IL CASO/ Per battere l’"amore" di Repubblica bastano dei
bigodini e un tubetto di dentifricio di Monica Mondo, giovedì 14 giugno 2012, http://www.ilsussidiario.net/
Meno male che una coppia di
sociologi (Inglesi? Americani? Tedeschi? Non lo si dice, non lo sappiamo)
Ulrich Beck ed Elisabeth Geirsham, molto prossimi, perché insieme vivono e
scrivono libri, ci spiega che l’amore a distanza è meglio di quello di prossimità.
Non ne potevamo più del marito che russa e della moglie con i bigodini a letto.
E meno male che la Repubblica delle Idee (ci fanno su una quattro giorni a
Bologna, da non perdere) a firma autorevole di Concita De Gregorio, ce ne
illustra il succo, in un’agile sintesi di tre pagine.
Analisi della realtà: la
globalizzazione ci cambia, nelle relazioni, nei confini della famiglia e degli
affetti. Positivo, se significa che una ragazza iraniana può sposarsi un
inglese, e sperare di non passare una vita da schiava. Se un ragazzo sudanese
può andare a studiare alla New York University, o un americano riesce ad aprire
un bar su una spiaggia delle Figi. Negativo, se la mamma di Capoverde che fa la
tata ai nostri bambini ha dovuto abbandonare il suo, di bambino. Se dimentichi
con la distanza chi sono i tuoi nonni, i tuoi zii e cugini. Però, nel computo
finale costi-benefici il vantaggio dell’amore a distanza vince: perché è un
amore immaginato, ci vien detto. Evita quei fastidi comuni tipo il tubo del
dentifricio spiaccicato, i calzini in disordine, l’alternativa sushi-hamburger
con maionese. Evita di confrontarsi con la suocera. Di condividere i pesi e le
gioie della quotidianità. Via web incontri il lui/lei ideale, te la meni
scambiandoti video e hobbies, illustri desideri, progetti. Nessun impegno,
nessuna fatica, niente sesso. “Perché per starmi vicino devi stare lontano”. Ci
sono sempre alla peggio gli “amici di letto”, si chiamano così pare, per il
sesso, e se la storia va avanti puoi sempre farti spedire una provvida provetta
di spermatozoi. L’amore di prossimità mostra un’elevata capacità di
ottundimento, è noioso e inflaccidisce. L’amore a distanza è estraniante,
incide sul servizio sanitario nazionale, perché vuoi mettere “l’accudimento in
età avanzata” dell’uno o l’altro partner di una coppia. Dopo un po’ l’artrosi
ti inibisce il mouse, la vista sdoppia le icone e il cervello rallenta le
reazioni emotive via internet. Sinceramente, i coniugi Beck-Gersheim non
prendono posizione, né lo fa Repubblica, palestra del libero pensiero. Diciamo
che il punto finale del servizio casca su affermazioni tipo: “L’amore vero è
quello immaginario, che si svolge nella testa… scatena la fantasia… incrementa
il romanticismo… genera disinibizione…”.
Ma proprio mettere sullo stesso
piano le due posizioni umane è una scelta: perché non sono paragonabili.
L’amore è carne, materia. E’ perdersi in un cielo stellato perché ricorda
quegli occhi, che non vedi l’ora di incrociare da vivo, e di baciare. L’amore
per una donna, un uomo, un figlio, per la famiglia. Che non è sostituibile
dalla “rete”. Ci vuole una rete di affetti che sappia abbracciare la tua
miseria e la tua solitudine. Che sappia volerti bene così come sei, come ti si
vede e tocca. Reale, non virtuale. Tu, proprio tu. E’ la sfida della persona
sulla moltitudine. Dell’individuo sull’individualismo.
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