LEGGE 40/ D'Agostino: il paradosso di una Corte a cui interessano
soltanto i codici - Francesco D'Agostino - mercoledì 29 agosto 2012 - http://www.ilsussidiario.net
Ieri, la Corte europea dei
diritti dell’uomo che ha sede a Strasburgo, con una sentenza di primo grado, ha
accolto il ricorso di una coppia contro la legge 40 che è stata giudicata dai
magistrati “incoerente” con l’ordinamento italiano. È ancora presto per trarre
un bilancio definitivo della vicenda, anche perché bisogna attendere almeno di
poter leggere le motivazioni dei giudici; un passaggio fondamentale anche per
le valutazioni del governo italiano che, non appena conoscerà le ragioni dei togati,
saprà decidere l’opportunità di un’eventuale azione che potrebbe portare anche
al giudizio d’appello. Ma intanto, questa è l’opinione che della vicenda si è
fatto Francesco D’Agostino, «è importante far capire all’opinione pubblica che
la posta in gioco va molto al di là della Legge 40, che riguarda le coppie
sterili o affette da problemi riproduttivi: in gioco c’è il senso che noi
vogliamo dare ai rapporti tra le generazioni». D’Agostino è docente di
Filosofia del diritto all'Università di Roma Tor Vergata e intervistato dal
Sussidiario.net ha voluto mettere in guardia da possibili derive eugenetiche,
ricordando che la lotta contro l'eugenetica «è come quella contro
l'inquinamento: una volta che si è riconosciuto che l’inquinamento è autentico,
e quindi che è gravemente dannoso per la salute, non è possibile accettare un
tasso di inquinamento anche solo moderatamente pericoloso».
I giudici di Strasburgo hanno accolto il
ricorso di una coppia (fertile) che, dopo la nascita della loro prima bimba
affetta da fibrosi cistica (malattia di cui entrambi hanno scoperto di essere
portatori sani in quella circostanza), e dopo aver abortito il secondo figlio,
anch’egli positivo alla malattia, voleva averne un terzo ma questa volta con la
certezza che fosse sano, motivo per cui i coniugi hanno deciso di ricorrere
alla fecondazione assistita. Ma la Legge 40 non lo consente perché la pratica è
riservata alle coppie sterili o a quelle in cui il partner maschile abbia una
malattia sessualmente trasmissibile, come l’Aids o l’epatite B e C. Ai giudici,
in particolare, non è piaciuta l’impossibilità per la coppia – prevista dalla
legge italiana –, di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni.
Ci spiega quali ragioni hanno
portato i magistrati a prendere questa decisione?
Secondo i giudici europei
l’incoerenza risiede nel fatto che lo stato italiano (con la Legge 194, ndr)
riconosce il diritto all’aborto cosiddetto “terapeutico” per malformazioni
fetali, ma non consente alle coppie che fanno ricorso alla fecondazione
assistita di accertare se ci siano malformazioni negli embrioni che stanno per
essere impiantati nell’utero della donna, impedendo così alla coppia
l’opportunità di scegliere un embrione sano. Il punto è che la corte non ha
assolutamente valutato che la finalità della legge italiana è quella di
impedire drasticamente ogni forma di selezione eugenetica degli embrioni.
Questo è il punto decisivo del dibattito.
Continui…
Ovviamente chi è favorevole alla
selezione eugenetica degli embrioni riterrà aberrante la Legge 40 e magari
insisterà sul paradosso che in una fecondazione naturale è possibile abortire
un feto malformato. Ma la grande differenza è che l’aborto riconosciuto lecito
dalla legge italiana non è un aborto eugenetico, non si fonda cioè sulla scelta
di individui umani in fase embrionale sani contro quella di individui umani in
fase embrionale malati. Questo è lo scopo delle pratiche eugenetiche:
distruggere i soggetti deboli e lasciar vivere quelli sani.
Pratiche che, ad oggi, non sono
ammesse dall’ordinamento italiano. O hanno ragione i giudici di Strasburgo?
Assolutamente no. La legge
sull’aborto, quale che sia il giudizio etico che si vuole dare su questa legge,
non impone o non favorisce una selezione eugenetica dei nascituri. E anche la
Legge 40 ha inteso proibirla. Meraviglia che la Corte europea dei diritti
dell’uomo non abbia voluto tenerne conto. Almeno stando alle notizie divulgate
fino ad ora. Bisognerà comunque aspettare di leggere tutta la sentenza, ma
sembra che questo aspetto del problema non sia stato percepito affatto dai
giudici.
Oltretutto un conto è parlare di
diagnosi pre impianto, un conto di diagnosi prenatale.
