L'aborto è un'opzione, se la scienza è l'etica di Giovanna Arcuri, 24-04-2012,
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A leggere in modo assai
superficiale l’articolo di Ritanna Armeni su il Foglio del 13 Aprile scorso –
articolo che metteva sotto la lente di ingrandimento il tema dell’aborto - pare
che la storica femminista e giornalista de Il Manifesto, l’Unità e Liberazione
abbia deposto falce e martello per prendere in braccio la causa della vita dato
che in più punti del suo pezzo plaude alla decisione delle donne di mettere al
mondo il proprio figlio “anche quando si è giovani, anche quando tutto congiura
contro la maternità: il lavoro, i soldi, la società, il modo di pensare delle
generazioni precedenti, la mentalità comune e diffusa”. Ma per capire se una
banconota è vera o falsa occorre perlomeno metterla in controluce per
verificare in essa la presenza della filigrana. Allora abbiamo provato a
mettere in controluce il pezzo della Armeni e abbiamo constatato che la
filigrana non c’è.
L’ex portavoce di Bertinotti
esordisce così: “Le donne che hanno lottato per la libera scelta della
maternità, e quindi per leggi che garantissero anche l’aborto a chi non poteva
o non voleva fare un figlio…”. Il solito inganno logico che nasce da un errore
di ragionamento o da posizioni saldamente ideologiche: la maternità
responsabile (decidere quando avere un figlio ma rimanendo sempre aperti alla
vita) è un valore. Ma quando è in atto la gravidanza non si può scegliere di
essere madri perché già si è madri dal momento che già c’è un figlio. Da ciò
segue che la madre è responsabile del figlio che porta in grembo e quindi non
può ricorrere all’aborto come strumento di maternità responsabile. Quest’ultima
si può predicare solo prima del concepimento. Dopo questo, l’unica scelta è
l’accettazione e l’accoglienza del figlio (almeno fino al parto).
“Una maternità precoce – prosegue
l’Armeni – può non essere una dramma, può arricchire e non spezzare la vita di
una ragazza se lei la vuole, se attorno a lei c’è un clima di accettazione”.
Frase che rinfocola l’usuale cliché che la decisione di proseguire una
gravidanza indesiderata, a maggior ragione quando si è giovani, è un atto
eroico da vere e proprie martiri. Invece non è un’azione superogatoria (come
donare un rene o la propria vita per altri) bensì un dovere morale: se un
essere umano è venuto ad esistenza non si può sopprimerlo, anche nel caso in
cui la sua venuta al mondo non è stata cercata.
Inoltre la giornalista dà per
scontato che una maternità in giovane età sia di per sé stessa un dramma. E
perché dovrebbe esserlo? Anzi a dare retta a madre natura il periodo più
fertile di una donna è intorno ai 18-25 anni. E’ perciò la stessa fisiologia
della donna ad indicarci come periodo più opportuno per essere madri la giovane
età. Oppure l’Armeni vuole contraddire ciò che è inscritto a lettere di fuoco
nel corpo delle donne?
Proseguiamo nell’azione di
carotaggio giornalistico: “Non è in nome della vita dell’embrione o ‘contro
l’aborto’ che si vuole essere madri, ma in nome della propria vita che si
ritiene essere più felice con la scelta della maternità”. Il periodo mette in
evidenza una visione utilitarista ed egoista dell’esistenza: l’unico indice da
tenere in considerazione nel decidere se continuare o meno la gravidanza è il
wellness della donna. E il figlio che è il vero attore della maternità?
Dimenticato.
Infine l’Armeni commenta i film
pro-life “Juno” e il recente “17 ragazze”: “Non c’è in loro [nelle protagoniste
dei film le quali decidono di non abortire n.d.a] alcuna ideologia pro-life.
L’aborto? Semplicemente […] preferiscono di no”. L’Armeni a chiare lettere ci
dice che è la scelta a fondare l’etica e non viceversa. Ciò a dire che
qualsiasi decisione di per se stessa è lecita a priori purchè sia libera. E’
esattamente quello che scriveva Thomas Hobbes (1588 –1679) nel Leviatano:
“Auctoritas non veritas facit legem”. E’ il potere decisorio del soggetto che
crea la legge morale non il fatto puro e semplice del riconoscimento che
nell’utero della donna c’è un essere umano. In questo senso la morale si fonda,
come scrive l’Armeni, sulle preferenze, sui gusti, sulle opportunità. Così ancora
una volta Thomas Hobbes: “Bene e male sono nomi che significano i nostri
appetiti e le nostre avversioni”.
L’intervento della Armeni sul
quotidiano di Giuliano Ferrara non manda, come recita il titolo, “Magnifici
segnali di vita”, ma è l’ennesimo spot al principio di autodeterminazione della
donna. Ma quando quest’ultima si scopre madre l’unico atto di
autodeterminazione che può compiere è amare quel figlio che già custodisce nel
suo grembo. Questo sì che arricchirà il wellness e la salute psico-fisica della
madre. Anche nel caso di una gravidanza indesiderata. Insomma, si sta dalla
parte delle donne se si sta dalla parte del bambino.
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