IL CASO/ Dalla Torre (Vaticano): così un giudice decide la religione di
un bambino di 10 anni - INT. Giuseppe Dalla Torre - giovedì 9 agosto 2012 - http://www.ilsussidiario.net
A una bambina ebrea di dieci anni
sarà consentito di battezzarsi dopo che il tribunale britannico della città di
Romford ha respinto il ricorso della madre che voleva opporsi. Nel 2010 i
genitori della piccola, entrambi ebrei non praticanti, hanno divorziato e il
padre in seguito ha deciso di abbracciare la religione cristiana. Secondo la
madre, l’uomo avrebbe plagiato la figlia per “costringerla” a seguire la sua
scelta. Per Giuseppe Dalla Torre, presidente del Tribunale dello Stato del
Vaticano e rettore dell’Università Lumsa, “si tratta di un caso controverso in
quanto da un lato nella legislazione italiana si prevede che i minori con meno
di 14 anni debbano proseguire nella religione nella quale sono stati educati.
Dall’altra quando un genitore è non praticante, spesso il giudice valuta che
sia interesse del minore ricevere l’educazione religiosa impartita dall’altro
coniuge”.
Professor Dalla Torre, che cosa
ne pensa di questa conversione che vede come protagonista una bambina di dieci
anni?
Il minore in genere è considerato
avere una capacità ridotta, tanto è vero che i genitori hanno una potestà
parentale che comporta anche una rappresentazione dei diritti e dei doveri del
loro figlio. In questa materia si distingue tra piccoli minori e grandi minori.
Questi ultimi sono quelli che ormai sono vicini alla maggiore età e hanno già
maturato una capacità di intendere e di volere e quindi di determinarsi. Di
solito, anche se il confine non è netto, si parla di grande minore a partire
dai 14 anni in su, e la dottrina giurisprudenziale italiana ammette che in
questi casi possa esserci una scelta di carattere personale.
E quando il bambino è di età più
precoce?
Quando invece i minori sono più
piccoli, il problema è in genere più complesso. In sostanza la vera questione è
scoprire se nei fatti la bambina inglese fosse capace di una scelta autonoma e
libera, e non fosse invece stata condizionata per un qualsiasi motivo da una
scelta fatta dal padre. Per fare un esempio, i genitori possono “costringere”
il figlio di sei o sette anni ad andare a messa, ma non potrebbero fare la
stessa cosa con il diciassettenne.
Che cosa accade invece quando i
due genitori sono in disaccordo sull’educazione religiosa da impartire al
figlio?
Se da una parte c’è ed è
riconosciuto il potere dei genitori di orientare congiuntamente il figlio
minore a una religione, in caso di disaccordo entrano in gioco fattori diversi.
Nella giurisprudenza italiana c’è l’orientamento ad affermare che l’interesse
del minore è quello di proseguire nella religione nella quale è stato educato.
Questo è lo stato della questione almeno per quanto riguarda le ipotesi che si
sono verificate in passato nel nostro Paese, e che potenzialmente possono
ripresentarsi alla luce della situazione nella quale ci troviamo, sia dal punto
di vista dei rapporti familiari sia dell’aumentare del pluralismo religioso.
Ma il padre inglese non ha forse
lo stesso diritto della madre a educare la figlia nella religione che
preferisce?
Questo è vero, anche se in
giurisprudenza più che di “un diritto”, in quanto i genitori non hanno un
diritto sui figli, si parla di un potere di rappresentanza. Quest’ultimo
consiste nel curare gli interessi dei minori. Di fronte al caso della bambina
inglese, il giudice si dovrebbe chiedere quale sia in concreto e nel caso
specifico l’interesse della minorenne. La madre inglese potrebbe appartenere
anagraficamente alla religione ebraica, ma di fatto non essere praticante. In
questo caso l’interesse del minore potrebbe essere quello di venire educato dal
genitore che, in relazione alla sua esperienza di vita religiosa, possa
assicurare un più compiuto soddisfacimento del minore ad avere un’iniziazione,
una formazione e una pratica religiosa.
Quello inglese è un nuovo caso
Mortara?
Si tratta di vicende
completamente diverse. Il caso Mortara risale all’Ottocento ed è avvenuto nello
Stato Pontificio. Un neonato, Edgardo Mortara, era stato battezzato dalla
levatrice, sia pure all’insaputa dei genitori, in quanto era in pericolo di
vita. Quando le condizioni di salute del bambino si ristabilirono la vicenda
venne alla luce, e il figlio fu sottratto ai genitori per essere allevato da
istituzioni cattoliche. Una volta diventato adulto, Edgardo Mortara decise di
farsi sacerdote, confermando quindi una scelta che al momento iniziale non
aveva compiuto di persona.
(Pietro Vernizzi)
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