Più creativi con il calcolo genetico di Roberto Manzocco, 03 giugno
2012, http://www.ilsole24ore.com/
Accentuare la componente creativa
dell'ingegneria, ispirandosi alle leggi dell'evoluzione e al darwinismo. È
questa la sfida affrontata negli ultimi anni da tale disciplina applicativa,
anche grazie all'avvento di uno strumento concettuale molto innovativo: gli
algoritmi genetici. Ma che cos'è un algoritmo genetico? Si tratta di
un'euristica, cioè un metodo (in questo caso di tipo computazionale) che può
essere utilizzato per simulare al computer progetti di ogni tipo, dalle
automobili ai treni, dalle navi agli aerei, dalle scarpe da ginnastica alle
lavatrici, dall'ottimizzazione dei consumi energetici alle tecnologie biotech.
In particolare, gli algoritmi possono essere impiegati allo scopo di
ottimizzare un dato progetto, valutando tutte le alternative e scegliendo la
migliore (per esempio, si possono simulare tutti i design possibili di un'ala
d'aereo, scegliendo quello migliore in termini di costi e di prestazioni).
Facciamo un passo indietro. Tutto
inizia con John Henry Holland, dell'Università del Michigan che, nel 1975,
pubblica un saggio fondamentale, «Adaptation in natural and artificial
systems». L'idea proposta da Holland, e poi sviluppata da David Goldberg,
dell'Università dell'Illinois tra i massimi esperti mondiali di questo tema, è
quella di una procedura di calcolo (un algoritmo, appunto) per realizzare
simulazioni di ogni genere e ispirata all'evoluzionismo darwiniano. Dato un
determinato progetto che presenti uno o più nodi problematici, si possono
generare migliaia di soluzioni potenziali (sotto forma di un insieme di
stringhe in codice binario, ma sono possibili anche altri metodi). In sostanza
è una rappresentazione genetica di tali soluzioni, che le tratta (in senso
metaforico) come genomi individuali. E proprio la scorsa settimana Trieste ha
ospitato – nel corso dell'edizione 2012 del «modeFrontier users' meeting»
organizzato dalla società Esteco – David Goldberg, che è anche consulente del
Governo americano per la riforma universitaria per il quale «il ruolo della
comunicazione, della filosofia e della creatività è essenziale per la soluzione
dei problemi, e in particolare di quelli ingegneristici». Per dirla con Carlo
Poloni, presidente Esteco, si tratta di «una metafora di gestione che
interpreta in termini di causa-effetto i problemi che possono sorgere in campi
diversi». Fatto questo, si sceglie una «funzione di fitness» – un criterio di
selezione, stabilito in base alle esigenze progettuali – e la giostra
darwiniana può partire. Si sottopone quindi l'insieme delle soluzioni potenziali
a tutta la trafila dell'evoluzione biologica: mutazioni casuali, selezione,
riproduzione e incrocio degli "individui" (cioè le singole soluzioni)
così generati. Tutto questo fino a quando non raggiungiamo una soluzione che ci
soddisfi (come un'ala d'aereo che contenga la miglior combinazione di
robustezza e basso costo).
Insomma, se l'intervento
triestino di Goldberg – un "manifesto" per la riforma
dell'insegnamento accademico delle discipline ingegneristiche, che incoraggi la
creatività e magari introduca materie "soft", cioè di tipo
umanistico, nel loro curriculum di studio – può sembrare scollegato dalle
tematiche più squisitamente progettuali, esso in realtà rappresenta proprio lo
spirito che anima l'uso degli algoritmi genetici in ambito ingegneristico.
I lavori di Holland prima, e di
Goldberg poi, si inseriscono infatti in un ampio settore di ricerca noto come
«creatività computazionale»; ossia il tentativo di conferire alle macchine
capacità creative analoghe a quelle umane o, al contrario, di renderle in grado
di potenziare la creatività umana senza essere esse stesse creative. Per fare
un esempio concreto: modeFrontier, il software sviluppato da Poloni, funziona
proprio così, cioè, a prescindere dall'ambito in cui stiamo lavorando
(aerospaziale, energetico, automobilistico, e così via), esso rappresenta e
seleziona tutte le soluzioni possibili fino a raggiungere la cosiddetta
«frontiera di Pareto» (dal celebre economista italiano Vilfredo Pareto); ossia
la miglior soluzione possibile, che non può subire ulteriori miglioramenti
senza che si pregiudichi qualche altro aspetto. Secondo Poloni tale lavoro –
eseguito in modo del tutto automatico – toglie «la parte noiosa del lavoro
ingegneristico, lasciando spazio all'analisi e alla creatività del progettista».
Vediamo allora qualche
applicazione pratica. Basandosi su modeFrontier, Kristian Amadori
dell'Università svedese di Linköping ha sviluppato una metodologia per il
design automatico e la fabbricazione di Mav (un particolare tipo di droni) che
permette di modulare le varie caratteristiche di tali veicoli a seconda del
tipo di missione a cui saranno destinati. David Miller dello Us Department of
Energy ha invece messo a punto un modello teorico per l'ottimizzazione delle
centrali elettriche a carbone che mira a ridurre il più possibile l'emissione
di biossido di carbonio, mantenendone nel contempo l'efficienza.
Nell'ambito della sicurezza
stradale, Na Li e Jian Xin Liu, della cinese Central South University, hanno
sviluppato una simulazione che analizza in modo efficiente i dati medici e
biomeccanici relativi ai danni alla testa e al collo in seguito a incidenti
automobilistici, utile per finalità preventive. Per quanto riguarda lo sport,
Mathew Dickson e Franz Fuss (della Rmit University di Melbourne) hanno
analizzato il design di un celebre paio di scarpe da corsa, le Adidas Bounce,
per valutare se l'efficienza della scarpa si modifica se il corridore accelera
il passo. È infine curioso notare come, tra i settori che si avvalgono degli algoritmi
genetici, si sia aggiunta di recente anche la ricerca biotech (un'area di
ricerca che negli ultimi anni ha prodotto una quantità immane di dati, rendendo
così necessaria la loro ottimizzazione). Per esempio, vista l'esistenza di più
procedure di sequenziamento e assemblaggio del genoma, Francesca Nadalin
dell'Università di Udine ha mostrato come sia possibile impiegare modeFrontier
per selezionare la procedura più adatta alle esigenze dello sperimentatore.
Insomma, partiti dal mondo della biologia e dell'evoluzione naturale, gli
algoritmi genetici hanno "chiuso il cerchio", tornando sul loro luogo
di origine.
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