giovedì 19 aprile 2012


Cancro, terapie in tempo di tagli Il contenimento della spesa nell’oncologia al centro del dibattito fra i medici italiani Dagli Usa un report che indica alcune pratiche di risparmio Ma c’è chi critica le proposte: non basta il fattore economico di Francesca Lozito,  Avvenire, 19 aprile 2012

Cinque raccomandazioni: sugli esami di diagnostica da non eseguire, se ritenuti inutili, sul non accanirsi sui pazienti con terapie che non portino effettivi benefici, sulla parsimonia negli esami da laboratorio – i cosiddetti «marcatori tumorali» – che nel seguire il percorso di guarigione da alcuni particolari tipi di tumore possono non essere così fondamentali. Tempi di ristrettezze economiche anche in sanità o buonsenso? La domanda non è di così facile risposta, ma sta di fatto che a diffondere anche in Italia uno studio pubblicato dalla rivista americana Asco, «American society of clinical oncology» che indica alcune pratiche di contenimento di diagnostica ed esami è stato nei giorni scorsi il Cipomo, il collegio italiano dei primari oncologi italiano il cui presidente è Roberto Labianca, primario agli Ospedali riuniti di Bergamo. «La situazione statunitense è molto diversa da quella italiana – ammette – ma ci è sembrato che le considerazioni dei colleghi statunitensi potessero essere assunte in modo critico anche in Italia».  A insinuare il dubbio è però il primario dell’hospice dlel’ospedale Pierantoni di Forlì, Marco Maltoni. «La task force dell’Asco che ha prodotto le raccomandazioni – fa notare – non si chiama "task force appropriatezza", ma "task force costi delle cure oncologiche", e il primo movente per lo studio non è stata l’appropriatezza degli interventi, ma il progressivo e quasi incontrollabile aumento dei costi per le cure contro il cancro. Negli Usa, peraltro, si sta assistendo ad un grande sviluppo delle cure palliative, ma il sospetto è che questo sviluppo, purtroppo, sia guidato anche dal fatto che esse vengono viste come possibile risparmio di tecnologie costose. Sappiamo bene, però, che in tutto il mondo non sono nate per questo ma per un’effettiva attenzione nei confronti della persona».
Costi, dunque, che lievitano, soluzioni che si devono trovare visto che è di pochi giorni fa il report della Banca mondiale che evidenzia come i conti pubblici esploderanno se la vita media di ogni persona continuerà a crescere. Ma Labianca ne fa anche una questione di non accanimento. «Non sono per niente pochi i pazienti che nelle ultime settimane di vita ricevono una chemioterapia come cura, perché a volte è molto difficile fare una previsione su quelle che sono effettivamente le ultime settimane. Per questo oncologi e palliativisti stanno portando avanti la concretizzazione delle cure simultanee per il malato oncologico». E così le cure palliative non rimangono più le cure degli ultimi giorni. Uno degli elementi di prospettiva rispetto a come cambierà l’oncologia in Italia negli anni a venire e su cui nelle prossime settimane proprio il Cipomo proporrà un documento di visione fino al 2020. I tagli, prevedibili anche con il Patto per la salute, la cui approvazione è stata rimandata a ottobre, però non possono orientare le scelte all’interno di una relazione di cura. «Prima di negare (o meglio, sconsigliare) un intervento a un singolo paziente – puntualizza ancora Maltoni – bisogna che vi siano ben chiare le evidenze della inefficacia di quell’intervento. Tutto questo processo decisionale, infine, non può che essere svolto all’interno della relazione di cura. Mi pare che il problema economico, pur rilevante, non possa essere il primo motore di una valutazione della appropriatezza degli interventi sanitari, ma che, al contrario, dentro una valutazione seria dell’appropriatezza possano rientrare tutti gli aspetti che concernono gli interventi sanitari».
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