I nostri tabù impronunciabili - Autore: Giuliano Guzzo, 11 giu 2012, http://www.libertaepersona.org
Gli articoli di Pigi Battista –
assieme a quelli di Piero Ostellino ed Ernesto Galli della Loggia – di solito
rappresentano, almeno per me, una buona ragione per leggere il quotidiano di
Via Solferino. Nella sua odierna tirata sulle unioni civili, tuttavia, non
riesco a seguire il ragionamento del pur bravo giornalista. Battista, infatti,
sembra infastidito dal fatto che «a differenza di ciò che avviene in molte
altre nazioni, in Italia lo scontro sulle coppie di fatto, e sul riconoscimento
delle coppie gay in particolare» rappresenti «una linea divisoria molto forte
che separa i due schieramenti», con la conseguenza che da noi «le coppie gay»
sarebbero «quasi un tabù impronunciabile» (Corriere della Sera, 11/6/2012, p.
11). Non sono d’accordo e penso che i tabù impronunciabili, in Italia, siano
ben altri. Tanto per cominciare la famiglia, che – a differenza di quanto
stabilisce la Costituzione all’articolo 29 – non pare sia abbastanza
“riconosciuta”, anzi: l’Italia spende in politiche familiari appena 1,4% del
Pil, mentre nell’OCSE in media si spende il 2.2%. Un altro tabù è il figlio,
come dimostra un tasso di fecondità (1,4 figli per donna) che ci colloca ben al
di sotto del tasso di sostituzione (2,1) e che, se non cambieranno le cose –
come ha rivelato uno studioso britannico al quotidiano fondato da Antonio
Gramsci – nei prossimi anni ci vedrà perdere «l’86% della popolazione»
(L’Unità, 15/4/2010). Il terzo tema tabù – ma ce ne sarebbero molti altri – è
strettamente correlato al primo e riguarda la maternità, assai poco tutelata
dalle nostre parti. Famiglia, figli e maternità, dunque: sono questi i veri
temi sui quali siamo in ritardo, caro Battista. Parecchio in ritardo.
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