Nubi artificiali e super semi - Idee per salvare il mondo - I sedici
progetti più sensati secondo un gruppo di scienziati e quattro premi Nobel da
realizzare con 75 miliardi, 5 giugno 2012, http://www.corriere.it
E se stabilissimo che i maggiori
agenti inquinanti del pianeta sono la povertà e la miseria? Che se un contadino
del Terzo mondo ha freddo taglierà anche l'ultimo albero? Che se i suoi figli
hanno fame disboscherà un pezzo di foresta per coltivare? Che l'indigenza e
l'ignoranza nelle quali sono costrette milioni di persone non permettono loro
nemmeno di immaginare cosa sia il rispetto dell'ambiente? Non difenderemmo i
grandi inquinatori, gli aggressori scriteriati delle risorse: sono già,
giustamente, messi sotto accusa ogni giorno. Forse però faremmo un passo avanti
in direzione della razionalità. Perché essere «verdi», anche in occasione del World
Environment Day delle Nazioni Unite, non può non significare andare oltre la
buona volontà: si tratta anche di essere efficienti.
APPROCCIO DIVERSO - Un approccio
diverso dal solito ai problemi planetari ha scelto di seguirlo il progetto ,
un'iniziativa portata avanti dall'«ambientalista scettico» (dal titolo di un
suo famoso libro) Bjørn Lomborg. Un gruppo di lavoro di scienziati si è in
sostanza chiesto cosa sarebbe razionale fare se si potessero spendere 75
miliardi di dollari in quattro anni: cioè quali interventi sarebbe sensato
effettuare in termini di costi/benefici. I risultati forniscono una mappa
possibile per interventi efficaci. Gli esperti, tra i quali quattro premi
Nobel, hanno stabilito che il modo più efficace di usare il denaro a disposizione
è investire sei miliardi l'anno in progetti di micronutrizione e interventi
contro la malaria, la tubercolosi e i vermi nei bambini; due miliardi nella
ricerca finalizzata a incrementare i rendimenti delle coltivazioni,
fondamentale per fermare la deforestazione; un miliardo per mettere in opera
sistemi di allarme contro i disastri naturali; un miliardo per la ricerca
geo-ingegneristica allo scopo di abbassare nel breve periodo il
surriscaldamento globale (nubi artificiali sul Pacifico e altro); e così via
per progetti di sanità e di educazione fino a una spesa annua di 18,75 miliardi
di dollari.
DIECI GRANDI PROBLEMI - Un
approccio umile, poco sexy per convegni e conferenze internazionali, ma
probabilmente utile a quelle organizzazioni pubbliche e private che cercano,
con i loro interventi integrati su ambiente-salute-educazione-povertà, di fare
davvero la differenza. Per arrivare alle sue conclusioni, il Copenhagen
Consensus ha incaricato una serie di scienziati internazionali di preparare
documenti su dieci grandi problemi dell'umanità. E di stilare una serie di
proposte (ne sono uscite 39) con relativi costi. Questi paper di studio sono
poi stati «sfidati» da contro-tesi di altri scienziati. Dopo 18 mesi di lavoro,
un panel di esperti - i quattro premi Nobel Robert Mundell, Vernon Smith, Finn
Kydland, Thomas Schelling e l'economista Nancy Stokey - ha valutato i progetti
e stilato la classifica dei sedici interventi raccomandati.
RISULTATI - Lomborg sostiene che
quello che si sta facendo per l'ambiente spesso non produce risultati perché ha
vizi di fondo per così dire ideologici. E fa l'esempio dei cambiamenti
climatici. Ha senso che la Germania, cioè il maggior consumatore procapite di
energia solare, abbia investito 130 miliardi di dollari in sovvenzioni per
produrre l'equivalente di 12 miliardi di energia? È evidente che in questo modo
non si va da nessuna parte (Angela Merkel, infatti, deve rivedere le sue
politiche). Piuttosto - dice l'«ambientalista scettico» - sarebbe il caso di
investire seriamente nella ricerca di tecnologie solari e del vento molto più
efficienti. Inoltre - sostiene - il surriscaldamento globale non è la crisi
ambientale più urgente al mondo. Anzi. Tra l'inizio del 1900 e oggi i tassi di
mortalità dovuti ad allagamenti, siccità, uragani sono crollati di oltre il 90
per cento. Oggi solo lo 0,06 per cento delle morti nei Paesi in via di sviluppo
è dovuto a fattori climatici estremi. In confronto, almeno il sette per cento
delle morti deriva dall'inquinamento: dell'aria delle città, ma soprattutto da
ciò che si respira nelle case dove per cucinare, riscaldare e fare luce si
usano residui di coltivazioni o legna. Altrettante morti derivano dall'acqua
inquinata. È ridurre la povertà il primo modo per migliorare l'ambiente.
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