EllaOne, dubbi sulla compatibilità con le leggi italiane - Il
meccanismo di azione della pillola ellaOne solleva perplessità sulla tutela
della salute delle donne di Bruno Mozzanega, Clinica Ginecologica e Ostetrica,
Università di Padova; Presidente Scienza & Vita Venezia, http://www.zenit.org
ROMA, domenica, 15 aprile 2012
(ZENIT.org ).- L’iter di approvazione di ellaOne è stato accompagnato da dubbi
e perplessità in relazione al suo meccanismo d’azione e alla sua compatibilità
con le leggi italiane, leggi che tutelano esplicitamente sia la donna, sia il
concepito.
Per dirimere la questione,
l’AIFA, sollecitata ripetutamente dal Ministero, aveva chiesto al Consiglio
Superiore di Sanità un parere che escludesse con certezza che il farmaco
ellaOneagisca dopo il concepimento, un meccanismo d’azione non compatibile con
le nostre leggi.
Il CSS però aveva eluso la
domanda e aveva risposto: "l'aborto è la rimozione dell'embrione già
annidato in utero, che avviene dopo il sesto o settimo giorno da un rapporto
potenzialmente a rischio. La nuova pillola è utilizzabile prima che si
verifichi l'eventuale annidamento, e successivamente non ha effetto".
Rispondendo che il farmaco non
agisce dopo l’annidamento, il CSS pretendeva di escludere che ellaOne sia
abortivo e che il suo utilizzo contrasti con le procedure previste dalla Legge
194/78, la legge che regolamenta l’aborto e che peraltro non si occupa di
contraccezione, bensì di gravidanze già in atto e diagnosticate. Vedremo fra
poco che la legge che si occupa di procreazione responsabile è la Legge 405/75:
è rispetto ad essa che va verificata la compatibilità del farmaco. La
contraccezione, infatti, è strumento della procreazione responsabile ed
ellaOne® viene presentato come un contraccettivo.
Va tuttavia evidenziato, pur
nell’ambiguità della risposta del CSS, che la richiesta di un test che escluda
una gravidanza in atto come pre-condizione alla prescrizione del farmaco è in
netto contrasto con l’affermazione secondo la quale ellaOne non avrebbe effetto
dopo l’annidamento. Soltanto una piena consapevolezza del suo reale potenziale
abortigeno può, infatti, giustificare questa richiesta da parte del CSS.
Tuttavia, sulla base di questo
parere, del tutto reticente ma sul quale nessuno ha ritenuto di eccepire,
l’iter è proseguito fino alla recente approvazione.
A livello ministeriale, nel
precedente Governo, si sosteneva che il farmaco, approvato dall’EMA come
“contraccettivo” (seppure di emergenza), doveva inevitabilmente essere immesso
in commercio anche in Italia.
Va precisato però, a questo
proposito, che a livello internazionale il termine “contraccezione” non viene
utilizzato in modo univoco.
Il significato del termine
“contraccezione”
Negli Stati Uniti e nel mondo
anglosassone, ma anche in larga parte dei Paesi europei, si parla di
“contraccezione” includendovi metodi che agiscono anche dopo l’annidamento
dell’embrione in utero, e cioè con un meccanismo francamente abortivo. Basti
appena ricordare chegià nel 1990 laFederazione Internazionale dei Ginecologi e
degli Ostetrici (F.I.G.O.), la massima Autorità mondiale in campo Ginecologico,
includeva il vaccino anti-hCG fra i “contraccettivi” del futuro, intravedendone
ampie prospettive di diffusione (F.I.G.O. Manual of Human Reproduction).
Chiarisco che l’hCG è la sostanza prodotta specificamente dall’embrione al fine
di mantenere nell’utero le condizioni indispensabili al proprio sviluppo;
quella stessa che si dosa con il test di gravidanza e che è presente nel sangue
materno solo dopo l’annidamento. In questo caso il termine “contraccezione”
include metodi francamente abortivi, essendo chiaramente già iniziata la
gravidanza.
La nostra cultura, i nostri
principi e le nostre leggi, invece, restringono il concetto di contraccezione
alla prevenzione del concepimento.
Quando, infatti, si parla di
controllo della fertilità, di procreazione responsabile, e si fa uso del
termine “contraccezione” si fa riferimento a metodi che prevengono il
concepimento e non a metodi (o sostanze) che impediscono l’annidamento.
Le nostre Leggi
La prima legge che parla
espressamente di tutela del “prodotto del concepimento” è la Legge n. 405 del
29 luglio 1975 che istituisce i Consultori Familiari; essa promuove la
procreazione cosciente e responsabile, finalizzata, appunto, alla tutela della
salute della donna e del “prodotto del concepimento”, il concepito, la nostra
prima cellula che emerge dall’incontro di uovo e spermatozoo.
