giovedì 30 agosto 2012


Il fallimento della contraccezione: il caso inglese - Occorre cambiare metodo, partendo da una sana introduzione all’affettività e recupero di valori familiari -  30 agosto 2012 - http://www.uccronline.it

Troppi aborti tra le giovanissime? Un numero eccessivo di gravidanze indesiderate? No problem: basta promuovere più contraccezione e tutto si sistema. E’ più o meno questo il ragionamento che, ormai da molti anni, uomini delle istituzioni e talvolta anche celebri intellettuali propongono allorquando viene ricordato loro il problema mai risolto degli aborti tra donne anche molto giovani. Ora, posto che la gran parte delle pillole contraccettive – anche se taluni si ostinano a negarlo – sono potenzialmente abortive ed anche se numerosi studi hanno confutato questa credenza, riteniamo non ci sia lezione più autorevole di quella dei casi concreti. Prendiamo quindi, per stare all’attualità, il caso inglese.

Per chi non lo sapesse la Gran Bretagna è un Paese dove da alcuni anni – allarmati dal fenomeno abortivo tra le adolescenti e dal fatto che il numero complessivo delle interruzioni volontarie di gravidanza, anziché calare, abbia ripreso a salire – si è deciso di investire massicciamente nella diffusione di contraccettivi. Ebbene, con questo tipo di programma si è verificato un fatto totalmente inaspettato: le cose sono peggiorate.

Il numero degli aborti, anche se di poco, ha infatti continuato a crescere – nel 2011 sono stati 189.931, mentre nel 2010 furono 189.574 – ma soprattutto tra le giovanissime sono aumentati drammaticamente gli aborti multipli: nel 2010 in 485 hanno abortito per la terza volta, in 57 per la quarta, in 14 per la quinta, in 4 per la sesta e in 3 per la settima. Orbene, non occorre molto per capire che in un Paese dove quasi 500 adolescenti all’anno abortiscono per la terza volta è in corso un disastro educativo di immense proporzioni e, quel che è peggio, destinato a crescere.

Lo hanno confermato pochi giorni fa gli esiti di un’indagine condotta dalla società Insight Research Group, che ha intervistato donne e medici di famiglia rilevando come la crisi economica-finanziaria sia tra le cause dell’aumento degli aborti volontari. Ora, che fare? Come corrispondere al problema crescente delle gravidanze tra le adolescenti? E’ il caso di insistere con la promozione della contraccezione o si deve correre ai ripari organizzando corsi per mamme a ragazzine di 14 anni, come si è recentemente provveduto a fare nella contea di Merseyside?

La sola possibilità concreta sembra quella di voltare completamente pagina prendendo atto di una realtà: la politica contraccettiva è fallimentare contro gli aborti. Non serve. Anzi, ci sono studi che hanno messo in luce come un maggior accesso alla contraccezione, anche se nell’immediato può arginare i tassi di gravidanza e conseguentemente gli aborti, nel lungo periodo, a causa della mentalità sessualmente disinvolta che indirettamente incoraggia, finisce col favorire un aumento delle gravidanze. Un dato suffragato dal fatto che oltre la metà delle donne intenzionate ad abortire – secondo quanto emerso in alcune ricerche – in precedenza faceva regolare ricorso alla contraccezione.

La contraccezione come fallimento, dunque. Anche se la cosa sorprende assai poco, dal momento che costituisce una risposta inadeguata e materiale ad un problema (quello delle gravidanze tra giovanissime) sì reale ma anzitutto educativo. In tal senso è più che ragionevole ritenere che sostituendo la corrente apologia della contraccezione con una sana introduzione all’affettività e potenziando l’implementazione di interventi di gruppo che indirizzino il comportamento sessuale degli adolescenti, si possa effettivamente ridurre l’incidenza del fenomeno delle gravidanze indesiderate.

A questo punto però è opportuno chiedersi: saprà la cultura anglosassone riconoscere il proprio fallimento educativo? Sappiamo che più della metà dei genitori inglesi – verosimilmente delusi dai “successi” della cultura contraccettiva e consapevoli dei manifesti limiti della stessa – già ora non vuole che l’educazione sessuale venga insegnata ai bambini a scuola. Il fatto è che, per voltare pagina, occorre un ripensamento molto più trasversale, che coinvolga le istituzioni e che ricuperi con convinzione valori oggi impopolari quali la castità, la famiglia, la fedeltà coniugale. Insomma, per ripartire serve prima ammettere di aver sbagliato. Sapranno dunque i governanti inglesi fare questa coraggiosa ammissione oppure proseguiranno nell’attuale disastro?

Giuliano Guzzo
(www.giulianoguzzo.wordpress.com)

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