibid., 25.
[4] Ibid., 4.
[5] Ibid., 7.
[6] Ibid., 8.
[7] Ibid., 25.
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