lunedì 13 agosto 2012


IL CASO/ Se a Reggio Emilia trionfa l'Islam violento nel silenzio dell'Italia progressista di Souad Sbai, lunedì 13 agosto 2012, http://www.ilsussidiario.net/


Un certo integralismo sta mettendo mano alla mente e alla stabilità delle comunità. Lavora nel buio per riprogrammare idee e abitudini, storia e futuro delle comunità, oggi in pericolo più grave che mai. Sta dilagando, aiutato da un silenzio colpevole e criminale almeno quanto lui. Non abbiamo nemmeno finito l’intitolazione a Brescello (Reggio Emilia) del parco e della scuola a Rachida Radi, grazie al sindaco che, coraggioso, per la prima volta nella storia prendeva una posizione di enorme importanza, che altri mai avevano osato prendere. Nemmeno abbiamo avuto il tempo di gioire per la targa a Rachida, uccisa a martellate dal marito violento e ottuso, che ci ritroviamo di fronte ad una situazione analoga e di estrema gravità. Sempre nelle stesse zone.
Una ragazza marocchina, appena diciotto anni, è stata aggredita e picchiata dal padre, incontrato casualmente al centro commerciale GrandEmilia di Modena: calci e pugni, ginocchiate al volto e la frattura del setto nasale. È grave in ospedale. Tutto questo solo perché rifiutava velo e matrimonio forzato. E come nel caso di Rachida un silenzio assordante della comunità di appartenenza. Me lo chiedo da giorni. Cosa sta accadendo in Emilia? Il buonismo che da sempre in quelle zone la fa da padrone non può bastare a giustificare o a comprendere il verificarsi di atti del genere. E nemmeno la gravissima circostanza che il padre della giovane in questione non sia in stato di custodia cautelare, ma sia denunciato a piede libero. Un pestaggio in pubblico, con una violenza inaudita, di una ragazzina che si sente italiana e per questo non sottostà al velo imposto e alle nozze combinate.
Eppure la posizione di Mohamed Rashed all’Università di Al Azhar, che ha ormai certificato come il velo non sia un obbligo nell’Islam ma solo un’abitudine, avrebbe dovuto far riflettere molti. Invece no, ancora sangue, ancora violenza. Ancora estremismo, sostenuto dal silenzio del multiculturalismo criminale che tiene in ostaggio il Paese. E a tagliare finalmente le radici all’integralismo nessuno vuole dire sì, nessuno si vuol prendere questa responsabilità. Siamo alle soglie, praticamente quasi oltrepassate, della completa radicalizzazione della condizione delle donne e delle seconde generazioni in Italia.
Carcere e subito espulsione nel Paese di provenienza sono l’unico rimedio per punire chi sbaglia e tutelare chi ne fa le spese. Pestare, massacrare o uccidere a sangue freddo il sangue del proprio sangue: a questo arriva l’estremismo, qui e laddove la sua radice ha preso le mosse.
E l’Italia, nonostante le belle parole e gli sguardi fugaci per poi tornare alla propria piccola quotidianità fatta di indifferenza e spesso di noncuranza, è silente. Troppo silente per amplificare il grido di dolore di queste donne e di queste ragazze, che quando chiamano ai centri antiviolenza come Mai Più Sola, non chiedono pacche sulle spalle ma un aiuto per sfuggire alla morte e al dolore di una vita che qui avevano sognato assai diversa e che sarebbe compito di tutti noi garantire loro.


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