DOPING SCHWAZER/ Colpevole o innocente? Il problema è un altro - Gianni Mereghetti - venerdì 10 agosto 2012
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Carissimi amici del Sussidiario,
sul dramma di Alex Schwazer
l'opinione pubblica e a suo seguito il pensiero comune si stanno dividendo su
due posizioni: da una parte chi si straccia le vesti per quello che ha fatto
l'atleta italiano e lo condanna senza attenuanti, dall'altra parte chi si vuol
mettere dalle parti del maratoneta e trova altre responsabilità come la
pressione dell'ambiente. Colpevolisti e innocentisti, con ragioni accettabili
nell'una e nell'altra direzione, ma entrambi carenti come giudizio, incapaci di
comprendere la vera posta in gioco che il caso Schwazer propone.
La domanda non è se l'atleta
italiano sia colpevole o innocente, o in parte assolvibile. Non sta qui la
questione seria che Schwazer ci lascia in eredità. Il problema vero che la
questione Schwazer pone è l'educazione. Ed è preoccupante che nessuno ne parli!
Che cosa significa che il caso di Alex Schwazer pone la questione educativa?
Che pone la domanda sul valore che ha per un giovane la riuscita. Questo è il
problema che si pone di fronte al dramma cui tutti abbiamo assistito e che pur
in toni diversi si ripropone non solo nel mondo dello sport ma in tutti i
settori della vita.
Chi si allena per andare alle
Olimpiadi lo fa per avere un successo e non solo per partecipare, chi ha le
doti per vincere va alle olimpiadi per arrivare primo! Ed è giusto che sia
così. La domanda è che porti un atleta a ricorrere all'Epo. Una sua debolezza?
La pressione dell'ambiente? L'incapacità a stare ai propri limiti? Tutto
questo, ma qualcosa di più, è l'aver fatto propria una idea, quella che il
valore del proprio io stia nella riuscita. Questo è accaduto per mancanza di
educazione. E non nel senso che si doveva educare Schwazer al rispetto delle
regole o non si doveva far pressione su di lui, ma in un senso più vero, nel
senso di proporgli un lavoro che gli faccia riconoscere il suo umano. Se è la
riuscita lo scopo per cui uno fa sport, allora ha fatto bene Schwazer, doveva
solo essere più intelligente!
Il problema è tutto qui, se
l'uomo si realizzi nella riuscita o se a compiere l'umano, a dargli consistenza
sia qualcosa di più della riuscita, qualcosa o qualcuno che dia senso alla
vita. Per questo è un problema di educazione, Schwazer si è trovato e ora più
decisamente si trova di fronte alla domanda "che cosa da' valore alla mia
vita?". Qui inizia l'educazione, nella pretesa di proporre una ipotesi di
risposta a questa domanda più grande della riuscita e che rende capaci di
giocare tutte le proprie potenzialità come di accettare i propri limiti. Oggi
si vuole evitare la domanda educativa che invece il caso Schwazer pone con
grande forza.
E' invece tempo che dentro lo
sport e dentro la scuola come dentro le diverse attività del tempo libero
abbiamo il coraggio e la lealtà di chiederci se dobbiamo continuare ad educare
alla riuscita o se il valore dell'uomo stia in uno sguardo che ha simpatia per
lui come è. Tutti noi che in qualche modo abbiamo a che fare con i giovani,
genitori, insegnanti, allenatori sportivi dobbiamo decidere se sia la riuscita
ciò che proponiamo o se la vita abbia un senso più grande della riuscita!
Gianni Mereghetti
© Riproduzione riservata.
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