FECONDAZIONE ASSISTITA UN AMPIO STUDIO AUSTRALIANO FA IL PUNTO SU UN
TEMA CONTROVERSO - Un bimbo «in provetta» rischia più malformazioni? - Villa
Roberta, 3 giugno 2012 - Corriere della Sera, http://archiviostorico.corriere.it
La percentuale più alta di
anomalie del feto con la procreazione artificiale, può essere ricondotta anche
all' età più avanzata delle madri Maternità Una ricerca su grandi numeri per un
dubbio che crea molta ansia Un aumento c' è, ma può non dipendere dalla
procedura Counselling In Italia la legge impone di fornire informazioni
adeguate per orientare la coppia Vere cause I problemi spesso nascono non dalle
tecniche usate, ma dai motivi che portano a ricorrervi
Un timore aleggia su chi si
sottopone ai lunghi e impegnativi trattamenti necessari per la procreazione
assistita: «e se, dopo tutto questo, mio figlio avesse dei problemi? E se mi
trovassi davanti al dilemma se interrompere o no una gravidanza dopo averla
tanto cercata?». Gli aspiranti genitori in genere vengono avvertiti prima di
intraprendere questo percorso del fatto che un leggero aumento del rischio di
malformazioni tra i bambini concepiti con i metodi di procreazione assistita è
segnalato da tempo (e in Italia la legge 40 sulla procreazione assistita impone
l' obbligo del counselling, cioè di fornire informazioni adeguate per
«orientare» la coppia). Ma i dati in materia finora erano discordanti, anche se
i risultati nei Paesi in cui il sistema dei registri funziona da decenni erano,
tutto sommato, rassicuranti. A chiarire la situazione viene ora un grande
studio, condotto in Australia e pubblicato sul prestigioso The New England
Journal of Medicine. I ricercatori guidati da Michael Davies, del Robinson
Institute di Adelaide, grazie ai registri presenti nel loro Paese, hanno potuto
prendere in considerazione praticamente tutte le nascite, oltre 300 mila, e le
interruzioni di gravidanza che si sono verificate dal gennaio 1986 al dicembre
2002 in una popolazione di 1,6 milioni di abitanti. Hanno quindi messo a
confronto il numero di malformazioni che hanno portato a interrompere la
gravidanza, o che si sono manifestate alla nascita, o nei primi cinque anni di
vita del bambino, in diversi gruppi di donne: quelle che hanno concepito con le
diverse tecniche di procreazione assistita e quelle rimaste incinte
naturalmente, e tra queste ultime quelle che avevano avuto altre gravidanze con
la fecondazione artificiale o che avevano lamentato problemi di infertilità, ma
non si erano sottoposte a trattamenti. Al termine del lavoro i ricercatori sono
giunti alla conclusione che, in effetti, le probabilità di avere un figlio con
malformazioni congenite di vario tipo aumentano quando si ricorre alla
fecondazione assistita. Si verificano, infatti, in media nell' 8,3% dei casi,
contro il 5,8% registrato tra i bambini concepiti naturalmente. L' aumento del
rischio riguarda le paralisi cerebrali e le anomalie cardiache, dell' apparato
muscolo-scheletrico, gastroenterico o genito-urinario, mentre non si è
registrata una maggiore frequenza di sindromi di Down. Ma attenzione, precisano
gli australiani: se si tiene conto di tutta una serie di caratteristiche
materne, la differenza tra il numero di malformazioni nelle gravidanze in
provetta e quelle spontanee la valutazione cambia per molte delle metodiche di
fecondazione assistita. Per esempio, la differenza tra rischio di malformazioni
in gravidanza assistita o naturale scende parecchio per la fecondazione in
vitro (Ivf o Fivet). È emerso, infatti, che il rischio di malformazioni dopo
fecondazione assistita si avvicina a quello naturale se si tiene conto dell'
età delle donne che si rivolgono a un centro specializzato, età che mediamente