La Legge 405/75 nel suo primo
articolo definisce cosa si intenda per procreazione responsabile. Esso recita
testualmente:
“Il servizio di assistenza alla
famiglia e alla maternità ha come scopi:
l’assistenza psicologica e
sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile;
la somministrazione dei mezzi
necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal
singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle condizioni
etiche e dell’integrità fisica degli utenti;
la tutela della salute della
donna e del prodotto del concepimento;
la divulgazione delle informazioni
idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi ed i
farmaci adatti a ciascun caso.”
Si parla di scelte libere
supportate dall’informazione e concordanti con i propri principi, ma tali
scelte non possono confliggere mai con la tutela della salute della donna e del
prodotto del concepimento, tant’è che la Legge 194/78 prevede l’interruzione
volontaria della gravidanza solamente come eccezione a questo principio
fondamentale e, come vedremo, a condizioni precise.
L’ultima legge in ordine di tempo
è la Legge n. 40 del 24 febbraio 2004 che prevede le condizioni e le modalità
attraverso le quali la coppia infertile o sterile può ricorrere alla
procreazione medicalmente assistita. Nel farlo, la Legge esplicitamente
assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.
E va infine osservato che la
stessa Legge n. 194 del 22 maggio 1978, comunemente conosciuta come la legge
sull’interruzione volontaria della gravidanza, è intitolata prima ancora alla
tutela della maternità. Essa pone la tutela della vita umana dal suo inizio
come principio fondamentale.
La L.194/78 riconosce alla madre
che si trovi in grave conflitto la possibilità di scegliere fra la propria vita
o la propria salute e la vita del figlio. Ma questa facoltà (ed è l’unica
eccezione prevista in un contesto generale di diritto che tutela sia la madre
che il concepito) viene consentita a condizioni precise:
a gravidanza diagnosticata ed in
evoluzione (e la diagnosi è necessariamente successiva all’impianto);
attraverso una procedura
finalizzata ad evitare l’aborto, che aiuti la donna a superarne le cause.
E’ l’unica ipotesi ammessa, e la
legge, che è una legge speciale, prevede tutta una serie di compiti affidati ad
enti, istituzioni e alla società stessa affinché l’aborto possa limitarsi a
dolorose eccezioni e si sviluppi una cultura di rispetto della vita sin dal suo
inizio.
E dunque neppure la L.194/78
consente di eliminare il concepito prima che si annidi.
La recente Sentenza della Corte
Europea del 18 ottobre 2011, infine, ha riconosciuto nel concepimento l’inizio
della vita e nel concepito un soggetto meritevole di tutela.
Ne discende che in questo
contesto culturale e legislativo non può ritenersi compatibile l’utilizzo di
metodi che agissero dopo il concepimento, impedendo al concepito di annidarsi
nell’utero materno.
Il meccanismo d’azione di
ellaOne® (Ulipristal Acetato)
Si sostiene da parte dei
produttori, ma anche da parte di colleghi illustri, che Ulipristal
somministrato nel periodo fertile del ciclo, e quindi nei quattro - cinque
giorni che precedono l’ovulazione, abbia la capacità di posticipare
l’ovulazione stessa e quindi impedisca l’incontro di uovo e spermatozoo.
Va premesso che il concepimento
può avvenire soltanto se il rapporto sessuale si è verificato nei quattro -
cinque giorni fertili pre-ovulatori, durante i quali il muco cervicale consente
agli spermatozoi di risalire all’interno dei genitali femminili, e che il
concepimento di norma avviene entro 24 ore dalla liberazione dell’uovo.
Vi è un unico studio che valuta
l’efficacia di ellaOne® (30 mg per os) sull’ovulazione, quando viene
somministrato nel periodo fertile del ciclo (Brache V. Hum Reprod
2010;25:2256–2263). Il numero di donne studiate è esiguo: trentaquattro.
L’ovulazione risulta ritardata
soltanto nelle otto donne trattate all’inizio del periodo fertile.
Se il farmaco è assunto nel
giorno successivo l’ovulazione è ritardata soltanto in undici donne su
quattordici.
Nei due giorni ancora successivi,
invece, cioè nei due giorni che precedono l’ovulazione e che sono i più fertili
del ciclo mestruale, ellaOne® non è più in grado di interferire con
l’ovulazione, che si verifica regolarmente e senza alcun ritardo.
Va da sé che è per lo meno
inesatto quanto è riportato nel foglietto illustrativo del farmaco, e cioè che
ellaOne® assunta nel periodo fertile del ciclo, e quindi nei giorni
immediatamente precedenti l’ovulazione, agisca con meccanismo anti-ovulatorio.
L’endometrio, invece, risulterà
gravemente compromesso e risulterà del tutto inadeguato all’annidamento
dell’embrione.
Infatti l’assunzione di una sola
dose del farmaco altera profondamente la recettività del tessuto, sia che essa
preceda di sette giorni l’ovulazione (Stratton P. Hum Reprod
2000;15:1092–1099), sia che essa avvenga esattamente a metà ciclo nel giorno
stesso dell’ovulazione o in quello immediatamente successivo (Stratton P.
Fertil Steril 2010;93:2035-2041), sia che essa avvenga a metà della fase
luteale (Passaro D. Hum Reprod 2003;18:1820-1827), proprio nei giorni in cui
l’embrione dovrebbe impiantarsi.
