Così “October Baby”, la vera storia di una ragazzina sopravvissuta a un
aborto, sta conquistando i botteghini americani di Valentina Fizzotti, 13
aprile 2012, http://www.ilfoglio.it/
La notizia è che nel primo
weekend di uscita nelle sale si è piazzato all’ottavo posto nella classifica
dei più visti d’America e ha incassato il triplo di quanto è costato. Solo che
“October Baby” non è una saga fantasy ma la storia di una ragazza che scopre di
essere stata adottata e parte alla ricerca della donna che, in un giorno di
ottobre, ha tentato di abortirla. Hannah ha 19 anni, è battista e molto bella,
una sera perde i sensi mentre sta recitando e un dottore le spiega che tutti i
suoi disturbi, dall’asma agli attacchi, sono colpa di una nascita difficile.
Poi lei tornerà al centro di aiuto alla vita (si chiamano “pregnancy crisis
centers”) in cui tutto è iniziato e si metterà in viaggio, riuscendo a trovare
una signora che ha i capelli lucidi proprio come i suoi.
I due registi, i fratelli Jon e
Andrew Erwin, devolveranno il dieci per cento dei profitti alla loro charity
Every Life Is Beautiful a favore dell’adozione e dei centri di aiuto alla vita.
Al pubblico il loro film è piaciuto, ma la critica lo ha fatto a pezzi: è
fazioso, dicono, buono giusto per evangelici e cattolici (nel film c’è persino
un prete cattolico che invoca scandalosamente il perdono per la mamma) e poi a
vederlo ci sono andate le armate cristiane chiamate dai conservatori (“con un
sacco di viral marketing su Facebook”). Certo di aborto ultimamente in America
si discute parecchio, dalle proposte di legge dei singoli stati che prevedono
un periodo di riflessione obbligatorio e un’ecografia prima dell’intervento,
alle polemiche continue sulla riforma sanitaria di Obama e sulle posizioni dei
candidati presidenziali. E certo di solito i film pro life (espressamente o
perché così bollati) hanno vita dura e superano a fatica il limite del circuito
parrocchiale. Andò diversamente a “Juno”, il film del 2007 su una adolescente
che tiene il suo bambino: iniziò uscendo in sette sale fra New York e Los
Angeles e finì portando a casa 231 milioni di dollari e un Oscar per la
sceneggiatrice, Diablo Cody. Fu tanto visto che il Time parlò di “the Juno
effect” quando a Glouchester diciassette ragazzine decisero di rimanere incinte
tutte assieme (le stesse a cui, con ambientazione francese, si è ispirato il
film “17 ragazze” di Delphine Coulin).
“Tu sei il nostro miracolo”, dice
a Hannah la sua madre adottiva mentre le racconta di aver saputo della sua
nascita complicata nel centro in cui faceva la volontaria dopo aver perso due
gemelli. Ed effettivamente sopravvivere a un aborto tardivo (che quando il
bambino è già grande, anche di sette o otto mesi, è una procedura alquanto
cruenta) è un miracolo, a leggere i dati scientifici. Secondo il sito liberal
Salon, i fatti narrati “hanno le stesse probabilità di verificarsi dell’essere
colpiti da un fulmine e azzannati contemporaneamente da uno squalo, con un
biglietto vincente della lotteria nel costume”. I registi rispondono che è
tutto vero e i pro life che delle statistiche se ne fregano perché preferiscono
le storie. Come quella di una sopravvissuta famosa, Gianna Jessen, che ha
ispirato questo film e anche la firma del presidente George Bush, nel 2003, sul
Born Alive Infant Protection Act (Obama, all’epoca parlamentare, decise di
opporvisi perché “ci sono già leggi che proteggono i bambini nati vivi”). Nata
disabile per i danni cerebrali subiti durante il tentativo di interruzione di
gravidanza, avvenuto quando era nella pancia di sua madre da trenta settimane,
nel 1996 raccontò la sua storia al Congresso e adesso canta la colonna sonora
del film.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
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