J'ACCUSE/ Perchè l'Europa vieta l'incesto e non la fecondazione
eterologa?, INT. Claudia Navarini, martedì 17 aprile 2012, http://www.ilsussidiario.net
Un cittadino tedesco ha
presentato ricorso di fronte alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per
chiedere che fosse tutelato il suo diritto a rompere il tabù dell’incesto.
Patrick Stubing ha vissuto in orfanatrofio dall’età di tre anni, e nel 2000 ha
incontrato la sorella naturale Susan Karolewski che non aveva mai conosciuto
prima. I due hanno messo al mondo quattro figli, due dei quali con tare
fisiche, quindi il tribunale tedesco ha ordinato l’incarcerazione di Stubing.
Di fronte al suo ricorso, la Corte Europea ha ribadito che il divieto
all’incesto nasce da convinzioni profondamente radicate nella società, nella
quale “ora come prima rimane forte la convinzione che si tratti di un reato da
punire”. Ilsussidiario.net ha intervistato Claudia Navarini, professoressa di
Filosofia morale all’Università Europea di Roma.
Professoressa Navarini, come
valuta il divieto all’incesto ribadito dalla Corte Europea?
Lo ritengo un atteggiamento
corretto, in quanto da sempre la società ha condannato il matrimonio tra
consanguinei, per una serie di ragioni più che intuibili. In primo luogo per i
possibili abusi che si potrebbero derivarne, oltre che per tutti i danni che ne
possono conseguire nella prole. Il sistema giuridico è interessato soprattutto
alla tutela dei figli, e la procreazione tra consanguinei è da scoraggiare
perché comporta una elevata probabilità di tare genetiche e di un indebolimento
oggettivo anche delle generazioni successive.
Il motivo per cui il matrimonio
tra consanguinei deve essere vietato è quindi soltanto per il rischio di
malformazioni nei figli?
Il problema dei figli è
fondamentale, ma quando si parla di naturalità dei rapporti si intercetta una
serie di elementi, tra cui l’eterosessualità, in quanto per natura sono uomo e
donna a essere adatti a formare un’unione completa. Nel concetto di naturalità
c’è anche una distanza familiare ed educativa che esula dalla consanguineità.
Ricordo del resto che la fecondazione artificiale eterologa, consentita dalla
legislazione di numerosi Paesi, comporta il rischio che con l’anonimato dei
donatori nascano dei figli da consanguinei che non sanno di esserlo. Si
potrebbero verificare quindi situazioni come quella sanzionata dal tribunale
tedesco, magari in misura anche maggiore, legata alla totale inconsapevolezza
della consanguineità.
Ritiene che invece il matrimonio
tra coppie omosessuali vada consentito?
Le situazioni sono oggettivamente
diverse, perché le motivazioni per cui un matrimonio tra consanguinei deve
essere condannato sono evidenti. D’altra parte nel consentire il matrimonio tra
omosessuali si insinua un deficit di prospettiva che affligge la cultura
europea, e che consiste nel valutare solo i danni fisici tralasciando quelli
morali. E’ vero che un matrimonio tra persone con grado di parentela produce
danni fisici alla prole, ma le nozze tra persone dello stesso sesso provocano
danni non inferiori da un punto di vista morale e sociale. Compito dello Stato
non è stabilire quanto sia autentico l’amore tra due persone, ma quanto
un’unione sia nell’interesse della comunità. In questo caso occorre distinguere
tra le tutele soggettive e individuali nei confronti di tutte le persone,
incluse quelle che volessero cercare modalità di unione omosessuale, e la loro
equiparazione a un’unione coniugale. La seconda scelta è impropria dal punto di
vista giuridico, anche in quanto non esiste un interesse dello Stato affinché
queste unioni avvengano dal momento che non possono procreare, e laddove
procreassero con modalità alternative come la fecondazione eterologa, comunque
si andrebbe incontro anche a un danno educativo sul quale la comunità
scientifica e psicopedagogica si sta molto confrontando.
Lei ha parlato di “naturalità dei
rapporti”. E’ un concetto con valore giuridico, o soltanto etico o filosofico?
L’idea di natura oggi è una delle
più impopolari, ma la legge morale naturale continua a rappresentare la base
del diritto. Esistono elementi inalienabili che il diritto è tenuto a tutelare
in qualunque contesto possibile. Il diritto alla vita, alla salute, alla
libertà caratterizzano infatti l’uomo in quanto uomo, e non le sue condizioni
specifiche in relazione alle scelte, all’età o ad altri fattori. Sono quindi
dei diritti naturali, in quanto appartengono agli uomini in quanto dotati di
anima razionale, che configurano una serie di esigenze diverse cui
corrispondono dei diritti legati a particolari condizioni, come quello al voto
o al matrimonio. Osservo infine che nell’attuale forma giuridica delle
risoluzioni europee c’è la tendenza a non considerare più la cellula basilare
della società come l’uomo in relazione, ma l’individuo in quanto soggetto
irrelato.
(Pietro Vernizzi)
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