LEGGE 40/ 1. Dall'Europa una sentenza contro la ragione - Lorenza
Violini - mercoledì 29 agosto 2012, http://www.ilsussidiario.net
Dalle notizie di agenzia
apprendiamo che il divieto di diagnosi preimpianto di un embrione prodotto in
provetta, divieto previsto dalla legislazione italiana (insieme a quella
svizzera e a quella austriaca), viola il diritto alla vita privata a familiare
sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, così come interpretata
dalla Corte di Strasburgo. Il motivo andrebbe ricercato in una sorta di
incoerenza che sussisterebbe mettendo in relazione tale divieto e la facoltà
prevista in Italia di abortire se il feto, a motivo delle sue patologie, è in
grado di recare danno alla salute fisica e psichica della madre.
Scelta pesante, quella dei
giudici di Strasburgo, che persistono nel perseguire una linea di forte
contestazione di legislazioni nazionali a loro sgradite, incuranti delle
sconfessioni ricevute in passato in sede di appello alla Grande Camera; basti
ricordare la sentenza di quest’ultima nel caso del crocefisso, di assoluzione
per l’ordinamento italiano, nonché l’annullamento di una sentenza in materia di
fecondazione eterologa e relativa alla legge austriaca, ad impianto
restrittivo. La scelta è pesante anche per le molte voci che si sono levate in
dottrina e nelle sedi politiche volte a sottolineare le carenze di
legittimazione di giudici internazionali a contestare in modo così aperto le
scelte degli Stati, scelte compiute dai relativi parlamenti i quali, invece,
godono di una piena legittimazione democratica. Giudici contro giudici, dunque,
e giudici conto Parlamenti? Il panorama, si sa, è irto di questioni aperte e di
difficile soluzione, soluzione che tuttavia si va elaborando nelle sedi
competenti, in cui si mira a confinare il potere del giudiziario europeo a casi
di conclamata negazione dei diritti della Convenzione, ribadendo il carattere
sussidiario della giurisdizione internazionale, carattere che altre sezioni
dello stesso Tribunale di Strasburgo non mancano di ribadire.
Quanto alle motivazioni della
sentenza, val la pena di notare come l’argomento molto sottolineato dai media –
quella della incoerenza tra legge italiana sull’aborto e legge sulla
fecondazione assistita – sia da considerare con attenzione e criticamente. Tra
le due leggi sussistono infatti molti elementi di distanza e non solo
temporale. Diversi sono infatti i campi di azione delle due normative, una
volta a tutelare la salute della madre, l’altra mirante a proibire pratiche
eugenetiche. Non banalizziamo: la diagnosi preimpianto non serve ad avere figli
biondi o particolarmente intelligenti (i figli su misura, contro cui si scaglia
il filosofo americano Michel Sandel nel suo bel testo Contro la perfezione); il
divieto della stessa ha la funzione di impedire la selezione genetica e quindi
l’eliminazione di embrioni portatori di determinate malattie, molte delle quali
anche gravi. E’ ragionevole tutto questo alla luce delle più recenti scoperte
scientifiche?
Su questo aspetto non si può
evitare di riflettere, raccogliendo in pieno la sfida. Senza la prestesa di
essere esaustivi, va detto che, forse, chi si oppone non è uno squilibrato che
si crogiola nella propria sofferenza o in quella di innocenti; chi si oppone ha
da offrire al discorso pubblico delle motivazioni forti, che si incentrano sul
rispetto di ogni essere umano, che è tale e degno del rispetto (e non di
eliminazione) fin dal primo istante del suo affacciarsi alla vita; chi si
oppone sa che ogni vita è portatrice di un significato infinito, per non
dimenticare il quale si possono perseguire altre vie a quelle che più
istintivamente si perseguirebbero, vie forse meno attraenti a prima vista o
meno immediate ma, nel tempo, capaci di generare una cultura della vita, della
positività del reale, che è quello a cui tutti aspiriamo.
Siamo ben certi che vi sia una
eugenetica buona e una, quella tradizionale, cattiva? Una imposta dal potere
dittatoriale e una invece volta a creare benessere e salute, fisica e psichica,
liberamente scelta? Non sono invece entrambe volte a affermare il potere
dell’uomo sull’uomo? Forse la Grande Camera ci aiuterà a far luce anche su
questi drammatici dilemmi e ad approfondire il senso e la razionalità di
divieti che lo spazio pubblico mira a demonizzare senza possibilità di appello.
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