L’effetto inibitorio sulla
maturazione dell’endometrio è diretto: è legato alla inibizione dei recettori
tessutali per il Progesterone (esattamente lo stesso meccanismo con cui agisce
la RU486) e si verifica anche con i dosaggi più bassi di Ulipristal (1 mg e 10
mg), dosaggi molto più bassi di quelli contenuti in ellaOne (30 mg).
In conclusione, le donne che
assumono il farmaco dopo un rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile
prevalentemente ovulano e possono concepire. L’endometrio, però è
irrimediabilmente compromesso, indipendentemente dal momento in cui il farmaco
venga assunto, e l’eventuale concepito non può annidarsi.
D’altra parte, la grande e
reclamizzata novità di ellaOne, presentata come “la pillola dei cinque giorni
dopo”, è proprio quella di essere totalmente efficace anche se presa cinque
giorni dopo il rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo mestruale.
Se immaginiamo un rapporto il
giorno prima dell’ovulazione, con il concepimento entro le successive 24 ore (e
quindi 48 ore dopo quel rapporto sessuale), come potrà invocarsi un’azione
anti-ovulatoria e anti-concezionale per un farmaco assunto fino a cinque giorni
da quel rapporto, e quindi tre giorni dopo il concepimento stesso? Si avrà
esclusivamente un’azione anti-annidamento.
Ma questo effetto non è
compatibile, come si è detto, con i principi fondamentali su cui si fondano le
nostre Leggi e la nostra stessa Costituzione.
Le Direttive Europee e l’EMA
La Direttiva Europea 2001/83 sui
medicinali per uso umano prevede all'articolo 3, che le procedure di
approvazione comunitarie dei farmaci previste dalla direttiva «non ostano
all'applicazione delle legislazioni nazionali che vietano o limitano la
vendita, la fornitura o l'uso di medicinali a fini contraccettivi o abortivi».
E’ la Direttiva sulla base della
quale l’AIFA, sollecitata dal Ministero, aveva chiesto al CSS di escludere con
certezza che ellaOne agisca dopo il concepimento”, proprio per verificarne la
compatibilità con le nostre leggi. Il risultato dell’interrogazione e il suo
esito ci sono noti.
Ma c’è un’altra Direttiva Europea
cui si sta contravvenendo: la 2005/29/Ce dell'11 maggio 2005, relativa alle
pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno. Essa
è stata recepita dal Decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 146, che ha portato
a modificare il Codice del Consumo (art. 21, primo comma, lett. a) e b)): ora esso
prevede espressamente che debba considerarsi ingannevole una pratica
commerciale non solo se contiene «informazioni false» ma pure se «in qualsiasi
modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il
consumatore medio», e ciò «anche se l'informazione è di fatto corretta».
L'inganno deve riguardare «l'esistenza o la natura del prodotto», ovvero «le
caratteristiche principali del prodotto», quali, tra l'altro, «la
composizione», «l'idoneità allo scopo» e i «risultati che si possono attendere
dal suo uso».
Come ricordavo, ellaOne è
presentato come anti-ovulatorio, benché questo contraddica i dati in
letteratura, e benché appaia ovvio che non possa impedire un concepimento già
avvenuto.
Penso alle persone che avranno a
disposizione il prodotto e lo useranno in buona fede, ritenendo di prevenire il
concepimento, indotte da una informazione non certamente corretta e convinte di
utilizzare un metodo anti-concezionale, mentre il meccanismo è prevalentemente
anti-annidamento o abortivo.
Conclusione
I dati in letteratura medica
escludono che ellaOne agisca prevalentemente inibendo l’ovulazione. In
particolare, man mano che si avvicina il momento dell’ovulazione, la capacità
del farmaco di ritardarla (che sembra totale nel primo dei giorni fertili)
viene a ridursi ed è nulla nei due giorni immediatamente pre-ovulatori, i
giorni più fertili di tutto il ciclo mestruale.
L’endometrio, il terreno fertile
in cui l’embrione deve annidarsi, è invece costantemente reso inospitale dal
farmaco.
In conseguenza di ciò, nei giorni
più fertili del ciclo, gli spermatozoi liberati in vagina sono in grado di
risalire le vie genitali femminili e di fecondare l’uovo regolarmente
rilasciato dall’ovaio.
L’assunzione di ellaOne renderà
l’endometrio inospitale e il concepito non potrà annidarsi.
Siamo in presenza di un
meccanismo post-concezionale anti-annidamento che non è compatibile con le
nostre leggi; le Direttive Europee ci consentono di non renderlo disponibile.
Le considerazioni che ho esposto
sono riportate in un mio articolo pubblicato sull’Italian Journal of Gynecology
& Obstetrics, Rivista ufficiale della Società Italiana di Ginecologia e
Ostetricia; un articolo scritto insieme a un collega non obiettore, responsabile
del servizio di interruzione di gravidanza della Clinica Ginecologica di
Padova.
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