LEGGE 40/ Il genetista: ecco cos'è la diagnosi preimpianto e perché
dovrebbe essere vietata alle coppie fertili - INT. Bruno Dallapiccola - martedì
28 agosto 2012 - http://www.ilsussidiario.net
Il divieto, previsto dalla legge
italiana sulla fecondazione assistita, di far accedere alla diagnosi
preimpianto degli embrioni coppie di portatori sani di malattie genetiche viola
il diritto al rispetto della loro vita privata e familiare. A sostenerlo è la
Corte europea per i diritti dell'uomo, in un giudizio emesso all’unanimità
sulla legge 40 a favore di una coppia italiana. I giudici di Strasburgo hanno
infatti definito “incoerente” il sistema legislativo italiano in materia di
diagnosi preimpianto degli embrioni, poiché vi è un'altra legge dello Stato che
permette l’aborto terapeutico nel caso in cui il feto sia affetto da fibrosi
cistica. La Corte ha quindi accolto il ricorso dei coniugi Rosetta Costa e
Walter Pavan stabilendo che, per come è formulata, la legge 40 ha violato il
loro diritto al rispetto della vita privata e familiare. IlSussidiario.net ha
contattato il genetista Bruno Dallapiccola per un ulteriore chiarimento.
Cosa cambia dopo la decisione
della Corte di Strasburgo?
E’ ancora presto per dirlo.
Potrebbe anche non accadere nulla nel caso in cui un nuovo ricorso diventasse
oggetto di valutazione e di analisi, quindi sarà importante vedere che tipo di
reazioni, in particolare a livello politico, ci saranno nei prossimi giorni.
Se invece tale decisione fosse
definitiva?
Certamente la decisione presa
dalla Corte Europea rappresenta una forte apertura alla diagnosi preimpianto,
pratica su cui personalmente nutro una forte preoccupazione.
Come mai?
Innanzitutto perché intorno a
questo tema vi è ancora oggi una forte carenza di informazione. Da genetista
posso dire di avere un punto di osservazione privilegiato nei confronti delle
coppie che decidono di optare per questo tipo di indagini, quindi credo che si
sappia troppo poco sull’informazione genetica e in particolare sul margine di
errore presente nella diagnosi. In quella preimpianto la percentuale di errore
è abbastanza bassa ma in quella citogenetica, quindi cromosomica, che viene
normalmente scelta, il margine di errore è del 30-35%. Inoltre in molti si
ostinano a non voler spiegare quanti embrioni vengono al mondo dopo una
diagnosi preimpianto.
Quanti?
Solo il 2,6%. Proprio per questo
da medico credo che tutte queste informazioni debbano passare nel modo più
efficace possibile, comprese quelle riguardanti i possibili rischi per
l’embrione. La legge 40 ha tentato in qualche modo di fare ordine in quella che
qualcuno ha definito la “giungla” della fecondazione in vitro, proponendosi di
tutelare i diritti di tutte le parti in causa, dei genitori e dell’embrione
stesso. In parte può essere considerata un’utopia ma evidenti vantaggi ci sono
senza dubbio stati. La stessa sentenza di cui stiamo parlando, poi, a mio
parere evidenzia altri problemi di cui si dovrebbe maggiormente parlare.
Per esempio?
In particolare il fatto che
l’embrione, proprio alla luce di questa sentenza, torna a essere considerato un
“qualcosa” e non un “qualcuno”. Questo giudizio, tengo a precisare, è in
disaccordo con una sentenza europea dell’ottobre scorso con cui è stata
riconosciuta la natura di essere umano dell’embrione fin dal concepimento e che
per questo ne vietava la brevettabilità. E’ quindi assolutamente necessario che
l’Europa si metta d’accordo una volta per tutte e che si in futuro possa
ragionare nello stesso metodo in ogni circostanza.
In che modo avviene
l’eliminazione degli embrioni considerati non adeguati?
La diagnosi preimpianto viene
eseguita una settantina di ore dopo il concepimento, dopo di che solitamente si
prendono due cellule per aspirazione sul cui genoma viene fatta un’analisi
completa. Il problema è che lavorare su questi micro-campioni presenta
ovviamente delle difficoltà che possono anche portare a errori di tipo
diagnostico, in particolare nella diagnosi citogenetica.
Secondo lei è giusto far accedere
una coppia fertile alla diagnosi preimpianto?
No, credo che una coppia composta
da persone che sono in grado di riprodursi fisiologicamente non dovrebbe essere
candidata a fare una diagnosi prenatale attraverso il preimpianto, ma dovrebbe
invece utilizzare tecniche più tardive, ma sicure al 100%, come l’analisi dei
villi coriali. Non si può continuare a parlare della diagnosi preimpianto come
fosse il toccasana della diagnostica prenatale delle malattie genetiche, quindi
da medico non la raccomanderei alle coppie fertili.
Come mai secondo lei una coppia
fertile sceglie di utilizzare la diagnosi preimpianto quando, in via ipotetica,
potrebbe concepire naturalmente ed eventualmente abortire? Non le sembra un
controsenso negare l’aborto ma non l’eliminazione preventiva degli embrioni
malati?
Sono molte le madri che si dicono
pronte ad affrontare la diagnosi preimpianto per evitare ad ogni costo
l’aborto. Il problema è che molte di queste decisioni sono dettate da motivi di
tipo emotivo e la cui causa resta la disinformazione. Ancora oggi il tema della
diagnostica prenatale è purtroppo pieno di falsi messaggi su rischi e
caratteristiche specifiche dei vari test esistenti. E’ necessario poi
sottolineare che dietro tali pratiche vi sono spesso anche numerosi interessi
economici.
Si spieghi meglio.
Quando le coppie hanno problemi
di fertilità sono spesso disposte a tutto pur di arrivare a una soluzione,
quindi purtroppo diventano facili prede di quella parte meno seria e
professionale della medicina che tende ad approfittarsi di loro. La legge 40 non
ha forse risolto l’intero problema ma ha certamente modificato in parte le
cose, creando una sorta di coscienza e conoscenza su alcune tematiche.
La decisione della Corte Europea
di cui stiamo parlando riguarda la fibrosi cistica. Crede che tale sentenza possa
allargarsi anche ad altre malattie genetiche?
Certo, inevitabilmente il
dibattito andrà adesso a toccare anche molte altre malattie. Voglio però
sottolineare che sono molti gli esperti che mettono in dubbio che oggi la
fibrosi cistica sia ancora tra quelle patologie fondamentali in cui è
assolutamente necessario procedere con la diagnosi preimpianto. Se ragionassimo
con una sorta di mentalità eugenetica allora non nascerebbe nessuno perché
siamo tutti geneticamente imperfetti: basti pensare che ad ogni concepimento
una coppia trasmette settanta nuove mutazioni ai propri figli. E’ chiaro che
una patologia gravissima, letale e non compatibile con la vita può suscitare un
certo tipo di scelte e pensieri, ma probabilmente la fibrosi cistica non ne fa
più parte.
(Claudio Perlini)
© Riproduzione riservata.
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