Famiglie tappabuchi di Giuseppe Frangi, giovedì 12 aprile 2012, http://www.ilsussidiario.net/
La notizia è di quelle che
potrebbero sembrare belle: da qualche mese i servizi di assistenza per i minori
e le comunità educative registrano un calo sorprendente di domande. Come se
improvvisamente i bambini italiani avessero risolto collettivamente i loro
piccoli (o meno piccoli) problemi. Purtroppo le cose non stanno così e la
situazione che si sta registrando in tante strutture è solo frutto di una sorta
di inganno ottico. In realtà non sono i problemi dei bambini ad essere
diminuiti, ma sono le risorse che i Comuni possono mettere sul piatto per
rispondere ad essere calate drasticamente.
I Comuni sostengono infatti il
70% della spesa sociale locale, e il ridimensionamento dei trasferimenti
statali avvenuto in questi ultimi tre anni inizia a fare sentire ora i suoi
effetti. In sintesi, ecco cosa sta avvenendo. Quando una famiglia registra un
problema riguardo alla crescita di un proprio bambino, in genere si rivolge ad
un assistente sociale, ed è quest’ultimo a indirizzare i genitori verso la
struttura adatta ad affrontare il caso; e nella stragrande maggioranza dei casi
sono strutture del privato sociale. Oggi invece gli assistenti sociali in molte
situazioni hanno l’input di procedere solo nei casi più gravi e di ridurre al
minimo tutti gli altri. Il fenomeno riguarda anche quei servizi diurni per
bambini e ragazzi disabili che erano un importante supporto alle famiglie: o le
strutture sono in grado di recuperare per altre strade le risorse che i Comuni
non sono più in grado di garantire, oppure quei servizi devono essere tagliati.
Un’inchiesta realizzata dal
settimanale Vita in edicola da domani rende bene la situazione. Per fare
qualche esempio: l’Associazione Fraternità, di cui fa parte la casa di
Montecremasco, ha visto un calo di richieste intorno al 50%; alla Casa di Paolo
e Piera ad Olgiate Comasco, una comunità per minori sorta un anno fa, i primi
cinque bambini stanno arrivando solo ora, per un servizio diurno ad un
corrispettivo di 26 euro al giorno!; in Emilia Romagna si sono arrangiati cancellando
il vincolo che imponeva un rapporto numerico tra educatori e minori; a Milano
un’esperienza innovativa come lo spazio gioco per bambini con disabilità
gestito dall’Associazione L’Abilità ha visto svanire i 65mila euro di
cofinanziamento che il Comune aveva garantito sino a dicembre. La strategia è
quella di lasciare i minori con difficoltà sulle spalle delle famiglie,
rinunciando di fatto ad ogni forma non solo di sostegno ma anche di
prevenzione. In questo modo i casi vengono poi intercettati quando sono molto
più compromessi e l’età dei ragazzi più avanzata. «I ragazzi vengono sempre più
“presi per i capelli”», ha raccontato un’operatrice, confermando come nelle
strutture l’età media degli adolescenti che arrivano sia salita da 12 a 15
anni.
La strada scelta per venire
incontro alle difficoltà di bilancio è la più semplice: scaricare ancora una
volta tutto il peso sulle famiglie. Quelle stesse famiglie che già sono, loro
malgrado, la vera colonna portante di un welfare sempre più in affanno. Veri
ammortizzatori sociali, chiamati ogni volta a tappare tutti i buchi senza mai
avere nessun vero sostegno o agevolazione. E che mostrano di aver ancora un
tesoro di energia umana, più forte delle ingiustizie continuamente subite.
Sono famiglie a cui fra qualche settimana
verrà chiesto di pagare l’anticipo della nuova Imu. Una tassa che a dispetto
del nome (Imposta municipale unica) verrà per il 60% incassata dallo Stato,
come ha spiegato Luca Antonini, e quindi non servirà certamente a riattivare,
almeno in parte, quei servizi che in questi mesi i Comuni si sono trovati a
dover progressivamente tagliare. Anche per il governo dei tecnici la famiglia è
ancora una volta solo un soggetto da drenare.
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