IL CASO/ Morresi: un uomo con 600 figli? Sono i "miracoli"
dell'ideologia in provetta, INT. Assuntina Morresi, mercoledì 11 aprile 2012, http://www.ilsussidiario.net
Un uomo ha avuto 600 figli. La
notizia, all’apparenza derubricabile nella sezione “notizie strane”, in realtà
ha una sua evoluzione controversa e pericolosa. L’uomo, infatti, era il
direttore di una clinica privata per la fertilità, a Londra. Invece che
avvalersi del liquido seminale di altri donatori, ha usato il proprio per
aiutare più di 600 donne a partorire. Nato in Austria, si chiamava Bertold
Wiesner e fu direttore della Barton Clinic fino a quando non morì, nel 1972. Fu
David Gollancz, avvocato londinese, ad accorgersi per primo della somiglianza
con il padre biologico e ad indagare, per cercare i propri fratelli. Nell’impresa
lo aiuta Barry Stevens, documentarista britannico, anch’egli figlio biologico
di Wiesner. IlSussidiario.net ha chiesto ad Assuntina Morresi, membro del
Comitato nazionale di bioetica, come valutare la vicenda. «Anzitutto – spiega
Morresi –, è bene sottolineare che, in questo caso, non siamo di fronte ad una
fecondazione in vitro. La prima bambina in provetta, infatti, nacque nel ’78,
mentre la vicenda risale a prima del ’72. Si tratta di una fecondazione
artificiale, quindi, che non coinvolge l’utilizzo di embrioni creati
esternamente». La precisazione è preliminare ad un’altra distinzione
fondamentale. «Quanto fece quell’uomo è, indubbiamente, deprecabile, un fatto
deontologicamente gravissimo. Ma rappresentava pur sempre, per l’epoca, un’anomalia.
Oggi, invece, situazioni analoghe possono anche essere pianificate. Con le
banche del seme, sovente i venditori di liquido seminale diventano padri di
numerosissimi figli. In maniera considerata, ormai, del tutto legittima».
Attenzione: è bene sottolineare
l’utilizzo della parola “venditori”. «Nessuno regala niente. E non si deve,
neppure, immaginare che il “donatore” limiti la sua azione al deposito di una
provetta una tantum. E’ sottoposto a dei contratti con le banche del seme che
prevedono un deposito periodico. Ad esempio, settimanale. Oltretutto, la fiala
viene valutata a seconda del numero di spermatozoi. Chi vende deve impegnarsi a
mantenere certi comportamenti, affinché il proprio seme sia utilizzabile». Una
questione di business. «Se non girassero dei soldi, queste operazioni non
sarebbero praticabili su larga scala». Tornando alle questione: «Si pianifica,
volutamente, il fatto che questi bambini, molto probabilmente, non conosceranno
mai il padre; dipende della legislazione vigente in ciascun Paese, e dalla
concessione o meno di risalire a chi ha messo a disposizione il gamete».
Le implicazioni etiche e
psicologiche infatti sono enormi. «I figli nati da eterologa vogliono sapere
non solo chi sia il proprio padre biologico, ma anche i propri eventuali
fratelli». Non tanto perché intendano cambiare famiglia. «Conoscere se stessi
non vuol dire semplicemente guardarsi allo specchio, ma conoscere anche la rete
di relazioni all’interno della quale si è nati». Per farci capire, Assuntina
Morresi rivela la propria personale esperienza.
«Io ho tre figli naturali e uno
in affido. Assieme agli assistenti sociali, agli psicologi e agli specialisti
abbiamo affrontato un lungo – e doveroso – percorso affinché il ragazzo
arrivasse a distinguere chiaramente tra la figura dei proprio genitori
biologici, e me e mio marito, che pure lo stiamo crescendo da dieci anni. Tale
percorso si è reso necessario perché ogni figura importante nella vita di
questo ragazzo sia associata alla relazione corretta». Il motivo è semplice:
«Chi ha vissuto relazione dure, difficili o complicate con i propri genitori,
difficilmente vivrà relazioni serene quando, a sua volta, avrà dei figli». In
conclusione: «mentre intorno all’affido e all’adozione si sono stabilite una
serie di cautele, nel caso che stiamo esaminando di punto in bianco si è detto
che si può pianificare la nascita di un figlio, sapendo benissimo che avrà dei
genitori sconosciuti».
(Paolo Nessi)
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