In questo caso stiamo parlando di
legge sulla fecondazione artificiale e quindi di diagnosi preimpianto a carico
di embrioni concepiti in provetta, prima cioè che vengano portati nell’utero
della donna. Ripeto, la legge italiana proibisce ogni pratica che renda
possibile la selezione eugenetica degli embrioni e la distruzione di quelli
ritenuti presumibilmente malati in favore di embrioni ritenuti presumibilmente
sani. Questo è il nocciolo della Legge 40 a cui si riferisce la sentenza
europea.
Secondo Severino Antinori,
sentito in merito alla vicenda dal Corriere della Sera, le accuse di eugenetica
non stanno in piedi. Lei sembra di convincimento opposto…
Il problema dell’eugenetica
dovrebbe preoccuparci tutti non tanto perché nello scenario attuale sia
immaginabile un rigoroso controllo eugenetico in carico a tutta la popolazione
in età fertile o a tutte le coppie che vogliono fare figli. Il vero problema
dell’eugenetica è un altro: è il pericolo dell’assuefazione psicologica a un
controllo sociale sulle generazioni future. All’eugenetica o si dice di no in
assoluto o è facile dirle di sì in assoluto. Perché, non appena si accetta
anche solo una pratica eugenetica, è difficilissimo rifiutarne di nuove.
L’opposizione alle pratiche eugenetiche deve essere un po’ come quella degli
ecologisti che combattono l’inquinamento…
Cosa intende?
Una volta che si è riconosciuto
che l’inquinamento è autentico, e quindi che è gravemente dannoso per la
salute, non è possibile accettare un tasso di inquinamento anche solo
moderatamente pericoloso. Con l’eugenetica è uguale. O rifiutiamo il controllo
eugenetico sulle generazioni future, cominciando dalle pratiche di fecondazione
assistita, oppure dovremo presto arrenderci al fatto che, in linea ipotetica,
anche coppie fertili che non hanno bisogno della fecondazione assistita
potrebbero, per ragioni eugenetiche, ricorrere a questa pratica per avere la
certezza di mettere al mondo non soltanto figli “non malati” ma soprattutto
figli particolarmente dotati dal punto di vista genetico.
Ma oggi, tutto questo, in Italia
non è possibile.
Con la Legge 40 è possibile
congelare gli embrioni che non possono essere impiantati nell’utero della donna
per qualunque ragione. Oltretutto, la Corte costituzionale ha fatto saltare il
vincolo massimo di tre embrioni da produrre per ogni ciclo di fecondazione assistita
(quello inizialmente previsto dalla Legge 40,ndr). Quindi oggi in linea
ipotetica è possibile fecondare 10 embrioni in vitro ed eventualmente
congelarli. E fino qui siamo nel campo della legalità. Quello che non è legale
fare è procedere alla selezione per ragioni eugenetiche dopo aver fatto una
diagnosi sugli embrioni stessi per verificarne il loro stato di “salute”.
E agli embrioni che non vengono
impiantati che sorte tocca?
Qui ci troviamo di fronte al
paradosso del quale si è discusso moltissimo e per il quale non si è trovata
nessuna soluzione coerente e razionale. Gli embrioni vengono congelati
nell’ipotesi che potrebbero essere riutilizzati dalla coppia che li ha prodotti
ma in realtà possono rimanere congelati a tempo indeterminato. Non è ancora
chiaro come sciogliere questo nodo. La legge inglese impone la distruzione a
cinque anni dalla formazione, altre leggi consentono che questi embrioni
vengano offerti alla ricerca scientifica, la legge italiana invece si è
attestata su una linea di mediazione di questo tipo: possono essere congelati
ma non vanno distrutti. Di più la legge non dice. Di fatto prevede un
congelamento a tempo indeterminato degli embrioni. Con un paradosso psicologico
ed etico: quello di contribuire alla creazione di vite umane senza consentire
loro di nascere.
La corte di Strasburgo vuole
dunque spingerci ancora più in là, verso una deriva di carattere eugenetico?
Questa vicenda ci manda
un’indicazione molto precisa: la corte europea non ha manifestato nessuna
attenzione al problema dell’eugenetica. Se non l’abbia fatto per “sbadataggine”
o intenzionalmente andrà verificato. Ma questo è il senso della notizia che
stiamo commentando: a torto o a ragione la legge italiana pare mossa da una
certa sensibilità anti-eugenetica, mentre i giudici di Strasburgo hanno
bypassato il problema mostrandosi non consapevoli della sua rilevanza.
(Matteo Rigamonti)
© Riproduzione riservata.
Nessun commento:
Posta un commento