è avanzata, e se si tiene conto anche della presenza di fattori e patologie che
sono proprio quelli che hanno portato alla necessità di rivolgersi alla
fecondazione assistita. I ricercatori australiani segnalano, però, che restano
due importanti eccezioni, per le quali il rischio malformazioni rimane comunque
più alto rispetto a quello con concepimento naturale. La prima eccezione
riguarda una delle pratiche più avanzate: l' Icsi, cioè l' iniezione nella
cellula uovo dello spermatozoo (che viene utilizzata nei casi più gravi di
infertilità maschile) con la quale il rischio di malformazioni è risultato
passare dal 5,8% delle gravidanze naturali al 9,9%. L' aumento di anomalie è
molto probabilmente correlato al l' infertilità maschile e quindi alla
necessità di ricorrere a questo sistema, ma forse anche, almeno in parte, a
limiti intrinseci al metodo, che dipende più degli altri dall' intervento del
tecnico. In questo caso viene infatti a mancare la competizione naturale tra
gli spermatozoi che cercano di penetrare nell' uovo: è l' operatore a
sceglierne uno da inserire, e può fare la scelta sbagliata «In Italia, negli
ultimi anni - sottolinea Carlo Flamigni, uno dei pionieri della riproduzione
assistita nel nostro Paese - si è assistito a un vertiginoso aumento del
ricorso all' Icsi, che non si giustifica solo con il numero dei casi di
infertilità maschile. Ma l' Icsi è un tecnica delicata, da maneggiare con molta
cura, e che andrebbe riservata solo ai casi in cui è davvero necessaria». L'
altra eccezione riguarda il primo passo che spesso compie una donna che non
riesce a rimanere incinta: l' assunzione, a casa propria, di un farmaco che
stimola l' ovulazione, il clomifene citrato: se il farmaco viene assunto con
modalità e dosi inappropriate, dicono gli autori della ricerca, può arrivare a
triplicare il rischio di malformazioni. «Anche da noi è un farmaco che spesso
viene prescritto con una certa leggerezza dai ginecologi "per dare un
aiutino" alle coppie, - puntualizza Paolo Emanuele Levi Setti, presidente
della Società italiana di fertilità e sterilità e medicina della riproduzione e
responsabile del Dipartimento di ginecologia e Medicina della riproduzione
dell' Istituto Clinico Humanitas di Milano - mentre andrebbe somministrato solo
in caso di reale bisogno e sotto stretto controllo medico. Altrimenti può
risultare pericoloso e controproducente». Ultimo punto toccato dalla ricerca
australiana: il congelamento degli embrioni, che in Italia la legge 40 sulla
procreazione assistita proibisce. Secondo i ricercatori australiani, le
gravidanze ottenute da embrioni congelati sono a minor rischio. «Probabilmente
perché solo gli embrioni più sani sopravvivono alla conservazione al freddo» è
la loro spiegazione. E nelle gravidanze con embrioni congelati dopo Icsi l'
aumento di malformazioni non è maggiore e quindi non sembrerebbe dipendere
dalla tecnica (l' Icsi) impiegata. In conclusione, allora: sono le tecniche di
procreazione assistita, o quanto meno alcune di esse, a favorire le
malformazioni? Oppure il maggior rischio che le malformazioni si verifichino
dipende dalle stesse condizioni che hanno portato la coppia dal medico? Secondo
i ricercatori australiani, la seconda risposta sarebbe quella più corretta. E
non solo per le ragioni riportate prima, «ma anche perché - aggiungono - dai
nostri dati emerge che tra le donne che hanno concepito spontaneamente, ma in
passato avevano avuto problemi di infertilità, la percentuale di anomalie tende
ad aumentare». Segno, dicono, che le radici del problema, ovvero il maggior
numero di malformazioni, sarebbero «a monte» dei trattamenti. RIPRODUZIONE
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