Il Comitato Nazionale per la Bioetica riconosce l’obiezione di
coscienza, Alfredo De Matteo, 1 agosto 2012, http://www.corrispondenzaromana.it/
Il Comitato Nazionale per la
Bioetica (CNB) ha emanato un documento che sancisce la fondatezza
costituzionale dell’obiezione di coscienza. Nel documento si sottolinea che
essa è «un diritto della persona e una istituzione democratica necessaria a
tenere vivo il senso della problematicità riguardo ai limiti della tutela dei
diritti inviolabili»; nel contempo si tiene a precisare che «La tutela
dell’obiezione per la sua stessa sostenibilità nell’ordinamento giuridico non
deve limitare né rendere più gravoso l’esercizio dei diritti riconosciuti per
legge né indebolire i vincoli di solidarietà derivanti dalla comune
appartenenza sociale».
In tal senso, il CNB raccomanda
che la legge preveda «misure adeguate a garantire l’erogazione dei servizi,
eventualmente individuando un responsabile degli stessi». Nella parte del
documento riservata all’analisi morale si chiarisce che l’obiezione non si basa
su una mera opinione soggettiva , ma su di un valore «riconoscibile e
comunicabile» ed essa viene distinta nettamente, da un punto di vista
giuridico, da qualsiasi forma di sabotaggio di leggi in vigore, ma anche dalla
disobbedienza civile e dalla resistenza al potere.
Nel documento si afferma che nel
caso della difesa della vita o della salute il valore richiamato dal medico
obiettore rappresenta in effetti una diversa interpretazione del valore
protetto dalla Costituzione rispetto a quanto avviene nella legge approvata a
maggioranza. Dunque, la legittimità dell’obiezione testimonia che il diritto
costituzionale più aggiornato «accetta uno spazio critico nei confronti delle
decisioni della maggioranza». Ora, il documento del Comitato Nazionale di
Bioetica rappresenta senz’altro un arretramento della cultura di morte, anche
perché esso ammette, neanche troppo tra le righe, l’evidente contrasto tra la
difesa di valori riconoscibili, dunque non il frutto di interpretazioni
soggettive, come quello del diritto alla vita, tutelato dalla stessa
Costituzione, e l’esistenza di leggi che negano palesemente tale diritto.
È lecito affermare che si è
potuto raggiungere questo risultato grazie alla tenacia ed alla combattività di
una parte del fronte pro-life italiano e dell’associazionismo cattolico; in
particolare, lo storico evento della Marcia Nazionale per la Vita, svoltasi a
Roma il 13 maggio scorso, ha posto l’opinione pubblica di fronte ad un popolo
della vita per nulla rassegnato, deciso a scendere in piazza per denunciare
l’iniquità e la malvagità di leggi omicide in chiaro contrasto con i principi
della legge naturale.
Nel contempo, appare fuori luogo
accogliere tale documento come se rappresentasse una vittoria delle ragioni
della vita o, addirittura, come se fosse una vittoria del mondo cattolico.
Trattasi sempre di un documento dal chiaro intento compromissorio che non
intende in alcun modo colpire lo status quo ma che anzi tende a ribadire la
liceità di leggi che hanno trasformato il delitto in un inesistente diritto.
Sta di fatto che la legittimazione dell’obiezione di coscienza, in particolare
per il personale medico, non sembra compromettere per nulla la fruizione
pubblica di servizi sanitari come l’accesso alla cosiddetta interruzione
volontaria di gravidanza previsto dalla legge 194.
È proprio un membro del Comitato
di bioetica, nonché nota firma del quotidiano “Avvenire”, a sentire il bisogno
di rassicurare l’opinione pubblica circa la non pericolosità dell’obiezione di
coscienza, redigendo una postilla aggiunta al documento con la quale mette in
evidenza, dati alla mano, come non esista nessuna correlazione tra numero di
obiettori e tempi di attesa per l’interruzione volontaria di gravidanza. Cioè a
dire: state tranquilli, in Italia si potrà continuare ad abortire egualmente,
con la stessa frequenza e con la stessa celerità, malgrado la presenza, più o
meno marcata, di medici obiettori!
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