giovedì 12 aprile 2012


Il Fmi: nel 2050 troppi anziani - Metà del Pil andrà ai pensionati - In Europa si vive fino a 80 anni, nel Dopoguerra l’aspettativa era 50 di Paolo MASTROLILLI, inviato a new york, 12/04/2012, http://www3.lastampa.it

Il Fondo Monetario Internazionale lancia l’allarme longevità: l’allungamento della vita media rischia di far saltare tutte le previsioni per le spese della previdenza e l’assistenza sociale. Nei paesi più ricchi l’aumento del costo dell’invecchiamento potrebbe arrivare fino al 50% del prodotto interno lordo ai valori del 2010, se da qui al 2050 i loro abitanti vivranno solo tre anni in più di quanto viene s t i m at o o gg i . Un’eventualità assai probabile, che aprirebbe una voragine tanto nei conti pubblici, quanto in quelli dei fondi pensione privati. Dunque per prevenire questa catastrofe è necessario intervenire subito, puntando inevitabilmente ad un progressivo innalzamento dell’età in cui si smette di lavorare.

Largo agli ottantenni L’allarme del Fondo è contenuto nel Quarto capitolo del Global Financial Stability Report, appena pubblicato, alla vigilia degli Spring Meetings che si terranno a Washington dal 20 al 22 aprile. La longevità degli esseri umani sta aumentando: basti pensare che nel 1950 l’aspettativa media della vita nel mondo era di 48 anni, mentre nel 2010 è salita a 70. Meglio ancora va in Europa e nei paesi più sviluppati, dove è passata dai 40 anni del 1750 agli 80 di oggi. Questa è un’ottima notizia per l’umanità e le persone che vivono più a lungo, ma è una seria minaccia per le istituzioni pubbliche e private che devono sostenere i costi dell’invecchiamento. Se l’età media si alzerà di tre anni da qui al 2050, le spese cresceranno del 50%. Questo significherà un incremento dei costi che nelle economie avanzate arriverà al 50% del pil, e in quelle emergenti al 25%.

Il dramma dei costi Il problema riguarderà tanto la previdenza pubblica, quanto quella privata, perché all’innalzamento dell’età media corrisponderà una diminuzione degli anni di contributi, rispetto agli anni in cui si riceveranno le prestazioni.

Tanto per fare un esempio, il Fondo prevede che in queste condizioni i piani pensionistici privati degli Stati Uniti si ritroverebbero con un 9% in più di liabilities.

La stima basata sull’innalzamento della vita media di tre anni non è casuale: questo, infatti, è il margine d’errore commesso da tutte le previsioni di longevità fatte negli ultimi due decenni. E’ assai facile che lo sbaglio si ripeta nel prossimo futuro, anche perché la medicina per fortuna continua a progredire. L’Aids, ad esempio, non è più una condanna a morte, ed è molto probabile che da qui al 2050 arrivino altre scoperte scientifiche in grado di allungare ancora di più la vita. Il momento di agire, dunque, è ora, anche perché qualunque intervento richiederà anni prima di dare i primi frutti tangibili.

La ricetta del Fondo L’Fmi suggerisce un approccio basato su tre punti. Come prima cosa, i governi devono riconoscere la gravità del problema e prepararsi ad affrontarlo. Sembra ovvio, ma pochi lo stanno facendo. Come seconda, bisogna procedere ad una distribuzione più equilibrata dei rischi tra gli individui, gli sponsor dei sistemi pensionistici, e i governi stessi. In altre parole, «una riforma essenziale dovrebbe consentire l’innalzamento dell’età pensionabile in parallelo all’aspettativa di vita». Elementare: più a lungo si vive, più a lungo si deve lavorare.

Non c’è tempo Così aumentano le risorse raccolte attraverso i contributi, e diminuiscono quelle distribuite con le prestazioni. Ritardare gli interventi significa solo rimandarli al momento in cui esploderà l’emergenza, e quindi generare tensioni peggiori di quelle che si avrebbero varando riforme progressive, perché l’impatto dei cambiamenti non sarà diluito nel tempo e colpirà in maniera drastica.

L’innalzamento dell’età pensionabile può essere imposto dai governi, o incoraggiato su base volontaria, incentivando i lavoratori a ritardare l’uscita. Di sicuro c’è che se non verrà realizzato, diventerà necessario ridurre le prestazioni, perchè la coperta è quella e le risorse diminuiranno. La terza cosa che suggerisce il Fondo è il trasferimento dei rischi dai piani previdenziali ai mercati di capitali, che hanno strumenti più idonei per gestirli. Tre vie da percorre ora, per evitare una catastrofe annunciata.

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