mercoledì 6 giugno 2012


Nubi artificiali e super semi - Idee per salvare il mondo - I sedici progetti più sensati secondo un gruppo di scienziati e quattro premi Nobel da realizzare con 75 miliardi, 5 giugno 2012, http://www.corriere.it

E se stabilissimo che i maggiori agenti inquinanti del pianeta sono la povertà e la miseria? Che se un contadino del Terzo mondo ha freddo taglierà anche l'ultimo albero? Che se i suoi figli hanno fame disboscherà un pezzo di foresta per coltivare? Che l'indigenza e l'ignoranza nelle quali sono costrette milioni di persone non permettono loro nemmeno di immaginare cosa sia il rispetto dell'ambiente? Non difenderemmo i grandi inquinatori, gli aggressori scriteriati delle risorse: sono già, giustamente, messi sotto accusa ogni giorno. Forse però faremmo un passo avanti in direzione della razionalità. Perché essere «verdi», anche in occasione del World Environment Day delle Nazioni Unite, non può non significare andare oltre la buona volontà: si tratta anche di essere efficienti.

APPROCCIO DIVERSO - Un approccio diverso dal solito ai problemi planetari ha scelto di seguirlo il progetto , un'iniziativa portata avanti dall'«ambientalista scettico» (dal titolo di un suo famoso libro) Bjørn Lomborg. Un gruppo di lavoro di scienziati si è in sostanza chiesto cosa sarebbe razionale fare se si potessero spendere 75 miliardi di dollari in quattro anni: cioè quali interventi sarebbe sensato effettuare in termini di costi/benefici. I risultati forniscono una mappa possibile per interventi efficaci. Gli esperti, tra i quali quattro premi Nobel, hanno stabilito che il modo più efficace di usare il denaro a disposizione è investire sei miliardi l'anno in progetti di micronutrizione e interventi contro la malaria, la tubercolosi e i vermi nei bambini; due miliardi nella ricerca finalizzata a incrementare i rendimenti delle coltivazioni, fondamentale per fermare la deforestazione; un miliardo per mettere in opera sistemi di allarme contro i disastri naturali; un miliardo per la ricerca geo-ingegneristica allo scopo di abbassare nel breve periodo il surriscaldamento globale (nubi artificiali sul Pacifico e altro); e così via per progetti di sanità e di educazione fino a una spesa annua di 18,75 miliardi di dollari.

DIECI GRANDI PROBLEMI - Un approccio umile, poco sexy per convegni e conferenze internazionali, ma probabilmente utile a quelle organizzazioni pubbliche e private che cercano, con i loro interventi integrati su ambiente-salute-educazione-povertà, di fare davvero la differenza. Per arrivare alle sue conclusioni, il Copenhagen Consensus ha incaricato una serie di scienziati internazionali di preparare documenti su dieci grandi problemi dell'umanità. E di stilare una serie di proposte (ne sono uscite 39) con relativi costi. Questi paper di studio sono poi stati «sfidati» da contro-tesi di altri scienziati. Dopo 18 mesi di lavoro, un panel di esperti - i quattro premi Nobel Robert Mundell, Vernon Smith, Finn Kydland, Thomas Schelling e l'economista Nancy Stokey - ha valutato i progetti e stilato la classifica dei sedici interventi raccomandati.

RISULTATI - Lomborg sostiene che quello che si sta facendo per l'ambiente spesso non produce risultati perché ha vizi di fondo per così dire ideologici. E fa l'esempio dei cambiamenti climatici. Ha senso che la Germania, cioè il maggior consumatore procapite di energia solare, abbia investito 130 miliardi di dollari in sovvenzioni per produrre l'equivalente di 12 miliardi di energia? È evidente che in questo modo non si va da nessuna parte (Angela Merkel, infatti, deve rivedere le sue politiche). Piuttosto - dice l'«ambientalista scettico» - sarebbe il caso di investire seriamente nella ricerca di tecnologie solari e del vento molto più efficienti. Inoltre - sostiene - il surriscaldamento globale non è la crisi ambientale più urgente al mondo. Anzi. Tra l'inizio del 1900 e oggi i tassi di mortalità dovuti ad allagamenti, siccità, uragani sono crollati di oltre il 90 per cento. Oggi solo lo 0,06 per cento delle morti nei Paesi in via di sviluppo è dovuto a fattori climatici estremi. In confronto, almeno il sette per cento delle morti deriva dall'inquinamento: dell'aria delle città, ma soprattutto da ciò che si respira nelle case dove per cucinare, riscaldare e fare luce si usano residui di coltivazioni o legna. Altrettante morti derivano dall'acqua inquinata. È ridurre la povertà il primo modo per migliorare l'ambiente.

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