Un sondaggio omosex dall'esito prestabilito di Giovanna Arcuri, 18-04-2012,
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370mila euro. Questa è la somma
che ha speso l’Agenzia dei diritti fondamentali dell'Unione europea per
sovvenzionare un’indagine on line dal titolo “Discriminazione contro le persone
LGBT in Europa”, i cui risultati verranno resi noti nel primo semestre del
2013. A beneficio di chi non si intende molto di lobby gay traduciamo l’oscuro
acronimo LGBT: lesbiche (il bon ton vuole che anche tra omosessuali vengano
citate prima le donne: l’etichetta è ancora etero), gay, bisessuali e
transessuali.
Il sondaggio è stato
commissionato all’istituto Gallup in collaborazione con il controverso gruppo
di pressione LGBT ILGA-Europe. Quest’ultimo non è certo un’organizzazione super
partes dato che la sigla ILGA sta per
International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association.
Meglio sarebbe stato chiedere ad un ente indipendente di condurre una ricerca
simile e non ad un’associazione dichiaratamente di ispirazione omosessuale.
Inoltre l’ILGA pretende essere
un’associazione autonoma non legata a nessun governo e priva di pressioni
esterne. Invece le cose non stanno così: riceve circa il 70% del suo
finanziamento da parte della Commissione europea e finanziamenti supplementari
da parte del governo olandese, dal finanziere George Soros e dalla Fondazione
Sigrid Rausing per i diritti umani.
Ma veniamo al sondaggio di
opinione, costato appunto ben 370mila euro pur essendo on line (niente spese
per comprare carta e per la stampa) e pur non necessitando di intervistatori da
pagare. Da qui il sospetto che il sondaggio sia un paravento per foraggiare con
soldi di noi europei l’ILGA.
Dato che il questionario verte
sul problema della discriminazione dei diversamente etero, l’istituto Gallup e
l’ILGA hanno pensato bene scremare il possibile bacino di utenza del sondaggio:
alle domande possono rispondere solo i LGBT. Gli etero dopo poche domande
vengono cortesemente messi alla porta (la scrivente ha dovuto fingersi lesbica
per poter andare a leggere tutte le domande).
Il questionario è costruito in
modo tale che il risultato delle risposte sarà quasi scontato: in Europa i LGBT
sono gravemente discriminati. Ecco perché arriviamo a tale conclusione.
In primo luogo le domande sono
ben 50: ci vuole circa mezz’ora per compilarlo tutto. C’è da sospettare che
solo quei LGBT che pensano di essere vittime di discriminazione siano così
motivati da arrivare sino in fondo. E dunque molto probabilmente risulterà che
il 99% di chi ha risposto al questionario denunci di essere vittima di
discriminazione.
Altro elemento che depone contro
la scientificità e quindi l’affidabilità di questo sondaggio: si può rispondere
al questionario più di una volta. Ciò dimostra che lo stesso ha scarsa
attendibilità scientifica dato che un piccolo gruppo di attivisti omosessuali
potrebbe rispondere più volte al questionario gonfiando le percentuali finali.
Veniamo alle domande. Dopo la
prima domanda sull’età si prosegue con: “Quale sesso Le è stato attribuito alla
nascita?”. Il sesso quindi, per gli estensori del sondaggio, è un’attribuzione
burocratica e arbitraria dello Stato che impone a forza un suo standard
genetico, magari rifacendosi ad un supposto dato di natura. Il sesso invece è
un orientamento che uno sceglie per sé dopo la nascita, così ci vogliono far
credere i membri dell’ILGA. Il sesso dunque non si riconosce, né si
attribuisce, ma lo si inventa.
Come accennato, l’eterosessuale
ha la possibilità, prima di venire ostracizzato a forza dal sondaggio, di
rispondere a qualche domanda. Però la cosa curiosa sta nel fatto che anche se
uno si dichiara maschio etero deve rispondere a domande che riguardano le
donne, e viceversa. Esempio: “Ha mai subito reazioni negative dovute al Suo
comportarsi o essersi comportato in modo troppo femminile?”. Ma se uno è
felicemente maschio eterosessuale come fa a comportarsi “in modo troppo
femminile”? Forse la risposta sta nella seguente domanda retorica: vuoi vedere
che in ognuno di noi convivono necessariamente sia il lato maschile che quello
femminile?
Al di là di tutto questo però il
dato più preoccupante è l’insistenza asfissiante con cui moltissime domande, la
stragrande maggioranza, insistono sino alla noia nel verificare se
l’intervistato non abbia mai avuto la percezione di essere stato sottoposto ad
atti discriminatori. Esempio tra i numerosi: “Negli ultimi 12 mesi, nel paese
in cui Lei vive, si è sentito/a personalmente discriminato/a o molestato/a in
quanto percepito/a come lgbt?”. Le risposte da scegliere vanno da “mai” a
“spesso”. Poi vi sono infinte variazioni sul tema assai ripetitive: “Si è mai sentito
discriminato in una banca, in un bar, in una palestra, dal medico etc.” e per
ogni luogo occorre dare una risposta altrimenti non si può passare alle altre
domande. E’ quanto mai evidente che l’intento è quello di portare
l’intervistato ad ammettere che almeno qualche volta si è sentito discriminato.
Più che un sondaggio sembra un interrogatorio di polizia in cui anche
l’innocente, sfinito di fronte all’insistenza del poliziotto, si inventa
qualche colpa pur di far finire simile tortura. Come appunta l’European Dignity
Watch (EDW) “si tratta di domande suggestive, che sono suscettibili di
indirizzare l'intervistato a dare risposte che non avrebbe dato
spontaneamente”.
Ovviamente non poteva mancare la
domanda sulla religione: l’intervistato desidera “Maggiore tolleranza delle
diverse identità di genere da parte dei leader religiosi”? Optando per la
maggiore tolleranza – quale LGBT non potrebbe desiderarlo? - si arriverà alla
conclusione indebita che la religione discrimina i LGBT.
Il rischio è poi che il percepito
degli intervistati, raccolto tramite questo sondaggio, nelle mani dell’Agenzia
dei diritti fondamentali diventi un inoppugnabile fatto acclarato e non
opinioni personali quali in realtà sono. Insomma il trucchetto è palese: dal
“credo di essere stato discriminato” al “ho subito davvero un atto
oggettivamente discriminatorio” il passo è breve.
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